350.000 euro per un ecommerce, inseguendo la modernità per arrivare comunque in ritardo

da “Braccia sottratte all’agricoltura”,
il blog personale di Gianni Fabbris su Iafue

C’era una volta l’Alleanza Contadini che nei primi decenni del dopoguerra seppe interpretare la modernità. Il sistema feudale del latifondo tramontava sotto i colpi delle lotte contadine e la posta in gioco era dare rappresentanza agli agricoltori ed ai coloni che dalle campagne avrebbero contribuito a costruire la nuova Italia democratica. Lo fece in alternativa al blocco conservatore della Coldiretti, riuscendo a garantire la costruzione di uno spazio per “le organizzazioni contadine unitarie e democratiche, e assicurarne il coordinamento, innalzando e portando avanti, nella concreta realtà dei propositi e dell’azione comune, la bandiera dell’unità, del riscatto e del progresso di tutti i contadini italiani”.

Poi vennero gli anni della CIC prima e della CIA poi … e i suoi dirigenti devono aver rotto l’orologio senza riuscire a ripararlo evidentemente. Sempre fuori tempo e sempre scavalcati dagli avvenimenti, incapaci di interpretare le trasformazioni nel tempo, seguendo e subendo la deriva di quella parte politica da cui non hanno mai saputo affrancarsi e di cui sono diventati un imbarazzante retaggio.

Si, imbarazzo è la parola giusta per descrivere la prima reazione nel leggere gli articoli pubblicati nei giorni scorsi da Agricolae.eu (la testata di informazioni dedicata all’agricoltura) e dedicati ai siti web realizzati dalla CIA. Basta il titolo per coglierne il senso: “Dal terremoto al Covid, ogni occasione per la Cia è buona per fare un sito. 4 in 6 anni per oltre 1/2 milione euro. Ma i primi tre non esistono o non funzionano”.

Continua Agricolae.eu (che sulla vicenda propone una inchiesta): “La Cia guidata da Dino Scanavino, e da Claudia Merlino, punta, da anni, sulla caciotta on line. E i due ci riprovano, per la quarta volta, a fare una piattaforma con cui vendere il made in Italy sul web. Per una spesa complessiva negli anni di oltre mezzo milione di euro.”.

E allora, incuriositi, siamo andati a “vedere le carte” e leggiamo che l’e-commerce è proposto come “il primo e-commerce degli agricoltori italiani”. Evviva, finalmente! La CIA ha scoperto quello che migliaia di blogger, imprese, hobbysti e professionisti italiani praticano da decenni: l’e-commerce. Uno strumento tanto diffuso da essere ormai inflazionato. Ma tant’è! Forse la novità sta nel fatto che invece di riproporre lo stantio cliché degli e-commerce come “vetrina di un qualsiasi negozio” sarà una proposta innovativa nella modalità di rapporto fra i produttori e i cittadini, di marketing oppure che invece di usare i dozzinali e approssimativi strumenti free messi a disposizione dalle piattaforme web proporrà strumenti infallibili e professionalmente avanzatissimi.

Vediamo di cosa si tratta, leggendo le pagine dell’inchiesta di Agricolae.eu.

Dando conto della presentazione che il presidente della Cia Dino Scanavino fa del “nuovo sito creato con i 350mila euro di Jp Morgan al ministro per il Turismo Massimo Garavaglia”, Agricolae.eu constata che “effettivamente il sito Cia-JpMorgan funziona. L’ultima delle quattro piattaforme e-commerce fatte dalla Confederazione italiana agricoltori in sei anni da quando Dino Scanavino è presidente consente effettivamente – a differenza delle altre – di acquistare il prodotto agricolo che si sceglie”. Bene, dunque … se non fosse che….

