Se i giovani incontrano gli agricoltori e i braccianti

il Focus settimanale del 24 novembre 2020

LA SCHEDA

Il mondo non è una merce

Qualche giorno fa, in una intervista rilasciata ad una testata specializzata, un parlamentare che ricopre una importante carica istituzionale, ha sostenuto: “Bene la svolta green in Europa ma bisogna garantire la Sovranità Alimentare”.
Dunque per il politico di turno la “svolta green” sarebbe in contrapposizione con la “Sovranità Alimentare”. E, forse, proprio qui sta il problema che il confronto fra agricoltori, braccianti e giovani è chiamato a discutere…..


Gli interventi nel Forum

Peppe Russo. agricoltore, studente universitario, coordinatore dei Rete dei Giovani Contadini …

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Chiara Signoria è bresciana, consulente ambientale, Fridays For Future. Nel suo intervento ….

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Miriam Corongiu, è contadina campana, Collettivo Tutte Giù PerTerra, Altragricoltura ….

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Martina Comparelli, è milanese, attivista di Fridays For Future ….

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Lino Masi, è bracciante, dirigente del Sifus Confali
(fra i soggetti promotori della LILCA – Lega Italiana Lavoratori del Campo e dell’Agroalimentare) Nel suo intervento ….

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Michela Spina, è Molisana, studentessa a Napoli e attivista di Fridays For Future ….

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Tano Malannino, è agricoltore siciliano, presidente di Altragricoltura e coordinatore della Rete PerlaTerra….

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Peppe Russo

agricoltore, studente universitario, coordin. Rete dei Giovani Contadini

Miriam Corongiu

contadina campana, Collettivo Tutte Giù PerTerra, Altragricoltura

Lino Masi

bracciante, dirigente del Sifus Confali
(LILCA)

*

Tano Malannino

agricoltore, presidente di Altragricoltura

*

Chiara Signoria

bresciana, consulente ambientale, Fridays For Future

Martina Comparelli

milanese, attivista di Fridays For Future

Michela Spina

Molisana, studentessa e attivista di Fridays For Future


La scheda della redazione

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Una nuova Riforma Agraria: la via agroecologica alla Sovranità Alimentare

Qualche giorno fa, in una intervista rilasciata ad una testata specializzata, un parlamentare che ricopre una importante carica istituzionale, ha sostenuto: “Bene la svolta green in Europa ma bisogna garantire la Sovranità Alimentare”.
Dunque per il politico di turno la “svolta green” sarebbe in contrapposizione con la “Sovranità Alimentare”. E, forse, proprio qui sta il problema che il confronto fra agricoltori, braccianti e giovani è chiamato a discuterenel Forum ospitato da Iafue PerlaTerra che vede incontrarsi i giorvani di Fridays For Future, gli agricoltori e i braccianti impegnati a chiedere la Sovranità Alimentare.
Prima di entrare nel merito, però, qualche osservazione sulla frase citata ci aiuta a fissare qualcuno dei temi in discussione.
Il politico in questione mette, evidentemente, in alternativa la tutela ambientale con gli interessi dell’impresa e della produzione.
Ma è cosi? E’ corretto sostenerlo? A leggere i dati tutto ci dice del contrario.
Se osserviamo i problemi di fronte alle imprese agricole dal punto di vista degli effetti dei cambiamenti climatici indotti e accelerati dalle mutazioni ambientali i dati sono impressionanti.

