Che significa transizione ecologica?

Editoriale dell’8.7.21 di Adrian Moss*

La questione essenziale che non viene mai espressa è la seguente: Che significa “transizione ecologica”!?

Sembra talmente ovvia come domanda, ma nessuno la pone. Come se fosse naturale che transizione ecologica significava produrre più energia cosiddetta green. I media hanno indotto le masse ad associare ecologico con mulini a vento.

Ma ripropongo la domanda: Che significa la transizione ecologica?

  1. Coprire i territori naturali e rurali scarsamente antropizzati di strutture industriali per la produzione e il trasposto di energia elettrica low carbon o al contrario
  2. Significa sviluppare strategie sociali ed economiche/culturali o industriali intelligenti?

Qualche esempi per una transizione equilibrata, una strategia che include carbon capture, protezione dei suoli, riduzione dei consumi/sprechi/inquinamento, produzione da fonti low carbon

a) Strategia di Carbon Caputure:

– Canapa : Una cultura storica nella Tuscia. La canapa cattura più carbone di qualsiasi altra copertura vegetale e richiede un minimo di inquinanti a coltivare.

– Riforestazione e tutela del patrimonio forestale con evoluzione delle pratiche forestali (fine del ceduo e taglio a scopo di biomasse ecc) classiche

  1. Strategie di riduzione dei sprechi, consumi, danni al suolo: – Evoluzione delle politiche riguardo i trasporti pubblici, e incentivi fiscali per comportamenti “amici” come il ripopolamento dei centri storici e di paesi di campagna – Incentivi e strategie educative/produttive puntando alla riduzione dei sprechi/consumi – Evoluzione delle tecniche agricole verso una riduzione dell’impatto/danno al suolo e all’ambiente. Biodinamica, fine dell’aratura profonda, dei pesticidi e diserbanti, antibiotici ecc.

Filosofia di diversificazione delle strategie di miglioramento dei comportamenti sociali delle fonti integrati di produzione di energia e di risparmio ecc., certamente più complesse da sviluppare che la strategia di sviluppo 1.0 di LBR (Land based renewables) a nastro su tutto il territorio, ma molto meno impattanti da un punto di vista ambientale e creatrici di lavoro sul lungo termine per gli Italiani e protagonisti di una vera transizione ecologica.

Dissociazione fra normative e strumenti di pianificazione e politiche territoriali locali.

Nonostante l’esistenza di questi strumenti pianificatori generalmente ben fatti ci troviamo con questo green dilemma dove in pratica lo sviluppo delle rinnovabili segue meccanismi prettamente predatori con procacciatori di terreni da cedere che non tengono minimamente in considerazione i sistemi naturali o ambientali/culturali.

In tal modo, la Tuscia che ha già superato dieci anni fa gli obbiettivi europei da FER per il 2030 e non deve accettare nemmeno un solo impianto di fotovoltaico o eolico non integrati, si trova attualmente sommersa di progetti FER sull’intero territorio. Un piano di trasformazione del territorio da geotermia, FV a terra ed eolico e sprawl elettrico mai visto prima e questo all’insaputo della popolazione o in assenza di una VIA sull’insieme dei progetti.

*Adrian Moss è presidente di Italia Nostra della Tuscia