Si fa presto a dire impresa ma quale impresa agricola per quale agricoltura?

le parole di Giovanni Samela
Per l’editoriale dell’11.3.21

Giovanni Samela è un professionista esperto in progettazione e sviluppo dei sistemi di impresa e territoriali, oltre che un collaboratore della Rete PerlaTerra.

Il 27 febbraio 2021 è intervenuto nel seminario di apertura del Secondo Forum in Difesa del grano convocato dalla Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare per tenere una delle relazioni introduttive nel workshop sulla “produzione, impresa e territorio”.

Iafue Perlaterra ripropone questo intervento all’interno dello spazio dedicato all’editoriale nella mattina dell’11 marzo 2021 per la rubrica: “il senso delle parole”.

In particolare il contributo di Samela è sul senso del fare impresa agricola oggi e di come sia necessario coniugare la parola “impresa” con la capacità di esprimere non solo contenuti economici e finanziari a qualunque costo ma, al contrario, sia fondamentale produrre in modo da offrire contenuti sociali, ambientali e di sicurezza capaci di ridefinire un profilo di alta qualità della proposta.

“Del resto” ha sostenuto Samela “prima ancora che la responsabilità delle istituzioni, il profilo della nuova impresa dipende molto dalle scelte concrete che si compiuono su come si produce e si ditribuisce il cibo. Così davanti ai tanti giovani che si stanno misurando con la scelta dell’agricoltura spetta il compito di orientare i propri investimenti (quando se ne ha la possibilità) verso una agricoltura consapevole”

Fabio Sebastiani, direttore di Iafue PerlaTerra, ne ha discusso subito dopo raccogliendo alcune interessanti riflessioni.
“Superare la condizione di lavoratore eterodiretto, quasi di cottimista e di lavoratore per conto in cui il modello vorrebbe schiacciare gli agricoltori deve essere l’obiettivo ma gli agricoltori devono imparare a fare sistema, ad occuparsi della strategia del rapporto sul mercato, di come si realizza la scala delle produzioni, altrimenti il rischio è quello della testimonialità”.
“Le pratiche positive di chi fa scelte etiche e produce in maniera agroecologica devono superare la condizione di essere nicchia e devono diventare sistema; se non impariamo ad incidere nei processi e ci accontentiamo semplicemente di conquistare dei piccoli spazzi di autosufficienza finiamo per essere, persino, utili al sistema industriale che riconosce e ammette alcune piccole e marginali contraddizioni purchè queste non dimostrino che vi sia una alternativa reale”.