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Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente i cambiamenti climatici nel Mediterraneo si tradurranno in un inesorabile spostamento verso nord delle coltivazioni: nell’Italia meridionale le rese di colture come grano, mais e barbabietola potranno diminuire fino al 50 per cento entro il 2050. Il rapporto prevede che in Italia – anche in aree produttive importanti, come la pianura padana o le colline del Chianti – il valore dei terreni agricoli potrà diminuire fino all’80 per cento entro il 2100.
“L’Italia registra la maggior perdita di valore delle terre agricole, tra i 58 e i 120 miliardi di euro”, si legge nello studio. La conseguenza sarebbe inevitabilemte l’abbandono delle campagne e, in questo contesto, quale impresa produttiva potrà reggere?
Ma non abbiamo bisogno di aspettare il futuro per valutare l’effetto delle mutazioni ambientali sulla nostra agricoltura: possiamo già oggi valutare in almeno 16 miliardi di Euro i danni a strutture e produzioni indotte da eventi calamitosi direttamente collegabili agli effetti di inondazioni, grandinate, trombe d’aria ed altri fenomeni atmosferici che, indotti e accelerati dai processi di tropicalizzazione del clima, impattano in maniera sempre più frequente sulla condizione già disastrata delle nostre infrastrutture e attività agricole.
A questi effetti, poi, c’è da aggiungere un’altra grande questione che sta impattando con l’equilibrio ecologico dentro cui operano le imprese agricole e zootecniche: l’introduzione incontrollata di specie aliene di animali nell’ambiente per cui non esistono antagonisti naturali, effetto dei cambiamenti climatici e di una globalizzazione dei mercati sempre più incontrollata.
Xylella e cimice asiatica sono solo alcuni dei nomi che evocano sempre di più fra gli agricoltori e l’opinione pubblica la certezza di danni economici e ambientali sempre maggiori.
La desertificazione, la siccità legata all’innalzamento della temperatura, la mancanza di una vera strategia sull’uso delle risorse idriche e l’inadeguatezza delle reti e del sistema irriguo nel soddisfare i bisogni dei cicli produttivi, addensano problemi per il futuro della nostra agricoltura produttiva inquietanti.
Ancora: l’inquinamento delle falde per l’uso indiscriminato che si è fatto della chimica, l’inquinamento ambientale, il proliferare di discariche più o meno abusive, di impianti di incenerimento, le infiltrazioni per effetto delle estrazioni petrolifere in Basilicata, diventano la nuova realtà con cui gli agricoltori devono fare i conti.
Non sono solo le terre e gli agricoltori sono in sofferenza: lo stato delle acque interne e del mare sta conoscendo soglie di allarme inediti. Nel notiziario dalla terra del 23 novembre su Iafue PerlaTerra, Marco Spinadin, della cooperativa pescatori San Marco di Chioggia, ci ha raccontato uno dei tanti aspetti “ambientali” che rendono sempre più complicato il mestiere del pescatore. I pescherecci che calano le reti nel Nord dell’Adriatico “tirano su” sempre più plastica nelle reti”, una plastica che, fra l’altro, diventa un rifiuto speciale difficile da smaltire e, comunque, pesa sulle economie già ristrettissime delle imprese della pesca.
Si potrebbero fare molti altri esempi che, in fondo, non farebbero che confermare il quadro: se non cambiano le condizioni ambientali dentro cui si esprime il lavoro degli agricoltori e dei pescatori, è difficile immaginare un futuro per le imprese italiane e del mediterraneo già messe a dura prova dalla crisi economica e finanziaria e dal venire avanti del dominio della finanza speculativa.
Per questo è incomprensibile la frase “Bene la svolta green in Europa ma bisogna garantire la Sovranità Alimentare”.

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Fra l’altro, chi la ha pronunciata dimostra di non sapere cosa è la Sovranità Alimentare che, al contrario di quanto probabilmente pensa, non è in contrapposizione alla “Svolta GReen” essendone, anzi, la precondizione.
Per i movimenti contadini che la invocano (come Altragricoltura), la Sovranità Alimentare “è il diritto dei popoli a definire il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo fondandolo sulla centralità dei diritti. Fra questi diritti vi sono il diritto degli agricoltori al reddito, quello dei braccianti al salario, dei cittadini alla sicurezza alimentare ed al cibo, quello delle comunità ad un ambiente sano e tutelato”.
Obiettivi, questi, possibili solo se l’economia saprà coniugarsi con l’agroecologia e la giustizia sociale e se il cibo si produrrà in contesti agroecologicamente sostenibili come, del resto, è tornato ad invocare Papa Francesco.
Nella “Economy of Francesco”, l’incontro con i giovani economisti voluto dal Santo Padre, tenuto ad Assisi dal 19 al 21 novembre scorsi, le sue parole ai giovani ed alla società sono state chiare nel chiedere di “Dare un’anima all’economia di domani”.
Il Movimento che si batte per la Sovranità Alimentare chiede da tempo, in tutto i Mondo ed anche in Italia, una svolta profonda e lavora alla Nuova Riforma Agraria coniugando l’economia con i diritti e l’etica, un bel terreno su cui incontrarsi con i movimenti ecologisti impegnati nel contrastare gli effetti del Climate Change e con i tanti giovani che li animano.

