Dopo il latte versato

il Focus settimanale del 16 novembre 2020

LA SCHEDA

I pastori, fra crisi e progetto

Per la stagione 2016-2017 è stata dichiarata dai pastori sardi una produzione di 284 milioni e 108 mila litri di latte da pecora, più della intera Francia che ne ha dichiarato 263 milioni. Il 70% della superficie isolana è destinata al pascolo. L’intera filiera dell’ovicaprino, tra aziende di produzione, trasformazione e indotto, ha circa 40 mila addetti, con un valore che sfiora i 400 milioni di euro all’anno.
La Sardegna è nel Mediterraneo la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: due ogni abitante, oltre 3 milioni di capi ovini per 1,6 milioni di persone. In Italia, come in Grecia, se ne contano poco più di 6 milioni, in Francia 5 milioni e mezzo.


Gli interventi nel Forum

ROBERTO CONGIA. Interviene Roberto Congia, pastore del Movimento Pastori Sardi, componente il Direttivo di Altragricoltura e delegato per LiberiAgricoltori al tavolo di filiera del latte ovicaprino per Liberi Agricoltori

Leggi la sintesi

Maria Barca è esperta di comunicazione e giornalista, figlia di pastori è la portavoce del Movimento Pastori Sardi. Nel suo intervento ….

Leggi la sintesi

Francesco Scarpino, è Presidente della OP del Pecorino Crotonese e responsabile per LiberiAgricoltori della Provincia di Crotone. Nel suo intervento porta l’esperienza dei pastori e dei casari calabresi ….

Leggi la sintesi

Nunzio Marcelli, pastore abruzzese nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, promotore del progetto “adotta una pecora” e impegnato in diversi progetti ….

Leggi la sintesi

Giovanni Samela, è stato presidente del Consorzio del Pecorino di Filiano e casaro egli stesso, attualmente è impegnato in diversi progetti di valorizzazione territoriale e di filiera ….

Leggi la sintesi

Gianni Fabbris, è componente di Altragricoltura, della Presidenza nazionale di LiberiAgricoltori e presidente della Rete PerlaTerra. Nel suo intervento ….

Leggi la sintesi

Roberto Congia

pastore sardo, Altragricoltura, delegato al tavolo sul latte ovicaprino pr LiberiAgricoltori.

Nunzio Marcelli

pastore abruzzese, consulente Ministero Agricoltura, progetto “Adotta una pecora”

Giovanni Samela

casaro, imprenditore agricolo, progettista di sistemi di sviluppo e di filiere specializzate

Maria Barca

giornalista, ricercatrice, esperta sul pastoralismo – Movimento Pastori Sardi

Francesco Scarpino

Presidente OP Pecorino Crotonese, presidente provinciale LiberiAgricoltori Crotone;

Gianni Fabbris

Altragricoltura, presidenza di LiberiAgricoltori
Rete PerlaTerra


La scheda della redazione

torna su

I pastori fra crisi e progetto

Per la stagione 2016-2017 è stata dichiarata dai pastori sardi una produzione di 284 milioni e 108 mila litri di latte da pecora, più della intera Francia che ne ha dichiarato 263 milioni. Il 70% della superficie isolana è destinata al pascolo. L’intera filiera dell’ovicaprino, tra aziende di produzione, trasformazione e indotto, ha circa 40 mila addetti, con un valore che sfiora i 400 milioni di euro all’anno.

La Sardegna è nel Mediterraneo la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: due ogni abitante, oltre 3 milioni di capi ovini per 1,6 milioni di persone. In Italia, come in Grecia, se ne contano poco più di 6 milioni, in Francia 5 milioni e mezzo.

Lucio Columella, il grande storico latino, sosteneva che “Tutto il Mediterraneo è un mare di montagna”, attorno al quale tra coste e monti si svilupparono, per millenni, mille piste per la transumanza, i “tratturi”. Per millenni su tutte le coste del Bacino è stato, d’inverno, un brulicare di animali, che l’estate salivano, lungo i tratturi, a quote tra i mille ed i duemila metri.

E’ così che, in un lungo rapporto a volte conflittuale ed a volte di integrazione che la pastorizia è arrivata a differenziarsi dall’allevamento classico in stalle o recinti perché gli animali si nutrono lasciati liberi in un ambiente naturale pascolando allo stato brado anziché nutriti con risorse dell’allevatore. Forte è il rapporto tra gli animali e il pastore, che si occupa di loro a tempo pieno, non limitandosi ad accompagnarli al pascolo, ma fornendo loro protezione dai predatori (anche con il tradizionale ausilio di cani), cure sanitarie, assistenza durante il parto ecc.; il pastore che si occupa degli animali è generalmente la stessa persona che provvede alla trasformazione dei prodotti (dalla tosatura della lana alla produzione di derivati del latte).

