Sul caporalato non bastano più i protocolli. Serve garantire il reddito e sostituire il caporale con servizi trasparenti ed efficaci

L’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare, per bocca del suo portavoce Gianni Fabbris, interviene sulla firma del protocollo avvenuta ieri al Viminale dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, da quello delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e dal presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, Enzo Bianco.

“Non bastano più i protocolli di intesa contro il caporalato, serve un cambio di rotta vero nella gestione delle filiere e nel processo di destrutturazione dei diritti che ha colpito sia le aziende agricole che i braccianti.

Serve una vera Nuova Riforma Agroecologica che rimetta al centro i diritti e, soprattutto, che intervenga su due leve fondamentali.

Il caporalato si supera sostituendo la funzione del caporale con quella di un soggetto pubblico che
convogli domanda ed offerta di lavoro e con una strategia generale che assista il sistema delle imprese
con servizi adeguati.
Bisogna creare presso i centri per l’impiego degli appositi sportelli, aperti dalle ore pomeridiane fino a sera,
capaci di divenire il punto d’incontro pubblico tra la domanda e l’offerta di lavoro. Nei comuni dove non
esistono centri per l’impiego, per questa specifica funzione, i comuni medesimi, dovrebbero mettere a
disposizioni delle apposite sedi a cui sia i datori di lavoro, per la ricerca di manodopera, che i braccianti per
l’offerta, devono fare riferimento. La presenza di moderni ed intelligenti uffici di collocamento oltre a sostituire il il ruolo del caporale, contribuirebbero a superare il problema fondamentale della “libertà” del lavoratore nel luogo di lavoro.
Il collocamento pubblico in sostituzione del caporale, renderebbe i braccianti liberi di rivendicare quanto gli
è dovuto senza cedere al ricatto del lavoro grigio poiché consentirebbe ai braccianti medesimi, di superare la
paura che i caporali facciano cartello e non gli permettano di trovare piu’ lavoro.
In questa direzione di “libertà”, sarebbe opportuno che le aziende agricole che assumono da 50 dipendenti in
su, ne collochino il 50%, attraverso le indicazioni provenienti dal centro per l’impiego per impedire la
disparità di opportunità di lavoro. Sono da respingere tutti i tentativi che in maniera diretta o indiretta mirano a forme di introduzione di collocamento privato poiché mortificherebbero la libertà del lavoratore nel luogo di lavoro.

L’altro punto strategico è intervenire sulla ridistribuzzione del valore aggiunto che si determina nelle filiere dell’agroalimentare.

Basta con le dichiarazioni contro i caporali senza vedere che in una bottiglia di pomodoro venduta dalla GDO la materia prima (il pomodoro lavorato nei campi e raccolto dai braccianti) è solo l’8% del suo prezzo al pubblico.

Se un pomodoro è pagato dall’industria 9,5 centesimi al campo, come stupirci del caporalato e
dell’illegalità? Può la GdO che vende le passate fatte con il sudore dello sfruttamento non sapere? Può non
essere chiamata a rispondere?
Il PIANO NAZIONALE DI CONTRASTO ALLO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO che invochiamo
deve segnare un punto di svolta e un’occasione per ripensare tutto il nostro agroalimentare, per questo come
Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare stiamo lavorando a promuovere il Forum per la Nuova
Riforma Agraria ed Agroecologica.
Alla sua base poniamo le proposte di difesa del lavoro, insieme a quelle dell’ambiente e dei beni comuni, e
lo facciamo proponendo ai nostri interlocutori politici e istituzionali un confronto sul merito a partire dal
riconoscimento dei principi compresi nella Dichiarazione dei Diritti dei Contadini e delle Altra persone che
vivono nelle Aree rurali assunta dalle Nazioni Unite nel 2018 e su cui il Governo italiano si astenne.
Al contrario, proponiamo di aprire la discussione e il confronto proprio da quei principi nel convincimento
che la Riforma dell’Agricoltura di cui abbiamo sempre più bisogno non sia una questione “tecnica”; serve
ripartire dai diritti per ridisegnare il futuro dell’agricoltura italiana: i diritti del lavoro per i salariati, quelli al
reddito per le imprese produttive, quelli al cibo, al prezzo ed alla sicurezza alimentare”