Cooperativa agricola El Tamiso: il biologico come una pratica concreta.

Impegno sociale, lavoro della terra, sovranità alimentare, rete solidali, biologico: queste le parole d’ordine su cui Franco Zecchinato e i suoi collaboratori, hanno impostato l’attività di lungo corso della Cooperativa agricola El Tamiso, un’azienda pioniera per quanto riguarda la produzione e distribuzione del biologico sul territorio padovano, connotata, tra l’altro, da una forte coscienza politica. Biologico promosso dalla grande distribuzione? Una finzione. Isolamento dal mercato? Una follia. Zecchinato, ai microfoni di Radio Iafue, ha raccontato come si può fare biologico concretamente, capace di resistere e di offrire un’alternativa anche in un contesto difficile come quello odierno, dominato dalla pandemia.

El Tamiso nasce ufficialmente nel 1984, in un’epoca in cui l’ombra di Chernobyl si era appena allargata sulle coscienze dei cittadini europei e i temi della qualità ambientale e dei modelli di sviluppo alternativi, erano sulla bocca di tutti. Il nucleo originario della cooperativa era formato da attivisti e militanti politici, protagonisti del grande fermento degli anni Settanta (un’epoca in cui, come ci racconta lo stesso Zecchinato «ancora si poteva credere di cambiare la società»). El Tamiso, come cooperativa specializzata nella distribuzione biologica formata da produttori, tecnici agricoli, agricoltori, tutti uniti dal forte interesse per l’agricoltura biologica, è riuscita a stabilizzarsi come un importante punto di riferimento nel territorio padovano, offrendo sempre alti standard qualitativi e a “chiudere il cerchio” in maniera sinergica nel rapporto tra produttore e consumatore.

Ed è con questo obiettivo che l’allora Coordinamento Veneto AAM Terra Nuova ha iniziato il percorso che poi porterà i suoi soci ha costituire la cooperativa: creare esperienze di vita in cerca di modelli alternativi di relazioni sociali e di rapporti con la terra, basati fortemente su un’idea mutualistica e sostenibile dell’agricoltura.

«Dopo scambi, relazioni, costruzione di coordinamenti tra produttori, distributori e consumatori di prodotti biologici, abbiamo voluto meditare profondamente su cosa significasse per noi fare agricoltura biologica, riuscendo infine a realizzare quei modelli che oggi hanno preso il nome di Programmi di Certificazione Partecipata, riguardanti specificatamente prodotti che vanno oltre la certificazione di legge. All’epoca erano il nostro pane quotidiano, non essendoci ancora una legge sul biologico».

Finalmente nel 1999 El Tamiso diventa concessionaria di un proprio punto vendita presso uno dei mercati più dinamici, vivaci e prestigiosi d’Italia, quello di Padova, firmando l’importante primato di essere l’unico stand a proporre produzioni di agricoltura biologica: «Da allora abbiamo potuto partecipare alla caratterizzazione di questo luogo legato allo scambio del cibo, ai servizi per il cibo e alla logistica, riuscendo a legittimarci sempre di più e a dare valore aggiunto al mercato, che troppo spesso viene inteso come un luogo di speculazione: a noi piace immaginarlo come un luogo virtuoso di relazioni».

Ma pur riconoscendo il valore di una legge che stabilizzi finalmente il biologico, per Zecchinato rimane fondamentale la necessità di tessere una rete di relazioni che rafforzi i produttori delle filiere corte, soprattutto a fronte di un «grave naufragio delle associazioni biologiche, e una degenerazione degli organismi di controllo, che sono diventati puramente tecnici e hanno perso ogni elemento etico; ho assistito all’arrembaggio della grande distribuzione nei confronti di questo mercato che è cresciuto partendo da esperienze sincere e alternative come le nostre».

In questo quadro – ci tiene a sottolineare Zecchinato – non si può non tenere in considerazione la crisi pandemica provocata dal Coronavirus, che sembra abbia provocato delle reazioni in controtendenza, a fronte di un aumento considerevole dell’offerta di prodotti biologici provenienti da agricoltori e negozi specializzati: «il cittadino che ha scoperto il biologico, con il lockdown e le limitazione imposte dai DPCM, sembra aver rivalutato le produzioni locali e il mercato specializzato, tornando a domandarsi cosa finiva sul suo piatto».

Basta analizzare i trend di ricerca su Google, per esempio, per rendersi conto come la domanda di cibo sano e controllato si sia sempre posizionata in punti molto alti dei grafici, soprattutto durante il primo lockdown. A fronte di questa crescita di interesse, sta l’intelligenza e la capacità organizzativa delle aziende e delle cooperative di riuscire a proporre alternative sempre più evidenti alla grande distribuzione. L’interesse del consumatore nei confronti del cibo biologico, d’altronde, va di pari passo alla necessità delle aziende bio di permettere un approfondimento trasparente del tipo di cibo che propongono. Per Zecchinato la strada sta nella collettività e nelle reti solidali:

«Secondo me questo è un momento molto propizio per tornare a parlare della rivalutazione dell’agricoltura, dell’impatto dell’agricoltura sulla qualità della vita, dell’agricoltura biologica intesa non come un’icona, ma come una pratica concreta che si può sostenere sentendosi parte di un percorso di emancipazione sociale e ambientale. Questi due aspetti funzionano (e devono funzionare) sempre in sinergia».

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