Nasce il movimento sindaci antiglifosato

editoriale del 28.04.2021 di Nicola Digennaro*

Qualche giorno fa abbiamo dato la notizia riguardo all’ordinanza del Sindaco di Nepi, Franco Vita, che fa
divieto sull’impiego indiscriminato dei fitofarmaci in agricoltura e che viene contestata dalla Coldiretti e dalla
Provincia di Viterbo.
Ordinanza che ha trovato appoggio da parte dei sindaci del Biodistretto della via Amerina, i quali in un loro
comunicato stampa hanno dichiarato «L’aggressione della Coltivatori Diretti e di alcune associazioni di
produttori contro il sindaco di Nepi e contro quei comuni che vietano l’uso del glifosate, è irresponsabile e
dannosa per l’intero territorio. Irresponsabile, perché si vuole negare ai sindaci che hanno il diritto – dovere
di tutelare la salute delle loro comunità di usare “il principio di precauzione” nei confronti delle possibili
conseguenze del glifosate. Un erbicida pericoloso per la salute di agricoltori, giardinieri e cittadini come è
testimoniato da una letteratura scientifica sterminata e dalle decine migliaia di cause di fronte ai tribunali
americani contro la Monsanto – Bayer che questo erbicida ha prodotto e produce. Dannosa per il territorio,
perché l’uso scriteriato della chimica in agricoltura pregiudica la fertilità futura delle nostre campagne
e inquina quel bene primario che è l’acqua. Ancora una volta si privatizzano i guadagni e si socializzano i
danni». Come non esser d’accordo con questa presa di posizione?? Non si può difendere l’agricoltura e i suoi
frutti ed essere nello stesso tempo per le pratiche dell’agrobusiness.
Stessa dinamica accadde in merito all’uso del glifosato sui vigneti che producono il Prosecco DOCG, dove il
Governatore veneto, Luca Zaia, espresse un netto no senza appello al suo uso e si trovò l’opposizione del
Presidente della Coldiretti di Pordenone che dichiarò pubblicamente «Siamo attenti a quello che fa il Veneto,
abbiamo in comune lo stesso mercato e il medesimo bacino di approvvigionamento, ma in provincia di
Pordenone al momento non vediamo alternative all’uso del glifosato nei vigneti: tutte quelle sondate
risulterebbero troppo costose e non sostenibili economicamente».
Ma bisogna domandarsi, in generale, tra i costi sono stati compresi anche quelli che ricadrebbero sul sistema
sanitario?? Infatti, ormai, la ricerca scientifica dimostra in modo inequivocabile che qualsiasi esposizione a
pesticidi è un fattor causale dell’aumento nell’incidenza di cancro, malattie respiratorie, Parkinson, Alzheimer,
Sla, autismo, infertilità, disordini riproduttivi, e così via. In particolare sono suscettibili all’esposizione i
bambini, fin dalla fase di gravidanza.
Oltretutto da questo è lapalissiano che molte di queste malattie portano alla morte e quindi alla perdita di un
familiare.
Inoltre, è importate rammentare come il glifosato sia un diserbante chimico brevettato che distrugge ogni entità
vivente con cui viene a contatto. Lo “Stato dell’ambiente 2020”, il rapporto firmato dall’Agenzia Europea
dell’Ambiente, ha evidenziato come l’uso intensivo di pesticidi ha comportato una riduzione della popolazione
di insetti e della produzione di semi da parte delle piante, riducendo così la disponibilità di cibo per gli uccelli.
Inoltre, i recenti studi condotti nella penisola dello Yucatán, nel Messico sud-orientale i cui contenuti sono stati
presentati nel recentissimo Global Symposium on Soil Biodiversity organizzato dalla FAO, tra il 19 e il 22
aprile scorsi. «Il glifosato e il suo principale metabolita, l’AMPA, possono restare nel suolo anche ad anni di
distanza dalle applicazioni» ha spiegato nell’occasione Esperanza Huerta Lwanga, ricercatrice presso
l’Università olandese di Wageningen e i danni sono evidenti. È stato evidenziato, soprattutto, come l’uso del
glifosato impatti negativamente sulla sopravvivenza dei macroinvertebrati (coleotteri, crostacei, lumache, ecc.)
che sono essenziali per la salute del suolo. Questi organismi giocano infatti un ruolo chiave nella fornitura
di servizi ecosistemici, partecipano alle varie interazioni naturali e sono un vero e proprio indicatore biologico
della qualità stessa del terreno. Indicatori biologici, peraltro richiamati e/o salvaguardati da diverse norme
interne ed internazionali.
È da sottolineare, come ad oggi, nonostante l’inettitudine dello Stato italiano nel legiferare un netto divieto
sull’utilizzo del glifosato e dei pesticidi chimici, molti Sindaci stanno prendendo iniziative in tale direzione,
molti lo fanno già da diversi anni.
Si sta creando così, un movimento dal basso di “COMUNI ANTIGLIFOSATO” per la SALUTE DI TUTTI,
anche delle future generazioni,per la TUTELA DELL’AMBIENTE e per il FUTURO DELL’AGRICOLTURA.
Infatti, basti pensare all’ordinanza di pochissimi giorni fa del Comune di Tarzo (Veneto) che ha rinnovato il
divieto dell’utilizzo di prodotti erbicidi o fitosanitari contenenti il principio attivo del glifosate sul territorio
comunale fino al 31 dicembre 2021.
Oppure, continuando con qualche altro esempio al Comune Vallarsa (Trentino Alto-Adige), dove, dal 2014, chi
non coltiva bio deve attivare una polizza assicurativa per il risarcimento di spese e danni prodotti
dall’inquinamento causato dalla sua attività, mentre, se fa biologico, deve certificare di non usare sostanze
dannose. Senza certificazione l’azienda agricola bio che vuole operare a Vallarsa deve avere una polizza
assicurativa o una fideiussione come garanzia.
Il Comune di Carmignano (Toscana) ha vietato l’utilizzo e lo spandimento dei diserbanti contenenti glifosate su
tutto il territorio comunale, aree pubbliche e private, agricole ed extra agricole. Una misura, si legge
nell’ordinanza, «necessaria ai fini della tutela della salute pubblica, della falda idropotabile e del suolo».
E così anche Comune di Belluno (Veneto), di Enna (Sicilia), di Melpignano (Puglia), di Occhiobello (Veneto),
Buccine (Toscana), di Tollo (Abruzzo) e si potrebbero citarne tanti altri.
In conclusione un concetto dovrebbe essere chiaro a tutti, la questione di produrre cibo sano e senza chimica è
una questione di DEMOCRAZIA interna e globale.
Tutelare la salute di ogni individuo da ciò che è nocivo dovrebbe essere garantito, prima di tutto dallo Stato e
dall’UE in modo organico e lungimirante, e non, come avviene in modo encomiabile dal basso, attraverso
l’opera dei Sindaci.
Un’altro aspetto della democrazia è la TUTELA DEI BENI COMUNI, come è l’ambiente, il paesaggio,
l’acqua, l’aria ed il suolo. Quindi, senza dubbio, serve un cambio di paradigma, l’alternativa c’è ed è
l’AGROECOLOGIA.
Più le reti di agricoltori e cittadini ne prenderanno consapevolezza e più si diffonderà il CAMBIAMENTO
verso un sistema alimentare sano, accessibile a tutti, e garante dei diritti dei lavoratori.


*Avvocato per i Diritti Umani e della Natura, Alleanza per la Sovranità Alimentare