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Il 28 febbraio noi del Comitato per la Difesa delle TerreJoniche torniamo in strada, tra la nostra gente e lungo i percorsi di quella che, nel 2011, è stata l’alluvione più devastante che in questi anni ha messo in ginocchio territori e comunità e per la quale si è fatto pochissimo sul fronte dei risarcimenti e della prevenzione.
Sembra passato tanto tempo da quei giorni drammatici in cui la priorità era mettere in salvo persone e ricordi dal fango e dall’acqua eppure, non dimentichiamo.
Non si dimentica la rabbia, l’impotenza di non trovare risposte ma neanche la forza, la caparbietà e la grande crescita comune che oggi fa di noi un movimento consapevole e ampiamente riconosciuto, che ha saputo risvegliare la coscienza collettiva sui nuovi rischi e trasformando in impegno la consapevolezza.
Ognuno di noi è uscito dall’individualismo e dall’isolamento diventando cosciente di quanto non sia più solo nell’affrontare le prove della vita.
Siamo una comunità in cammino ed ognuno, con il suo passo, è parte del percorso.
Il Fatto. Nella notte fra il 28 e il 1 marzo 2011 caddero nell’isoieta più densa, ossia nel punto di concentrazione massima d’acqua fra Gravina e Matera, 130 ml di acqua.
La Regione Basilicata fu interessata da un’emergenza alluvionale dovuta alla presenza di una persistente perturbazione che colpì la maggior parte delle regioni del Sud-Italia. La situazione che i lucani hanno dovuto affrontare è stata drammatica considerando che ci si trovava di fronte a un territorio già fortemente indebolito da precedenti fenomeni alluvionali analoghi, verificatisi il 2 novembre 2010 e 18 febbraio 2011.
Dopo 15 ore di piogge l’area complessivamente interessata dalle esondazioni di cinque fiumi lucani: Bradano, Basento, Agri, Sinni e Cavone e il torrente Bilioso, ha avuto una superficie stimata in 500 chilometri quadrati, tutta riguardante la provincia materana. Epicentro calamitoso fu il Metapontino con circa 120 Km quadrati di territorio interessato che fu devastato da: danni alle infrastrutture, alle reti tecnologiche, alle strutture abitative e produttive, alle aziende agricole e zootecniche; numerose anche le strutture turistiche debellate.
Il Parco Archeologico inoltre, fucompletamente sommerso da oltre 80.000 mc d’acqua. Tutti i territori comunali che si affacciavano sul mar Jonio furono interessati dai fenomeni alluvionali con grado di danno diversificato, così come altri territori interni della Collina materana. Numerosi altri Comuni del Materano e del Potentino segnalarono dissesti idrogeologici di particolare gravità.
La Statale 407 Basentana, arteria di primaria importanza per la Basilicata, subì interruzioni al Km 37,00, all’altezza del comune di Calciano, perché sprofondata di circa due metri nel fiume Basento a causa del cedimento del pilone di un ponte, costringendo a incanalare il traffico su una viabilità secondaria, provinciale e locale, non in grado di garantire i normali volumi di traffico in condizioni di sicurezza.
Alle azioni di primo intervento intervennero il Genio Militare, con oltre 60 uomini con mezzi di movimento terra e idrovore come richiesto dal prefetto di Matera e coordinato d’intesa con la Regione, tutte le forze dell’ordine e di polizia, dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco al Corpo Forestale dello Stato.
Provvedimenti. La prima fase d’emergenza degli interventi venne rivolta all’assistenza dei nuclei familiari sgomberati, alla risoluzione immediata dei problemi di ordine igienico-sanitario determinati dalla morte di un numero ingente di bestiame, al ripristino della funzionalità delle principali arterie stradali e delle reti tecnologiche primarie (elettricità, acquedotti, fognature, comunicazioni).
In seguito furono programmate, al fine di favorire il ritorno alle normali condizioni di vita e di lavoro nelle zone più colpite, verifiche di staticità alle strutture sgomberate o comunque interessate dall’alluvione, il ricovero di animali recuperati vivi e lo smaltimento a norma di quelli morti (circa 300) con il conseguente sfangamento di strutture pubbliche e private.
Stato di calamità. A fronte di quanto detto la Regione Basilicata chiese ed ottenne lo stato di calamità naturale.
Stima dei danni. Una prima stima dei danni evidenziò che furono impiegati 1,8 mln di euro per la sola emergenza.
In agricoltura i danni certificati ammontarono, in un primo esame a 28,5 milioni, ma la conta si concluse assestandosi intorno ai 40 milioni. Le infrastrutture viarie ebbero danni stimabili intorno ai 50 mln di euro.
Per la Regione Puglia, invece, tra le zone maggiormente colpite da esondazioni e frane vi furono la provincia di Foggia, Barletta, Bari, Taranto, Brindisi e Lecce. Verrà accertato in seguito che i comuni che chiederanno lo stato di calamità naturale saranno 62.
Per la provincia di Taranto l’epicentro fu Marina di Ginosa, frazione di Ginosa, con conseguente allagamento degli abitati. Particolarmente colpite furono le contrade di Pantano e Marinella. La statale 106 jonica risultò interrotta nel tratto compreso tra Ginosa Marina e Metaponto, al confine con la Basilicata. Per le operazioni di soccorso i finanzieri impiegarono un gommone che, risalendo la corrente, si spinse fino alla foce del fiume Bradano costeggiando tutta la litoranea salentina fino a Ginosa Marina ed elicotteri. Le operazioni furono coordinate dalla Prefettura di Taranto.
Per la Puglia furono stanziati, 4,6 mln di euro a fronte di un fabbisogno di 160 milioni di cui la sola Marina di Ginosa attestò danni per 160 mln.
L’azione del Comitato. Grazie all’azione costante di TerreJoniche, istituito all’indomani dell’alluvione, che a avuto da sempre carattere interregionale intervenendo alternativamente ora in Basilicata ora in Puglia e consentendo che le piccole frazioni non fossero dimenticate ma ascoltate, furono stanziati gli stati di calamità e le conseguenti OPCM con un primo importo di 14,5 mln di euro per la Basilicata e 1,5 mln per Marina di Ginosa.
L’evento. A sette anni dall’alluvione, mercoledì 28 febbraio p.v., vogliamo ricordare tutto questo ma anche sensibilizzare e proporre.
In un viaggio, che sarà ancora una volta sarà itinerante, tra i luoghi i cui l’acqua del Galaso, a Marina di Ginosa, e quella del Bradano, a Metaponto presidio storico del Comitato, li rese irriconoscibili e uguali, cancellando divisioni geografiche e amministrative, continuando la nostra azione di lotta e di richiesta incessante a Parlamento e Governi regionali, presenteremo la proposta di dichiarare i Fiumi di Basilicata Patrimonio naturale dell’UNESCO istituendone il Comitato Promotore, la costituzione degli sportelli di assistenza ai cittadini e il Piano partecipato del rischio idrogeologico.
L’iniziativa si concluderà con un pranzo socializzante con quanti interverranno costituito da cibo contadino dove l’alimento più importante sarà la Pianta Sacra di Pitagora.