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Peppe Russo. agricoltore, studente universitario, coordinatore dei Rete dei Giovani Contadini.

Non ci può essere un’agricoltura sana, senza vivere un ambiente sano. Bisogna rivendicare il diritto degli agricoltori di avere il prezzo giusto per quello che viene prodotto; il diritto dei consumatori ad avere un cibo sano, che non comporti dei rischi per la salute. È necessario soffermarsi sulle politiche europee: si parla di tagli ai fondi per l’agricoltura, quando in realtà noi crediamo che l’agricoltura debba essere supportata molto più di quanto sia stato fatto. Non mi pare che le politiche messe in campo stiano mettendo argini all’agricoltura estensiva, all’uso dei prodotti chimici, agli allevamenti intensivi. Vorrei anche parlare della PAC, che di fatto ha accesso a gran parte del bilancio dell’Unione Europea; la PAC deve tener conto dei redditi degli agricoltori, che nell’ultimo decennio sono calati drasticamente e anche dei cambiamenti climatici: nelle nostre campagne le sfide sono sempre più difficili a causa delle calamità naturali. Bisogna dare sussidi, anziché tagli. Sempre meno giovani sono attratti da un ritorno alla terra. Solo il 7% degli agricoltori europei ha meno di 35 anni. In questo senso bisogna anche incentivare i giovani a coltivare la terra attraverso misure di sostegno, come tassi agevolati sui prestiti o dei finanziamenti a fondo perduto per il primo inserimento nell’agricoltura.

Dobbiamo ripopolare le campagne: questo ci permetterebbe di non far perdere le nostre tradizioni. Dal 25 novembre al 10 dicembre faremo delle mobilitazioni, dibattiti e conferenze per coinvolgere tutte quelle realtà sociali che hanno a cuore gli argomenti che stiamo portando avanti. È attiva una petizione online per invitare le istituzioni a esprimersi sulla Carta dei Diritti dei contadini. Vogliamo che le nostre istituzioni prendano posizione per gettare le basi di un cambiamento radicale. Voglio inoltre fare una proposta ai ragazzi di Fridays for Future: istituiamo un coordinamento di studenti per la sovranità alimentare

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Chiara Signoria è bresciana, consulente ambientale, Fridays For Future.

Ci sono dei passi importanti da fare: la riduzione del nostro impatto climatico; aggiustare tutto quello che abbiamo compromesso. A me preme soprattutto raccontare due scenari.
Uno riguarda il cosiddetto Business as usual, ovvero la dinamica perversa per cui tutto il sistema va avanti a comportarsi come se nulla fosse, mentre si assiste a un’esasperazione degli effetti climatici. Un altro scenario, importantissimo, che serve forse a ricomporre l’ambientalismo con l’agricoltura riguarda proprio il ruolo dell’agricoltore, che rimane una fonte inesauribile di soluzioni che privilegiano tutti gli aspetti che invece vengono ignorati dal cosiddetto agri-business delle grandi aziende. Soluzioni e pratiche che devono essere assolutamente incentivate, anche dal basso. Deve esserci uno sforzo collettivo affinché gli agricoltori tornino ad essere i custodi della terra. Il 70% del cibo che noi mangiamo viene portato dai piccoli agricoltori, che non sono quelli che stanno distruggendo il nostro ecosistema. Noi come Fridays for Future siamo assolutamente vicini agli agricoltori e chiediamo che ci siano legislazioni in grado di aiutarli. C’è bisogno di concentrare le forze, e l’Italia non è sola in questa battaglia (basti pensare alla Via Campesina).
C’è bisogno di riscoprire pratiche antiche e al tempo stesso di sposarle con la tecnologia moderna. C’è bisogno di intensificare l’accorciamento delle filiere mettendo in connessione diretta i produttori con i fruitori e di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi.

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Miriam Corongiu, è contadina campana, Collettivo Tutte Giù PerTerra, Altragricoltura ….

