Parco eolico o parc(heggi)o eolico??

editoriale del 19.05.2021 a cura di Nicola Digennaro*

L’Editoriale di questa settimana prende spunto dal seguitissimo Focus promosso dall’Alleanza Sociale
per Sovranità Alimentare, che si è svolto venerdì scorso, intitolato “QUANTO E’ SELVAGGIO
L’EOLICO??”, con vari ospiti sia istituzionali che di associazioni ambientaliste, che di produttori e
contadini.
Quello che è emerso in maniera dirompente è molto semplice ma allo stesso tempo indicativo. Nessuno
vuole gli impianti eolici se non chi ci guadagna tramite incentivi pubblici.
Incentivi pubblici che hanno gonfiato grandemente l’uso dell’eolico facendolo diventare presto un
business lucroso per i più pronti ad approfittarne.
Quindi anche in questo caso si è collettivizza la “perdita” e si è privatizzato il profitto.
“Perdita” che non riguarda solo soldi pubblici, ma anche “perdita” del BENE COMUNE che è il nostro
PAESAGGIO, tutelato dalla nostra COSTITUZIONE (art. 9), oltre che da Convenzioni internazionali
come la Convenzione Europea del Paesaggio, detta anche di Firenze, dal nome della città dove fu
sottoscritta.
“Perdita” che si riverbera sui diritti dei PASTORI a poter portare i propri greggi o mandrie ovunque lo
ritengano necessario ed utile. Su questo aspetto dobbiamo anche ricordarci della straordinaria storia e
tradizione della TRANSUMANZA e dei TRATTURI AD ESSA COLLEGATA, conservata da circa 2000
anni, che si intreccia con altre storie che fanno dell’Italia uno scrigno da preservare.
Sul legame tra TRANSUMANZA e STORIA, basti pensare, solo per citare un esempio a me più noto e
vicino, al TRATTURO PESCASSEROLI – CANDELA, che parte dall’Abruzzo, passando per Altilia
Sepino, in Molise, antica città romana, definita una “piccola Pompei” dal grande studioso Salvatore
Settis, per arrivare in Capitanata, o meglio Monti Dauni, alle porte dell’Irpinia, sulla valle
dell’importantissimo fiume Ofanto (cantato da Orazio) e a solo dieci chilometri dalla Campania e a venti
dalla Basilicata.
Tutti luoghi martoriati dagli impianti eolici.
Da questa importante tradizione pastorizia, ovvero la TRANSUMANZA, che affonda le sue radici sin
dalla preistoria e si sviluppa in Italia anche tramite le vie erbose dei “tratturi” che testimoniano, oggi
come ieri, un RAPPORTO ARMONIOSO TRA UOMO E NATURA e un USO ECOSOSTENIBILE
DELLE RISORSE NATURALI. Ma non solo da questa tradizione nasce tutta una cultura culinaria come
ad esempio il pancotto, una prelibatezza che nasce dalla necessità di non sprecare, quindi il tema del
recupero, il pane raffermo condito con le verdure selvatiche oppure “ammisch”, ovvero mescolato, con i
legumi. In alcune ricette, c’è la caratteristica del pane azzimo cotto nel siero di latte, ossia quello portato
dai pastori. Ed è per questi motivi, e non solo, che è stata riconosciuta PATRIMONIO IMMATERIALE
DELL’UMANITA’ da parte dell’UNSESCO.
Ecco perché E’ IMPORTATE TUTELARE IL PAESAGGIO PERCHE’ IN SE CONTIENE STORIA E
TRADIZIONI.
Ritornando più propriamente all’eolico, pensiamo anche all’impatto acustico che questi impianti
producono, dal momento che, generano un rumore costante e continuo che non facilita nessun tipo di
attività nelle vicinanze di essi.
Inoltre, questi impianti eolici sono altamente pericolosi anche per l’avifauna, infatti, moltissime volte i
volatili di ogni specie si scontrano con le pale in movimento rimanendo gravemente feriti, o addirittura,
trovando la morte.
Moltitudine di impianti eolici sono sui crinali di bellissimi paesaggi oppure sorgono su distese di
