LOTTO (marzo) per la TERRA.

editoriale a cura di Katya Madio

Un 8 marzo particolare quello del 2021. Anche la Giornata internazionale della donna deve fare i conti con le restrizioni legate alla pandemia, ma trova nuove strade per continuare la riflessione sui diritti, sulla parità di genere e purtroppo anche sulla violenza, senza dimenticare il grande contributo di energia, creatività e passione che le donne hanno contribuito a riversare ieri sera come lo fanno normalmente nelle loro imprese quotidiane.

Ed ecco che, come quando abbiamo iniziato l’avventura del collettivo Tutte Giù per Terra, siamo scese in campo insieme affinché siano principalmente le donne a opporsi allo sfruttamento e all’emarginazione che da sempre ci accompagna, sull’onda del pensiero delle donne de La Via Campesina, fermamente decise a rompere il silenzio, le righe, gli schemi contribuendo a costruire un femminismo contadino e popolare che rappresenti la base culturale della nostra battaglia, rivendicandola per tutte quelle donne che oggi non possono farlo.  

Sono ancora tante, troppe, infatti le frasi, gli stereotipi e i luoghi comuni che non vogliamo più sentire. Sono ancora tanti, troppi, gli episodi di violenza contro di noi.

Nella giornata dedicata alle donne, alle nostre lotte, ai nostri diritti ancora negati di cifre aberranti ne sono venute fuori tante…troppe.

Nessun Paese del mondo, ad oggi, ha raggiunto l’uguaglianza di genere. Un’indagine delle Nazioni Unite riportata dal quotidiano inglese The Guardian, evidenzia dati eclatanti: in media il 90%, di cui il 91% degli uomini e l’86% delle donne, nutre ancora almeno un pregiudizio nei confronti delle donne in tema di diritti politici, economici, riproduttivi, legati all’istruzione o alle violenze di genere.

Il Programma per lo sviluppo dell’Onu, ha diffuso il report Tackling Social Norms: A Game Changer for Gender Inequalities. Questo rapporto, che ha riguardato 75 Paesi, indaga le disparità di genere nel mondo attraverso un indice specifico, il Gender Social Norms Index (GSNI), che misura il modo in cui i pregiudizi sociali ostacolano la parità di genere in settori come la politica, il lavoro e l’istruzione. Dal 1995, la parità di genere non solo avrebbe subito una battuta d’arresto ma ci sarebbe stato anche un forte arretramento.

Dallo studio emerge, ad esempio, che almeno la metà della popolazione ritiene che gli uomini siano leader politici migliori rispetto alle donne; una visione condivisa da 4 persone su 10 anche in ambito economico-imprenditoriale. Nei fatti, questa percezione si riflette nei salari. Per non parlare della violenza di genere, spesso perpetrata tra le mura domestiche.

IL VII Rapporto Eures sul femminicidio dice che nel XXI secolo le donne uccise in Italia sono state 3.344.

Ai dati dobbiamo anche aggiungere un’analisi Istat sulle vittime di violenze. Secondo l’istituto di statistica, in Italia al 2014 il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Significa circa 7 milioni di donne che, almeno una volta nella vita, sono state vittime di qualche tipo di violenza. Il 20,2%, cioè 4 milioni e 353 mila donne hanno subito violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).

Dati che fanno paura.

Ecco che il pensiero allora non può non andare al mondo agricolo e in particolare alle donne braccianti, sia esse italiane che migranti, come Paola Clemente o Eris Petty Stone; donne violate, private della loro dignità, dimenticate, cancellate come se non esistessero; vite quelle delle lavoratrici che con Maria Concetta Stancampiano, dirigente del sindacato Sifus Confali abbiamo evidenziato come prima di essere ricordate per l’ultimo drammatico e fatale gesto, spesso subìto a causa del loro aguzzino, sono state madri e donne coraggiose che hanno continuato a donare amore nonostante i soprusi.

Quella contro la violenza del patriarcato é una lotta globale, che si sviluppa in ogni angolo della Terra e si mostra in forme diverse, in contesti diversi.

Solo ieri Papa Francesco, nel suo viaggio a Kaboul, ha ricordato le donne, il loro coraggio, la loro forza e ha sottolineato la necessità che esse siano rispettate e tutelate…affinchè venga loro data attenzione e opportunità.

In un giorno in cui tutte le donne rivendicano la necessità ad una parità ancora inesistente, abbiamo voluto ricordare a tutti chi siamo e cosa noi donne facciamo ogni giorno all’interno delle nostre comunità.

Lo abbiamo fatto attraverso le parole di Gea Piccardi, ricercatrice, che ci ha raccontato la lotta al patriarcato e i progetti di vita delle donne curde nel Rojava liberato, soffermandosi sul contesto rurale: il villaggio ecofemminista di Jinwar.

Ma non é soltanto in Rojava che le donne si fanno portatrici di progetti di vita alternativi.

Il racconto ritorna ai nostri territori, quelli dell’alta Irpinia attraverso Maria Laura Amendola che con passione e forte innamoramento ci ha sottolineato il perchè della restanza, quando il ricordo del passato si innerva con il presente.

Infine il racconto di Miriam Corongiu ci ha ricordato che il nostro essere individualità passa spesso per diverse fasi di crescita individuale in cui grazie a un percorso di femminismo rurale e ad una riflessione continua come contadina e come attivista si possa prendere coscienza del fatto che la nostra vita diventa importante, senza esibizioni, senza protagonismi.

Valorizzare le differenze, sovvertire i paradigmi dominanti, auspicare una maggiore partecipazione femminile, usare le parole adatte dunque. Tutto questo è stata la puntata dedicata a noi donne. Questo e molto altro. L’inizio di un cammino di conoscenza, d’incontro, di studio che ci sollecita a profonde riflessioni collegate dai più all’etichetta ‘femminismo’, usata spesso come spauracchio e quasi offesa in ammiccanti battutine fintamente ironiche, invece che come punto di riferimento storico fondamentale e prestigioso.