Se il COVID oramai ha imposto ad ognuno di noi restrizioni sulle libertà personali fino a non permetterci più di viaggiare inibendo qualsiasi spostamento, uno spazio informativo come Iafue contribuisce senza alcun dubbio a rendere vicino quello che non lo è e ad aprire finestre su realtà poi non così distanti.
E’ quello che è accaduto oggi nei tre diversi momenti in cui Iafu ha affrontato le questioni dell’Agroalimentare nel Mediterraneo; un viaggio interessante verso il quale siamo stati introdotti da Gianni Fabbris con lo Spaventapasseri, rubrica del mattino, che ha dato conto del lungo lavoro di questi anni con cui Altragricoltura ha affrontato questo nodo cruciale per i nostri agricoltori, gli allevatori, i pescatori e tutti i cittadini. Si legge nei documenti illustrati: “Un processo, quello che ha visto attiva l’Europa nel Mediterraneo con gli accordi bilaterali di libero scambio di cui l’Italia è stata protagonsita nei decenni scorsi, che, nei fatti, ha trasformato le economie agrarie dei Paesi del Nord Africa e del Est del Mediterraneo, da luoghi della produzione agricola orientata al consumo interno a quello della produzione per l’export di materie prime alimentari in cambio di prodotti trasformati e che, nei fatti, ha prodotto la scomparsa dell’agricoltura famigliare in quei luoghi, per sostituirla con l’impresa agricola industriale capitalista. Un processo che ha espropriato terre, trasformato economie agrarie secolari, espulso contadini ed allevatori dalle terre fertili del Nord Africa (che alla fine paga il prezzo dell’impoverimento di larghe fasce popolari legate all’agricoltura famigliare ma anche quello terribile di essere diventato completamente dipendente dal sistema delle esportazioni verso i nostri mercati e di essersi impoverito in termini assoluti indebitandosi nei nostri confronti) ma che produce gravissimi guasti nei Paesi del Sud Europa ed in particolare nelle campagne italiane.”
Giuliano D’Antonio, presidente di FON Med, la Fondazione Sud per lo sviluppo e la cooperazione nel Mediterraneo, con il suo editoriale dal titolo “25 anni dopo Barcellona, è il momento di riaprire la discussione sul Mediterraneo” ci offre una lettura lucida dei problemi e delle opportunità di fronte a noi. La fotografia che ne emerge è quella di un Mediterraneo complesso in cui i 21 Paesi che vi si affacciano, popolato da oltre 500 milioni di abitanti, sono per di più dediti all’agricoltura (ossia più del 30% della popolazione). Una realtà quella agricola, come sottolinea anche D’Antonio nel suo intervento, piena di fratture e realtà diversificate come le regioni a nord e a sud del Mediterraneo, le aree costiere urbanizzate e meglio sviluppate e quelle interne sempre più desertificate sia in termini economici che sociali e ambientali. Questa ricchezza può diventare valore ma, perchè accada, è urgente mettere mani a un progett che i porti oltre l’approccio mercatista e valorizzi, al contrario, le grandi potenzialità delle tante aree e diversità agricole del mediterraneo.
Ed è proprio da una di queste, da una realtà interna come quella dell’Epiro, nella zona Arta una, cioè delle zone più povere poste al confine tra Abania e Grecia, che è emersa, in tutta la sua criticità, l’interessante testimonianza di Babis Peslis, agricoltore olivicolo.
Il suo racconto, raccolto durante lo spazio autogestito della Cassetta degli attrezzi oggi dedicata al percorso che Altragricoltura sta promuovendo in preparazione del Forum Mediterraneo per la Sovranità Alimentare è stato un racconto prezioso.
Grazie alla traduzione in simultanea di Katerina Giannaki (responsabile internazionale di Altragricoltura, attiva fra i movimenti rurali greci) abbiamo ascoltato dalla voce dell’agricoltore greco parole e problemi comuni a tutti i nostri agricoltori, perché, evidentemente, comune è la profonda crisi che aattraversa tutto il comparto agricolo dell’Europa del Sud in cui i produttori ne sono sempre più strozzati e il potere delle multinazionali e della speculazione impone la legge della crisi (quella che accumula nella mani della finanza e della commercializzazione i vantaggi e scarica sui territori, i cittadini e i lavoratori i costi ambientali, sociali ed economici). Con l’obiettivo di realizzare una Zona di Libero Scambio che compia fino in fondo l’eliminazione delle barriere e dei dazi doganali, generando una guerra tra poveri su prodotti agricoli coltivati da entrambe le sponde del nostro , senza politiche reali di integrazione e riequilibrio le tensioni tra agricoltori del sud-Europa e quelli del sud-Mediterraneo sono e saranno sempre più forti.
Fenomeno reso ancor più acuto, come ci ha spiegato Babis, per il disinteresse dei governi nazionali ed europei, sordi a quanto definito nel 1995 con la “dichiarazione di Barcellona”: l’atto fondatore di un partenariato tra l’Unione Europea e i dodici paesi del sud del Mediterraneo.
La partnership che aveva lo scopo di realizzare uno spazio comune di pace e stabilità attraverso un forte sviluppo di cooperazione economica, finanziaria, sociale e culturale ha fallito miseramente il suo obiettivo rendendolo nella realtà molto lontano dalla sua applicabilità.
Anche per questo, per Altragricoltura, è importante e strategico mettere in campo uno spazio nuovo costruito dal basso che coinvolga le realtà sociali impegnate a resistere alla crisi ed a costruire il Mediterraneo dell’agroecologia, della pace, dei diritti e del lavoro.
Il Forum Sociale della Sovranità Alimentare nel Mediterraneo che Altragricoltura si propone di realizzare entro la prossima estate tra le reti internazionali e a cui la rubrica autogestita prova ad aprire la strada alla discussione, e propone agli attori sociali che si occupano di agricoltura, ambiente, territorio, diritti di affrontare l’importante tema di come può lo sviluppo rurale del sud e del Mediterraneo divenire equilibrato e come si può costruire uno spazio ed una rete comune di iniziativa