Sempre Lucio Columella propugnava la cooperazione fra agricoltura e allevamento che porta vantaggi per entrambi, moltiplicano le produzioni, usa e rimette in ciclo il letame degli animali allevati, fecondando i campi che offrono, così, abbondanza di fieno per alimentare convenientemente gli animali durante l’intero corso dell’anno.

torna su

Un lungo rapporto di relazione che era arrivato, in Sardegna come altrove nel Mediterraneo, alla soglia della trasformazione dell’agricoltura in agroindustria ed alla sua progressiva crisi, a un equilibrio fondato sull’integrazione fra coltivazione e pascolamento, fra terre di piana e aree di montagna. Pastorizia e agricoltura si integravano reciprocamente per garantire l’ottimizzazione delle risorse disponibili e la sopravvivenza economica. Questa complementarità, che garantiva alla pastorizia grandi vantaggi e si fondava su una profonda relazione economica, sociale e culturale, ha finito per rompersi impattando i profondi processi di trasformazione venuti avanti con l’integazione dell’agricoltura dell’Isola, dell’Europa e del Mediterraneo al modello agroalimentare dominante industrialista, produttivista e mercatista del nostro tempo.

La pastorizia sarda, così, entra in una fase nuova e, dopo un lungo ciclo di diverse trasformazioni e adattamenti, costretto dalla crisi dell’agricoltura e dal venire avanti della trasformazione industriale, conosce prima i processi di sedentarizzazione poi la dipendenza dalla industria casearia. Una industria che governa completamente una filiera in cui il pastore è inteso come mungitore ovvero come conferitore del latte. Un latte per la gran parte utile a fare un solo prodotto: il pecorino romano, un formaggio che, certo, ha caratteristiche da mercato di massa molto orientato all’esportazione e poco capace di evolvere per adeguarsi al mutamento dei gusti dei consumatori.

Su oltre 12 mila aziende pastorali sarde, più di 10 mila producono latte per la trasformazione in pecorino romano, un formaggio che rappresenta 81,54% dei pecorini dop prodotti in Italia e il 52% di quelli Ue. Insomma, la monocoltura produttiva alimentata dalla forte domanda estera è rimasta intatta nella sua vergine definizione iniziale: il 91% del formaggio prodotto in Sardegna è quello romano, mentre le altre tipologie di formaggi rimangono assolutamente residuali (5% di pecorino sardo maturo, 2% di pecorino sardo dolce e stessa quota di “fiore sardo”).

Il latte gestito dagli industriali diventa una commodity, una merce da quotare in funzione delle valutazioni del mercato speculativo spesso internazionale e poco ha a che fare con la diversificazione. La competizione diventa di prezzo e non certo sulla qualità o la diversificazione.

Cambia il olo e la funzione dell’azienda pastorale e cambiano intanto i consumi della società rispetto a cui lo stesso sistema industriale, l’offerta sul mercato, le strutture e politiche istituzionali si fanno trovare impreparate nonostante il lavoro e gli investimenti messi in campo dalla produzione che pure ha cercato di migliorare le sue performance.

Negli ultimi 10 anni sono stati investiti 600 milioni di euro di risorse comunitarie che hanno migliorato lo stato di salute degli animali, diminuendo sensibilmente la carica di cellule somatiche media degli ovini. Infine, nei 28 anni che vanno dal 1982 al 2010 la media di pecore per azienda è cresciuta del 97%, passando da una media di 121,3 pecore a 239.

Per un altro verso sono cambiati i protagonisti del mercato, laddove, dai primi anni dell’attuale secolo, sono apparsi sulle piazze americane importanti e agguerriti competitors, come i bulgari, i rumeni e gli argentini. Ecco che, da dominatori quasi esclusivi, i prodotti sardi hanno visto scendere la loro quota di mercato perdendo ogni anno percentuali significative.

Infine, è cambiato anche il mondo del consumo, laddove ai prodotti piccanti e “duri” si preferiscono – anche per ragioni di una nuova cultura dietetica – formaggi leggeri e molli, meno ricchi di grassi anche se meno saporiti. L’introduzione di nuovi modelli alimentari sembra, infine, aver spostato le preferenze dei consumatori verso le “confezioni” garantite da un marchio o addirittura già pronti per l’uso domestico.

torna su

E’ dentro questo passaggio che è scoppiata l’ultima protesta clamorosa dei pastori in Sardegna che si sono ribellati alla situazione: il latte pagato dagli industriali a 60 centesimi (e meno) a fronte di stime di costi di un euro e dieci.

