di Mirko Rauso (Altragricoltura – Mantova)
Mentre in parlamento si discute di agroecologia e nel lessico sono diventate di uso (e di abuso) comune i termini ecosostenibilità, ottica green e altre; le cronache riportano la notizia che una cordata di malfattori travestiti da imprenditori sono i responsabili dello sversamento di oltre 150000 tonnellate di fanghi tossici nei campi della pianura padana, colpendo anche la provincia di Mantova.
Se i metodi ricordano da vicino alcuni episodi di Gomorra, le intercettazioni riportano la totale meschinità dei soggetti di cui parliamo, la totale indifferenza delle loro azioni rispetto ai profitti che ne avrebbero ricavato. Eppure chi vive e lavora nel mondo agricolo non sarà rimasto scioccato.
Se non sempre si arriva ai livelli di crimine ambientale descritti dalla procura di Brescia, la devastazione dei campi agricoli è un dato diffuso, conseguenza di un sistema agroalimentare che si fonda su principi che nulla hanno a che fare con la qualità del cibo e dell’ambiente.
Semplifichiamo il ragionamento. Se della risorsa agricola, l’unico valore che viene perseguito è il profitto ad ogni costo, allora si aprono le porte ad ogni forma di speculazione, piccola o grande che sia. Si potrà, giustamente, sostenere che gli agricoltori dovrebbero essere i primi paladini della salubrità dei propri terreni; ma quali incentivi hanno nello scegliere l’agroecologia rispetto all’agroindustria?
Ecco, forse è su questo aspetto, più politico che morale, che bisognerebbe riflettere ed avviare un processo di profondo cambiamento del paradigma turbo-capitalista sempre più pervasivo nel mondo agricolo.
È compito della società sostenere la necessità di invertire la rotta suicida che si sta prendendo, ma è compito della politica mettere in campo gli interventi di legge per far sì che diventino realtà. Insomma, è ora di avviare una nuova riforma agricola basata sull’agroecologia e la sovranità alimentare.
[…] Ma la devastazione dei campi agricoli è la norma […]