editoriale del 5.01.21 di Fabio Sebastiani*
Coldiretti, sempre Coldiretti. E ancora Coldiretti. Avevamo nelle orecchie ancora il fragore delle polemiche sulla vicenda di Agea e del ruolo di Papa Pagliardini proprio in relazione a quello di Coldiretti, finita in una interrogazione parlamentare urgente alla ministra dell’Agricoltura. Non avevamo ancora digerito del tutto il dossier circolato a fine 2020, anche questo oggetto di una interrogazione parlamentare, su Bonifiche ferraresi, senza contare la richiesta di chiarimenti sul rapporto tra Coldiretti e la multinazionale Philip Morris, che ecco spuntare ancora il nome di questa organizzazione di categoria delle imprese agricole, al centro, stavolta, della vicenda di Aras, e della pastorizia in Sardegna a scriverne è Paolo Manichedda, personaggio politico dell’isola che, sottolinea, giura di essersi deciso a prendere carta e penna per puro amore della verità.
Manichedda ha deciso di brindare al 2021 lanciando pesanti accuse alla Coldiretti, responsabile, a suo dire, di aver manovrato per affossare il polo pubblico di controllo e certificazione del latte e della salute degli animali. Manichedda muove contro Coldiretti, in un lungo articolo comparso sul sito Sardegna e Libertà, accuse molto precise.
Ricordiamo alcune delle operazioni svolte dalla Coldiretti in terra sarda o con gravi riflessi in terra sarda: 1) la liquidazione delle APA, con la conseguente migrazione definitiva nella penisola italiana di tutto il sapere genealogico sugli ovini e sui bovini della Sardegna; 2) la liquidazione dell’Ara, con l’intero sistema lattiero-caseario della Sardegna attualmente privo di sicurezza igienico-sanitaria; 3) l’attacco al Pecorino Romano, la più antica Dop sarda, attraverso il sostegno al marchio Cacio Romano; 4) l’acquisizione della Società Bonifiche Sarde da parte della società Bonifiche ferraresi.
Personalmente giudicai, continua Manichedda, “incomprensibile” la messa in liquidazione dell’ARAS da parte di due solerti dirigenti della Coldiretti, con il placet – per me ancora più incomprensibile – della Regione durante la Giunta Pigliaru con il rilascio della cosiddetta omologa alla modifica statutaria che di fatto autorizzò l’incomprensibile e ingiustificata liquidazione ( bilanci a posto e crediti verso la P.A. di svariati milioni di €).
Ora si dà il caso che la AARS, Associazione Allevatori della Regione Sardegna ha intrecciato il suo percorso con quello della pastorizia in Sardegna. “Si voleva chiudere l’Aras e far nascere dalle sue ceneri l’AARS”, accusa Manichedda “e per far questo si è pensato di mettere fuori gioco il sistema di garanzia sanitaria del latte in Sardegna? Si è diventati matti o si è talmente egemoni, prepotenti e impuniti da poter pensare di realizzare disegni così infausti?”
Ma la questione è ancor più grave, dati gli sviluppi in corso, per quanto riguarda l’acquisizione della Società Bonifiche Sarde da parte delle Bonifiche Ferraresi. “Fu un’operazione di privatizzazione, mi pare l’unica, portata a termine dalla Giunta Pigliaru in perfetta buonafede, cioè considerando Bonifiche Ferraresi una società avanzata del mondo agricolo, robusta finanziariamente al punto da avere Cassa Depositi e Prestiti al suo interno (e anche prendendo atto della cecità dimostrata dai soci della cooperativa di Arborea a non voler partecipare alla gara e a non percorrere neanche strade alternative che pure erano state indicate).”
Manichedda ricorda: “Adesso fioccano le interrogazioni parlamentari su un annunciato e denunciato incrocio azionario tra Bonifiche Ferraresi, la nuova società dei Consorzi agrari, la Coldiretti e quant’altro. Si capisce ora che a concorrere allora al bando sardo non fu un pezzo del mondo privato interessato a fare davvero agricoltura, ma un pezzo di finanza parapubblica interessata a fare finanza. Oggi quell’operazione è il tappo più vincolante alla bonifica del territorio di Arborea perché quelle campagne servivano a svuotare le stalle e ridurre il carico mentre oggi stanno dentro un gioco di capitalizzazioni, valorizzazioni e rendite non semplicissimo da intendere, ma sicuramente indifferente all’equilibrio ambientale delle campagne arborensi. L’informazione deformata ogni volta che c’è la Coldiretti di mezzo confuse il quadro di quel momento e ciò fu fatale per tutti noi.”
Sulla vicenda Philip Morris, l’unica a cui, stranamente, il ministero dell’Agricoltura si è degnato di una risposta.
Il senatore De Bonis insiste: “vale la pena ricordare che AGEA, oltre a essere l’Organismo pagatore italiano incaricato di gestire le erogazioni di aiuti, contributi e premi provenienti dall’Unione europea, è anche un Organismo di Coordinamento. Svolge cioè funzioni di vigilanza e coordinamento degli Organismi pagatori; verifica la coerenza delle loro attività rispetto alle linee guida comunitarie; promuove l’applicazione armonizzata della normativa comunitaria e delle relative procedure, monitorando le relative attività. Alla luce di queste importanti funzioni di controllo che AGEA è tenuta a svolgere, ho chiesto alla Ministra perché l’Organismo pagatore continui a fidarsi ciecamente di Coldiretti, stringendo con essa un rapporto privilegiato e ignorando i recenti (e passati) fatti giudiziari evidenziati dal TAR, dall’OLAF e dalla Procura di Bari che indagano sull’illecita acquisizione di fondi comunitari nel periodo 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020. Ho chiesto altresì, al fine di fugare l’esistenza di un cartello sulla gestione dei fondi comunitari, di verificare se vi sia una correlazione tra progetti approvati e iscrizioni alla Coldiretti, ovvero se i beneficiari dei progetti, oggetto di contestazione, siano in prevalenza associati Coldiretti”.
Bellanova ha risposto parlando di abbaglio da parte di De Bonis, ma su tutto il resto c’è un rigoroso silenzio. O meglio, no. Fioccano per il momento le querele di Coldiretti.
Questa è l’Italia che si appresta a discutere di nuova Pac. Un panorama sconcertante. Questa è la politica che doveva guidare il Paese verso il rinnovamento. Sembra, al contrario, un regime che tenta di nascondere la polvere sotto il tappeto. Anche i cosiddetti innovatori pur di partecipare al banche mettono da parte le sante battaglie per la verità. Ma a rimetterci, guarda caso, non è la verità ma la condizione, come nella vicenda della Sardegna, di migliaia e migliaia di persone oneste che vogliono solo lavorare e portarsi a casa un giusto compenso per le loro fatiche.
*Fabio Sebastiani è giornalista, direttore di Iafue PerlaTerra