Idrogeno, serve una strategia nazionale

Iafue PerlaTerra – 28.10.20
Editoriale di Angelo Consoli*

E’ stato recentemente annunciato che il governo sta predisponendo una strategia nazionale per l’idrogeno in conseguenza della strategia europea annunciata l’8 luglio di quest’anno dalla Commissione Europea con la Comunicazione COM301 “A HYDROGEN STRATEGY FOR A CLIMATE NEUTRAL EUROPE.
La strategia dell’Italia mira, secondo le dichiarazioni del governo, a promuovere una filiera italiana del settore con interventi specifici in alcune aree come il blending con il metano, i trasporti pesanti e alcuni cicli industriali. Qui si nota subito una sfasatura rispetto agli obiettivi europei. Infatti il settore che dovrebbe essere il principale date anche le caratteristiche meteorologiche del Paese, quello dell’idrogeno da fonti rinnovabili, non viene nemmeno menzionato, pur essendo esso il principale fulcro della strategia europea. ma vediamola meglio. La strategia per l’idrogeno viene presentata come complementare alla nuova strategia industriale proposta dalla Commissione a marzo scorso2, come parte del pacchetto di misure per il Green Deal Europeo annunciato a dicembre scorso con l’obiettivo della neutralità climatica (=emissioni zero) entro il 2050.
La Commissione afferma senza mezzi termini che la priorità è data all’idrogeno verde (ossia quello prodotto unicamente da elettrolisi con energia da fonti rinnovabili), mentre l’idrogeno da fonti fossili viene considerato contrario alle strategie europee salvo che non si tratti di idrogeno cosiddetto “blu” (ossia ottenuto da un processo di reforming dal gas naturale senza emissioni di CO2 che dovrebbe essere catturata e sequestrata con un processo noto come CCS, Carbon Capture and Storage).
E’ importante sottolineare come questa tipologia di idrogeno “low carbon”, seppur menzionata, non è prioritaria per la strategia europea. Infatti secondo la Commissione, essa dovrebbe giocare un ruolo non a lungo termine ma coprire il breve e medio termine a causa della sua pretesa (conclamata e mai dimostrata) convenienza economica rispetto all’idrogeno verde.
Sul piano terminologico è importante sottolineare come la Commissione sia estremamente precisa e non lasci porte aperte ad interpretazioni di comodo. Infatti si prevede una esplicita distinzione fra un “Electricity based hydrogen” (idrogeno derivato da elettricità che potrebbe ad esempio essere anche da fonte nucleare) e un “Renewable hydrogen” (idrogeno prodotto da elettricità di sicura fonte rinnovabile). Ebbene, solo la seconda tipologia si qualifica come “clean hydrogen” e può dunque ricevere finanziamenti europei sotto forma di DSS (Direct Support Scheme) che verranno attribuiti attraverso procedure competitive “all’interno di un mercato dell’idrogeno e dell’elettricità trasparente, efficiente e competitivo”.

Guardiamo ora ai numeri: la European Hydrogen Strategy prevede un investimento nell’idrogeno blu in una forchetta fra i 3 e i 18 miliardi di euro entro il 2050, mentre alla stessa data si prevedono investimenti nell’idrogeno verde da fonti rinnovabili pari a una forchetta fra i 180 e i 470 miliardi di euro.
La Strategia europea per l’idrogeno pone degli obiettivi in termini di tecnologia degli elettrolizzatori e non delle fuel cell, che rappresentano apparati neutri nel senso che esse possono funzionare sia con idrogeno verde che con idrogeno prodotto da idrocarburi. Questi obiettivi prevedono che il mercato degli elettrolizzatori sia di all’incirca 24 / 42 miliardi entro il 2030, a cui va aggiunta una cifra oscillante fra 220 e 340 miliardi per gli impianti di energia rinnovabili necessari a produrre l’elettricità per quegli elettrolizzatori e 65 miliardi di Euro per gli apparati necessari per il trasporto, la distribuzione, l’accumulo e le stazioni di rifornimento stradale per l’idrogeno così prodotto,
Per essere ancora più precisi, la Commissione non si limita a indicare le cifre del mercato degli elettrolizzatori, ma ne indica anche le dimensioni in termini di capacità installata, visto che i prezzi sono volatili e potrebbero variare in conseguenza delle economie di scala generate dalla crescita dei mercati. La strategia europea prevede dunque che ci siano 6 GW (= 6000 megawatt) di elettrolizzatori installati entro il 2024 , 40 GW entro il 2030, e 500 GW entro il 2050. Per raggiungere questi risultati, bisognerà mettere in campo uno sforzo senza precedenti se si tiene presente che attualmente la capacità produttiva di elettrolizzatori in Europa è inferiore a 1 GW per anno, e il più grande elettrolizzatore in fase di costruzione ha una capacità DI 10 MW.
In altre parole, l’UE prevede che per l’idrogeno verde, si debbano spendere all’incirca 382 miliardi di Euro (elettrolizzatori più rinnovabili correlate) entro il 2030, mentre la spesa prevista per l’idrogeno non rinnovabile non supera i 18 miliardi di Euro addirittura fino a tutto il 2050.