Io sono contadina, sono attivista ecologista della Terra dei Fuochi in Campania e sono contenta di questa apertura da parte di Fridays for Future. Noi siamo abituati a pensare al 70% degli agricoltori che forniscono il cibo a tutto il mondo, ma non guardiamo quasi mai a quel 30% invece di grande industria che occupa il 75% del suolo agricolo. Il problema del modello di produzione (e della ridistribuzione delle risorse) è fondamentale. Non c’è motivo di proseguire con questo modello industrialista che produce un’eccedenza di cibo anche facendosi forza di narrazioni un po’ distorte riguardanti la fame del mondo: il 78% dei bambini malnutriti sotto i 5 anni vivono in paesi con eccedenze alimentari. Il problema allora qual è? È la sperequazione è la disuguaglianza, è la distribuzione. E quando dico distribuzione parlo ovviamente della grande distribuzione e della filiera, che è un danno per i piccoli agricoltori.
L’agroecologia, in questo senso, è una disciplina scientifica che sostiene perfettamente i nostri discorsi: si tratta di un approccio all’agricoltura che si basa sull’evidenza, non si bassa solo di ripescare le antiche pratiche, ma di recuperarle ottimizzandole. È una pratica di rigenerazione della terra, ma anche della società tutta. L’agroecologia presuppone che non vadano sfruttati né la terra, né chi la lavora.
I giovani e le giovani di oggi hanno diritto di fare agricoltura sui loro territori di riferimento; hanno il diritto di restare sui loro territori. Io lo dico da donna: abbiamo bisogno di politiche di genere appropriate, che consentano alle donne di poter coltivare la terra. Le braccianti sono le più schiacciate da questo sistema, come datori di lavoro abbiamo il dovere morale di farci carico di questo aspetto con redditi giusti e tutele dei diritti sul lavoro.

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Martina Comparelli, milanese, attivista di Fridays For Future….

Credo innanzitutto che l’impatto della crisi climatica già si stia sentendo, non è più una questione di futuro, ma una questione di presente. Nel momento in cui la salute nelle città viene colpita, ciò succede anche nelle campagne e c’è anche un forte impatto sulla sicurezza alimentare. Noi diciamo sempre una cosa fondamentale: noi non siamo ambientalisti nel senso stretto del termine. Fridays for future è un movimento che tocca diverse parti della società, perché il cambiamento climatico attraversa tanti spazi, compreso quello dell’agricoltura, in modo molto radicale sia negli effetti che nelle cause. Siamo estremamente contenti di avere finalmente l’opportunità di interfacciarci con chi lavora la terra, perché è quel lato che ci è mancato fino ad oggi. Mi viene da dire che in base a questo tipo di visione non vediamo nelle istituzioni la stessa volontà.
Alleandosi a vicenda e provando a creare delle sinergie, attraversando e conoscendo le proprie rispettive battaglie, si crea molta più energia e molta più pressione. La PAC è un disastro per ovvi motivi, perché questo tipo di politica va a distruggere la biodiversità che già la politica agricola passata aveva messo in pericolo.
Non c’è solo un problema di limiti ambientali, ma anche una questione di ridistribuzione delle risorse e quindi di giustizia sociale. In questa PAC ci va il 35% del budget europeo, quasi 400 miliardi di euro. Eppure di solito, l’80% dei fondi europei va al 20% dei contadini. Il resto va sempre e soltanto nelle mani delle grosse aziende agricole intensive ed estensive, che non curano né il territorio, né le persone.
Dobbiamo organizzarci dal basso per creare più supporto, mettere in contatto i gruppi locali di Fridays for Future con gli agricoltori, rafforzare questo tipo di sinergie e confrontarci anche solo per comprendere al meglio questo collegamento tra crisi climatica e agricoltura. Dove la politica non cambia dall’alto, andiamo a prenderci le cose dal basso.

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Lino Masi, è bracciante, dirigente del Sifus Confali (fra i soggetti promotori della LILCA – Lega Italiana Lavoratori del Campo e dell’Agroalimentare)