“Il problema è trovare il prodotto da comprare. La scelta infatti è poca e la ricerca del sito da 350mila euro non è delle migliori, anche se si gioca facile sui prodotti simbolo del made in Italy e del territorio a vocazione agricola ed agroalimentare. Ma c’è di più, il costoso megasito è un po confuso e scambia il parmigiano con l’insalata e il pecorino con il pesto.”

Sarà stato un refuso, un piccolo impiccio! Invece Agricolae.eu prosegue: “Se si cerca invece del Parmigiano, sempre senza vincoli territoriali, il sito trova solo del Pesto alla ligure senz’aglio, sempre 130 grammi e della stessa azienda dell’insalata capricciosa. Oltre al pesto, sotto la ricerca del Re dei formaggi, risulta anche il Moscato passito al Governo di Saracena.”. Però! “Per una strana alchimia della costosa piattaforma, il Passito (stessa bottiglia della stessa azienda) compare anche se si cerca del Pecorino. Assieme a una salsa Rucolino. Ma niente pecorino. E, strano ma vero, per chissà quale intelligenza artificiale il Rucolino riappare come per magia anche se si cerca del Grana Padano. Niente formaggio ma due salse della stessa azienda, Rucolino e Oriental, assieme a della Polenta. E incredibile, il Rucolino riappare con insistenza anche se si cerca della pasta.”.

Anche noi abbiamo fatto qualche verifica riscontrando questi e altri problemi e sebbene poi Agricolae.eu riferisca che a fronte dell’annuncio che le imprese coinvolte siano un migliaio, in realtà sarebbero circa un centinaio, ci chiediamo come sia possibile un meccanismo per cui se ordini (come abbiamo provato a fare) 7 referenze per un totale di 3.5 kg di pasta (vegana da farina macinata a pietra)… la spedizione costi più del prodotto (€ 22.30 la pasta nel carrello, € 23.30 la spedizione. Dove sta l’innovazione? Dove l’interesse dei “cittadini”?

In verità non ci sembra ci sia una grande innovazione ma la riproposizione di un modello ormai superato, quello che riproduce sul web lo scaffale della GdO. Con i consumatori in fila davanti alle casse a scegliersi il cibo in funzione del proprio censo.

Che questo avvenga spingendo fisicamente un carrello o spingendo un click, altro non è che la riproposizione dell’esistente. Ovvero di una relazione di mercato che svuota di diritti e contenuti il cibo e la relazione attiva che lo determina. Una relazione in cui i “fruitori” e i “produttori” alimentano la loro relazione “progettando” e “modificando” il cibo in funzione di processi partecipativi e di responsabilità.

Il contrario, cioè, di quanto accade in una GdO che vede stringere le proprie prospettive per il futuro di fronte al crescere delle due domande che salgono dalla società: quella del prezzo che garantisca il diritto al cibo sano, nutriente e sicuro e quella che dentro vi siano i diritti sociali e agroambientali.

E’ in questa sintesi che sta oggi la frontiera dell’innovazione e della modernità su cui ricostruire l’Unità e l’Alleanza. La tecnica, i nuovi mezzi dell’innovazione informatica e delle reti sono occasioni inedite e straordinarie se vengono finalizzate e usate per obiettivi e finalità coerenti a definire una modernità fondata sulla giustizia sociale.

Come nel dopoguerra delle lotte contadine l’Alleanza Contadini seppe parlare al futuro di chi si batteva contro le baronie del latifondo, oggi il futuro sta nel dare una prospettiva ai cittadini ed ai produttori contro le nuove baronie della speculazione finanziaria e delle multinazionali proprio come quella JP Morgan che la CIA si è scelta come partner.

Altrimenti sono solo la riproposizione del vecchio che ci stiamo già lasciando alle nostre spalle. A prescindere da quanto costino.

Un consiglio: se volete riagganciare il treno della modernità potete risparmiare i 350.000 euro, basta andare dall’orologiaio per farvi riparare e risincronizzare l’orologio…. è quasi gratis, servono scelte non soldi.