splendide campagne o colline, dove si respira aria di fecondità, quindi, su tutta la linea Appenninica, dalla
Romagna fino alla dorsale sannita, per passare dalla Lucania fino alla Calabria, senza dimenticare la piana
di Capitanata, la Sardegna e la Sicilia. Solo per citare i luoghi più interessati dal fenomeno eolico.
Aria, appunto o meglio, vento che vuole esser utilizzato per produrre energia pulita e rinnovabile, dal
momento che il vento non puoi fermarlo, ne catturarlo e ne consumarlo.
Ma proprio tramite questi elementi si suol chiamare la moltitudine di impianti eolici con l’appellativo
PARCO, per edulcorare quello che in realtà è meglio definire PARC(HEGGI)O.
Ebbene si, perché per costruire questi impianti, che possono arrivare anche ad un’ altezza di 260 metri (la
pala della turbina più recente e più grande è maggiore dell’ala di un Boeing 747), servono materie prime,
quali acciaio, rame, fibra di vetro, plastica, cemento e altri materiali.
A questo approvvigionamento bisogna sommare il trasporto, la fabbricazione, l’installazione, la
manutenzione durante i due decenni di vita utile prevista e, infine, il riciclaggio e lo smaltimento.
Quindi, è EVIDENTE che si vanno a PARCHEGGIARE MATERIE PRIME, ovviamente assemblate, che
MASSIMO DURERANNO VENTI ANNI se va tutto bene. COSA CHE NON AVVIENE MAI.
Perché, in realtà, questi impianti sono particolarmente “fragili” rispetto alle intemperie o ai repentini
cambiamenti climatici. Le cronache dei giornali sono pieni di notizie di turbine che prendono fuoco
oppure esplodono, oppure che si frantumano e cedono al suolo, sia in aperta campagna e sia presso
raccordi e/o vie stradali e/o autostradali.
O addirittura, di pale eoliche che si staccano dal rotore per poi finire sui cavi elettrici della linea,
causando il distacco della corrente elettrica e l’intervento di ripristino del tutto, in sicurezza.
Ma anche se volessimo metter in conto che durino vent’anni, magari finiti gli incentivi economici, e
quindi smantellato il tutto (con quali criteri??), COSA RIMAREBBE?? IL RIPRISTINO DEI LUOGHI
COME AVVEREBBE?? CON QUALI CRITERI?? SI PUO’, FORSE, RICOSTRUIRE UN
PAESAGGIO??
UN PAESAGGIO SENZA POPOLAZIONE?? UN PAESAGGIO SVUOTATO DI TRADIZIONE?? UN
PAESAGGIO SENZA PIU’ STORIA E NATURA??
Quindi, ritornando al concetto di BENE COMUNE, come abbiamo visto questo non deve essere inteso
come concetto astratto o che magari non ci tange direttamente perché esso, invece, è NOSTRO, poiché IL
BENE COMUNE ORIGINARIAMENTE APPARTIENE AL POPOLO, unico titolare della
SOVRANITA’ e quindi del TERRITORIO.
Concludendo, soluzioni facili non ci sono, forse una delle migliori soluzioni potrebbe essere le piastrelle
fotovoltaiche che si stanno sperimentando a Barcellona, ma sicuramente non possiamo permetterci di
distruggere e deturpare e danneggiare noi stessi LA NOSTRA STORIA che, come visto, è racchiusa nel
PAESAGGIO.
Come ebbe a dire il grande intellettuale Giorgio Bassani, cofondatore di ITALIA NOSTRA e Presidente
di questa dal 1965 al 1980, storica associazione nazionale di tutela ambientale e culturale, «La natura e la
storia, in Italia, sono così tanto apparentate fra di loro che sarebbe impossibile separarle. Il territorio
nella sua configurazione naturale è praticamente inesistente; nel tempo, in tutto il paese, la natura è stata
rimodellata o quanto meno segnata dal lavoro dell’uomo.».


*Avvocato Diritti Umani e per la Natura, Alleanza per la Sovranità Alimentare