Quello che noi abbiamo registrato in questi anni come organizzazione sindacale è un impoverimento dei diritti per quanto riguarda nei braccianti, a causa soprattutto delle politiche europee che non sono state lungimiranti, non riuscendo a far emerge l’agricoltura dei territori. Tanti piccoli agricoltori nei nostri territori stanno morendo. E ciò che spiccano sono le OP, le Organizzazioni di Produttori, dietro cui si nascondono grandi aziende travestite da produttori. Attraverso questo meccanismo le OP hanno un potere contrattuale molto forte nei confronti dei lavoratori. L’appiattimento dei diritti qui in Sicilia ha portato quasi il dimezzamento di ciò che prevede il contratto collettivo, rispetto a quello che percepisce in sostanza il lavoratore. Il contratto collettivo prevede 78 euro al giorno per i lavoratori specializzati, ma che poi alla fine va a percepire 40 euro reali al giorno. Gli agricoltori purtroppo sono schiavi delle grandi aziende e quindi sono costretti a spendere ciò che hanno costruito negli anni.
Il numero dei braccianti in Italia si aggira attorno ai 900.000 e si dividono in lavoratori privati, in forestali e in consorzi di bonifica. Dieci anni fa abbiamo creato un’alleanza tra i lavoratori forestali e i cittadini, anche per quanto riguarda la tutela del territorio e dei cittadini. Abbiamo presentato la prima proposta di legge di iniziativa popolare che riguardava la stabilizzazione dei forestali che oggi sono 19.300, tutti precari.
I consorzi di bonifica inoltre non riescono ad aiutare gli agricoltori. Una nostra battaglia sindacale riguarda specificatamente la tutela dei consorzi di bonifica per far arrivare acqua agli agricoltori, per impedire loro di svendersi alle grandi politiche europee.

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Michela Spina, è Molisana, studentessa a Napoli e attivista di Fridays For Future ….

Abbiamo cercato di racchiudere in maniera propositiva i nostri obiettivi.
Chiediamo il rispetto dei microsistemi naturali, perché senza di questo nessuna agricoltura può essere praticabile, né economicamente vantaggiosa. L’Unione Europea deve agire in maniera decisa, drastica e trasparente. Chiediamo il maggiore sostegno e incentivo all’agroecologia, per l’impatto delle torbiere che rappresentano il 25% delle emissioni in ambito agricolo. Chiediamo che sia fatta una riduzione programmata dell’utilizzo dei pesticidi, sempre applicata in un quadro di incentivi che vadano ad aiutare non solo il clima, ma anche i piccoli agricoltori. Chiediamo inoltre un’equa distribuzione delle risorse in base alle necessità e ai bisogni climatici e non in base agli ettari, che secondo un principio di giustizia climatica e sociale, permetta una politica più equa e sostenibile per poter supportare le piccole aziende che rischiano di essere schiacciate. Accogliamo con enorme piacere l’invito di creare una rete comunicativa, attraverso una sinergia tra attivisti e agricoltori.

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Tano Malannino, è agricoltore siciliano, presidente di Altragricoltura e del Soccorso Contadino e coordinatore della Rete PerlaTerra….

Noi oggi in questo incontro stiamo sfatando un mito. C’era nell’immaginario collettivo gli ambientalisti da una parte e gli agricoltori da un’altra parte. Questa cosa va messa completamente in discussione, perché finalmente stiamo parlando di cose che ci accomunano; che servono a migliorare la vita in senso collettivo; che servono a migliorare la salute e all’ambiente, che servono a far sì che questa terra sia consegnata a chi viene dopo di noi ancora con possibilità di essere fruita, amata e vissuta. È importante quello che sta avvenendo stasera. Noi come movimento agricolo di Altragricoltura, nati durante il G8 di Genova, già allora abbiamo iniziato a parlare di agricoltura in senso molto ampio, non limitandoci. Già allora dicevamo che eravamo davanti a un modello fallimentare, a un modello che portava drammi agli agricoltori e alla collettività. Abbiamo fatto tante battaglie, che probabilmente sono servite a tenerci in vita perché concretamente non siamo riusciti a modificare nulla di ciò che c’è in atto e continua a creare devastazioni. L’incontro con i giovani di Fridays for Future è importante perché sento dalle loro parole che non solo condividono le nostre battaglie, ma vanno oltre, cogliendo pienamente questa necessità di cambiamento, che va attuato in tempo molto rapidi. Sinora la politica continua ad andare verso altre direzioni, e i testi della PAC lo dimostrano pienamente. Gli interessi continuano a essere per i più forti, che riescono a determinare le scelte politiche. Sono convinto dell’inizio della costituzione di un’alleanza sociale per la sovranità alimentare ampia. Dobbiamo continuare a incontrarci sui nostri terreni comuni e a espandere le nostre iniziative.

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