E il cuoco disse: dignità vò cercando…

Giacinto è un cuoco.
Giacinto cucina tutto quello che qualcuno, Antonio Franco, Michele produce.
Molto si irrita Giacinto se alla domanda: chi produce questo? si risponde non sò, il mercato….
Diventa così un qualcosa, una cosa qualsiasi. Qualcosa generalmente generato da un ente, una ditta, un’impresa.
Qualcuno è la persona o più persone che come me, come noi, generano all’origine il cibo, selezionandolo, curandolo, raccogliendolo, e che Giacinto ora cucina.
Guardiamo adesso la TV. Una fra le tante. Verso l’ora di pranzo o di cena. Con sfavillio di luci, con pornografiche inquadrature di ortaggi perfetti, fra grida e canzonette, appaiano quei prodotti, quelli di Michele, Antonio, Franco, ormai ridotti a merce che altri manipolano, trasformando con più o meno sapienza, tutto ciò in piatti, in cibo.
Succede, quindi che quelli che il cibo davvero lo producono, scompaiano, negati ai più, per essere menzionati solo in rare occasioni divenendo al massimo un nome posto al limite di qualche un noto sponsor. Il Mondo Contadino è tutto qui, in questa sequenza esistenziale.
Genitrice del mondo, produttore di ogni bene e fra i beni il più essenziale, il cibo, non ha dignità, non ha nome. Si inabissa appena ha prodotto quello per cui, ragionando e lavorando, ha raccolto; spesso (sempre) dando di più di quello che riceve ma non ricevendo tutto quello che gli spetta.
Ed in questa assenza di comunicazione con il consumatore, anch’esso è perdente. Perde quel flusso di conoscenze vere, non pubblicitarie, non da Mulino Bianco, dove il consumatore è la gallina ipnotizzata dal bravo affabulatore. Il cibo è scambio, simposio, socialità. E’ Madre che nutre e accoglie, è padre che raccoglie ed offre. Fuori da ciò il cibo è merce, solitudine, bulimia.
Se ci si sente consapevoli di questo, se questo è ciò che realmente accade, è possibile rendersi conto che si avvelena il presente ed il futuro, del mondo rurale.
Allora mi sembra utile e necessario che occorra concentrarsi sul perché ciò accade affidando all’inesistente dialogo fra produttore e consumatore un protagonismo importante in questa vicenda. Quello che l’industria alimentare multinazionale, con il suo corredo di ‘distributori ipermercatali’, impone nei campi prima, sugli scaffali poi, è la malattia che impedisce alla dignità rurale di dialogare con il mondo.
Il mondo della rappresentatività Sindacale si faccia carico della soluzione di questa cesura, nei modi che sono più a lei confacenti. Metta in moto meccanismi, competenze, saperi che pure possiede e, impari a comunicare al mondo che produrre non è tutto, che il cibo è frutto del lavoro di è Michele, Antonio, Franco…sottraendoli ad una condizione di minorità e anonimato.
Una condizione che permetta ad Antonio che alleva polli, a Franco che produce grano, a Michele che coltiva piante, di avere il giusto posto nel mondo, di tornare alla dignità di un Nome. Ed a Giacinto di essere orgoglioso di rappresentarli nei suoi piatti.

Giacinto de Rosario – cuoco alimurgico