La strategia per l’idrogeno della Commissione introduce la nozione dell’ecosistema dell’idrogeno da sviluppare in Europa, in cui tutte le tecnologie dell’idrogeno sul lato della offerta e sul lato della domanda, devono essere sviluppate in parallelo a differenti livelli di velocità e con differenti traiettorie (terminologia usata nel documento). Per questo il documento della Commissione introduce anche le nozioni complementari degli “Hydrogen Clusters” e delle “valli dell’Idrogeno” da sviluppare a livello locale in conformità alla tipologia di insediamenti industriali e produttivi presenti in ogni regione. In una prima fase, quella dal 2020 al 2024 (in cui è prevista come abbiamo visto l’installazione di 6 GW di elettrolizzatori per l’idrogeno rinnovabile), la produzione di idrogeno verde nell’ecosistema europeo, si dovrà attestare su almeno 1 milione di tonnellate, mentre nella seconda fase, quella al 2030 (per cui è prevista l’installazione di almeno 40 GW di elettrolizzatori), la produzione si dovrà attestare su almeno 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile nell’UE. Sulla base di questa analisi economica, la Commissione conclude che:
” La priorità per l’UE è lo sviluppo di idrogeno rinnovabile, prodotto utilizzando principalmente energia solare e eolica. L’Idrogeno rinnovabile rappresenta la l’opzione più compatibile con gli obiettivi di neutralità climatica e inquinamento zero dell’UE e e a lungo termine rappresenta anche l’opzione più coerente con un sistema energetico integrato. La scelta dell’idrogeno rinnovabile aumenta la capacità industriale europea nel settore degli elettrolizzatori, nuovi posti di lavoro e crescita economica in UE e sostiene un sistema energetico integrato che sia economicamente conveniente. All’orizzonte del 2050, l’idrogeno rinnovabile dovrà essere progressivamente installato su larga scala in tutti i nuovi progetti di impianti di energia rinnovabile, approfittando anche della progressiva maturazione della tecnologia e della diminuzione dei costi di produzione. Questo è un processo che deve cominciare adesso.”4
A fronte di questa innovativa strategia europea cosa sta facendo e cosa dovrebbe fare l’Italia? Come faremo a raggiungere gli obiettivi ambiziosi l’idrogeno, per creare le condizioni minime di mercato dell’idrogeno, rimuovere le barriere normative per lo sviluppo di infrastrutture efficienti per l’idrogeno? E’ sufficiente il solo “repurposing” delle infrastrutture esistenti, o bisogna avviare un grande processo di risanamento del territorio e di valorizzazione attraverso l’idrogeno verde, delle risorse economiche, umane e naturali sul piano locale, come raccomandato dalla European Hydrogen Strategy? In particolare non sarebbe il caso di cominciare a pensare a sistemi di incentivi economici simili a quelli posti in essere con il “conto energia” nel 2007, quando la Commissione Europea fece una scelta analoga per promuovere le rinnovabili in un nuovo modello energetico europeo che venne denominato 20 20 20, perché poneva un triplice obiettivo del 20% per l’abbassamento delle emissioni, l’innalzamento dell’efficienza energetica e la quota di rinnovabili nel mix energetico europeo? In fondo la situazione del mercato dell’idrogeno odierna ricorda molto quella delle rinnovabili in quel periodo.

Angelo Consoli è il direttore dell’Ufficio Europeo di Jeremy Rifkin, autore di diverse pubblicazioni e presidente del Cetri-Tires