Come è andata lo sappiamo: la politica ha finito per strumentalizzare la rabbia e la fase che si è aperta dopo la protesta, per dirla con le parole di Roberto Congia “Se qualcosa è avvenuto, cioè se il prezzo è risalito, è grazie all’impegno delle cooperative e del lavoro dal basso per aggregare il latte, piuttosto che dagli effetti delle politiche o dal venire meno della speculazione”.

Mesi di lotte, milioni di litri di latte versato, denunce e azioni penali repressive contro i pastori i lasciano intatti i nodi di fronte a noi: come far uscire i pastori dalla dipendenza della filiera indistriale? Come recuperare valore per una pastorizia che premi la diversificazione, la qualità, il rapporto col territorio? Come cambiare il verso delle scelte istituzionali e di programmazione che restituiscano al latte un valore oltre le commodities?

Tutto questo lo ha avuto be chiaro in questi anni, il Movimento Pastori Sardi, una delle più originali e preziose esperienze di ricostruzione del protagonismo di chi lavora la terra e che, è stato ben capace negli anni, di tenere insieme la resistenza, la mobilitazione con la ricerca del progetto.

Fra l’altro il Movimento, che ha sviluppato lotte e vertenze rigorosamente legate agli interessi concreti dei pastori, propone una svolta profonda nel modello pastorale sardo fino a chiedere una “legge sul pastoralismo” provando, per questa via, a rimettere al centro il ruolo e la funzione dei pastori nella consapevolezza che il loro ruolo ha bisogno di alternative vere alla dipendenza dalla produzione industriale e dal comando della finanza.

Obiettivo strategico quello che si è posto in questi anni il Movimento Pastori Sardi che potrebbe riunificare tante esperienze in evoluzione nel Mediterraneo dove la Pastorizia, in un tempo in cui l’agricoltura, l’allevamento e la pesca, tornano ad essere al centro di molte attenzioni potrebbe essere uno dei terreni su cui ricomporre l’unità degli interessi delle sue genti che, in fondo, hanno tutti di fronte gli stessi problemi: il modello agroalimentare globale della speculazione finanziaria, le scelte di Politica Agricola dell’Europa, la subalternità della politica al mercato speculativo, la difficoltà dei cittadini a ricomporre l’unità degli interessi collettivi.

Forse ripartire dal latte, che è pur sempre il primo alimento che ha nutrito tutti noi, può essere un buon modo per riprovarci e, forse, i pastori potrebbero guidarci nella transumanza vera di cui abbiamo bisogno come comunità del mediterraneo: quella che ci porta fuori da questo mercato devastato per condurci in un rapporto con la terra che ci nutra di diritti.

Riflessioni e domande, queste, che poniamo alla discussione del Forum su Iafue PerlaTerra chiedendo, in fondo, ai nostri ospiti: ripartiamo? e come?
Come recuperaiamo la funzione sociale e il ruolo dei pastori oggi? Come lo facciamo in Sardegna e in tutto il Mediterraneo? Come lo sosteniamo nel fornire prodotti e servizi diversificati, di qualità, legati al territorio? Come i processi di impresa possano remunerare gli investimenti garantendo il reddito, il prezzo ai consumatori, i diritti dei lavoratori? Come questi processi stanno nel rapporto con la rinaturalizzazione dei territori dentro cui ha senso una pastorizia di qualità e con la rigenerazione delle comunità.

Lo abbiamo chiesto agli ospiti del Forum del Lunedi sera 16 novembre 2020 su Iafue PerlaTerra.


torna su

ROBERTO CONGIA. Interviene Roberto Congia, pastore del Movimento Pastori Sardi, componente il Direttivo di Altragricoltura e delegato per LiberiAgricoltori al tavolo di filiera del latte ovicaprino per Liberi Agricoltori

torna su

Maria Barca è esperta di comunicazione e giornalista, figlia di pastori è la portavoce del Movimento Pastori Sardi. Nel suo intervento ….

torna su

Francesco Scarpino, è Presidente della OP del Pecorino Crotonese e responsabile per LiberiAgricoltori della Provincia di Crotone. Nel suo intervento porta l’esperienza dei pastori e dei casari calabresi ….

torna su

Nunzio Marcelli, pastore abruzzese nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, promotore del progetto “adotta una pecora” e impegnato in diversi progetti ….

torna su

Giovanni Samela,è stato presidente del Consorzio del Pecorino di Filiano e casaro egli stesso, attualmente è impegnato in diversi progetti di valorizzazione territoriale e di filiera ….

torna su

Gianni Fabbris, è componente di Altragricoltura, della Presidenza nazionale di LiberiAgricoltori e presidente della Rete PerlaTerra. Le sue conclusioni ….

torna su