editoriale del 22.3.21
da un articolo nel Bollettino di Nyeleni n.41
La traduzione di un articolo tratto dal numero 41 del Bollettino di Nyeleni (il Forum internazionale per la Sovranità Alimentare) proposto fra i documenti del CentroDoc PerlaTerra dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare, ci offre l’occasione per avviare il confronto proposta da Iafue PerlaTerra per la settimana che inizia dal 22 marzo su tre fra le parole chiave più ricche di significati utili al progetto dell’Agroalimentare del futuro: territori, terra, comunità.
Negli anni della finanziarizzazione e del modello della globalizzazione dei mercati, il controllo delle risorse naturali diventa un obiettivo strategico per attori politici, economici e sociali sempre più aggressivi. L’acqua, la terra, le risorse del sottosuolo, la biodiversità diventano il terreno su cui costruire la nuova fase dell’accumulazione del capitale; una fase che prevede l’espulsione di intere comunità e l’esproprio dei loro beni.
Aumenta la pressione contro le comunità ma aumenta anche la capacità dei movimenti e dei soggetti che vi si oppongono di resistere e organizzarsi per rivendicare i diritti. La lotta per difendere le comunità e i loro beni pubblici, il diritto alla terra ed al suo uso, la riforma agraria diventano, cosi, il terreno su cui riorganizzare la resistenza e promuovere il progetto di una società giusta fondandola sulla Sovranità Alimentare.
La traduzione offerta dal collettivo Babel di questo articolo ci offre l’occasione di fare il punto su questo processo e ci da spunti per ripensare al territorio come il luogo in cui si ricostruiscono le comunità riappropriandosi del progetto per il futuro.
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Una breve storia della lotta dei popoli per le risorse naturali
La lotta per la terra è stata un pilastro del movimento della Sovranità Alimentare sin dalla sua comparsa negli anni ’90.
Fin da allora, le organizzazioni di agricoltori, contadini e di senza terra nelle diverse regioni del mondo si sono mobilitati contro la concentrazione di terreni in poche mani e contro le grandi aziende agricole (talvolta veri latifondi) spesso ereditate dall’era coloniale
Nel 1999, La Vía Campesina ha lanciato una campagna globale per la riforma agraria con il fine di promuovere politiche di distribuzione della terra secondo un approccio fondato sui diritti piuttosto che sulla idea che il mercato avrebbe selezionato le imprese più produttive ed “efficienti”.
La rivendicazione dei movimenti rurali per la riforma agraria ha acquisito forza mondiale culminando, nel 2006, con la dichiarazione finale della Conferenza Internazionale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale.
Verso la fine degli anni 2000, due importanti eventi hanno cambiato il quadro dello scontro.
Il primo: i movimenti per la sovranità alimentare si sono incontrati al Forum mondiale sulla sovranità alimentare di Sélingué (in Mali). Diversi gruppi di piccoli produttori di cibo, comunità indigene, pastori e pescatori artigianali hanno partecipato a quello storico incontro. Queste organizzazioni avevano storie e aspettative diverse da quelle delle organizzazioni contadine e le loro richieste non erano necessariamente incentrate sulla riforma agraria.
La nozione di “territori” è emersa formandosi nel dibattito definendo un approccio più olistico, in grado di comprendere lo stretto e multiforme rapporto che le varie comunità e i popoli hanno con il loro ambiente naturale, comprese le terre agricole, l’acqua, la pesca, le praterie e le foreste.
Il secondo evento è stato la crisi dei prezzi dei prodotti alimentari e la crisi finanziaria, iniziate nel 2008, che hanno scatenato una nuova ondata di accaparramenti di terre, arrivando ad interessare regioni che fino ad allora non avevano sofferto di alti livelli di concentrazione della terra (per esempio, Africa occidentale).
Questa nuova corsa alla terra ha incontrato una feroce resistenza da parte delle comunità
e delle piccole organizzazioni di produttori in difesa dei propri territori e dei propri sistemi di uso collettivo delle terre.
Nel 2011 Organizzazioni contadine di tutto il mondo si sono incontrate nuovamente a Sélingué in una conferenza Internazionale per contrastare i processi di accaparramento delle terre.
Questo evento ha segnato un momento importante nella formazione di un movimento mondiale contro il land grabbing, basato sulla richiesta della riforma agraria ma, anche, assumendo con forza le istanze dei movimenti e dei gruppi che, abitualmente, non avevano la riforma agraria nel proprio programma .
Nel 2016 i movimenti sociali e i loro alleati si sono incontrati alla Conferenza internazionale sulla riforma Agraria a Marabá, in Brasile, dove hanno definito e assunto il concetto di
Riforma Agraria Popolare, inizialmente proposta da La Vía Campesina del Brasile integrando le esigenze di distribuzione di terra con politiche più ampie per trasformare l’economia e la società, comprendendo gli interessi dei lavoratori urbani.
Il land grabbing globale ha riposizionato la terra in un ruolo di rilievo nell’agenda internazionale. Tra l’altro, ha dato nuovo impulso all’iniziativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (la FAO) che ha, così, prodotto un documento di riferimento internazionale sulla governance delle risorse naturali.
Le organizzazioni di piccoli produttori riuniti nel Comitato di Pianificazione internazionale per la sovranità alimentare (CIP) hanno guidato la partecipazione della società civile ai
negoziati che hanno avuto luogo in seno al Comitato per la sicurezza Alimentare Mondiale (CSA).
Nel 2012 sono state approvate le Linee Guida sulla governance responsabile della terra, della pesca e delle foreste (Tenure Guidelines). Basato sulla ICARRD (Conferenza internazionale sulla riforma e lo sviluppo agrario rurale) e linee sono state integrate nel 2014 con le direttive per garantire la pesca su piccola scala sostenibile, che sottolineano il carattere collettivo dei diritti di molte comunità.
Queste linee guida internazionali hanno fornito alle organizzazioni sociali l’opportunità di avanzare nelle loro lotte a livello locale, nazionale e regionale. Hanno raggiunto notevoli progressi in diversi paesi e hanno fatto pressioni perché il diritto alla terra per le comunità rurali sia riconosciuto internazionalmente ed esplicitamente come diritto umano.
Questo obiettivo è stato finalmente raggiunto nel 2018 con l’adozione della Dichiarazione del
Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle zone rurali, che completa la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni e la Convenzione n. 169 dell’Organizzazione Internazionale del lavoro.
Tuttavia, le linee guida sul possesso della terra sono diventate il terreno dell’iniziativa anche di attori che considerano la terra e le relative risorse naturali come asset economico e finanziario globalizzato.
In questo contesto, i “diritti di proprietà fondiaria sicuri” o di “Sicurezza del possesso” (obiettivi tanto cari alla logica della speculazione privatistica) prevedono la concessione di diritti di proprietà esclusivi, solitamente sotto forma di titoli di proprietà individuale.
E’ in questo quadro di scontro che si è formato il programma per lo Sviluppo sostenibile del 2030 delle Nazioni Unite ha fissato gli obiettivi di sviluppo Sostenibile (SDG).
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Per parte nostra rileviamo come è nel quadro dello scontro disegnato da questo documento che ci ricorda di come sia in atto un processo concreto con attori concreti, che anche in Italia dovremo saper riorganizzare le forze per il progetto nuovo, ripartendo proprio dalla resistenza delle comunità