LA TRANSIZIONE ECOLOGICA CON LA MOTOSEGA

Nello spazio dell’editoriale del 20 aprile 2021, in preparazione
del Forum su Iafue PerlaTerra delle ore 18.45 ospitiamo un
articolo già pubblicato il 16 aprile dal sito di gufitalia.it (vedi)

La dichiarazione su Facebook del Ministro Patuanelli mette in allarme chi vuole tutelare il patrimonio forestale italiano

Roma, 16 aprile 2021 – Il ministro Patuanelli annuncia l’aumento del prelievo di legname dalle foreste italiane: in un post su Facebook del ministro si legge che l’Italia deve “incrementare i prelievi” dalle foreste, allo scopo di ridurre le importazioni di legname dall’estero e “migliorare la gestione dei boschi”.

Il GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, associazione scientifica che si occupa della tutela del patrimonio forestale italiano, esprime fortissima preoccupazione per queste parole che rappresentano un altro attacco alle foreste del nostro paese, già ora sovra sfruttate e con una provvigione (biomassa legnosa per ettaro) inferiore agli altri paesi europei.

Perché l’Italia importa legname?

Il nostro paese importa sia prodotti per la combustione (legna e pellet) sia legname pregiato da opera. Per il legno da combustione, le importazioni sono dovute anche alle centrali a biomasse forestali, che con la loro fame insaziabile stanno mangiando le foreste europee. La comunità scientifica ha più volte avvertito come la combustione delle biomasse su larga scala sia tutt’altro che neutrale rispetto alle emissioni di carbonio in atmosfera: è fortemente climalterante, fonte di emissioni nocive per la salute e dannosa per gli ecosistemi. Per fermare queste importazioni bisognerebbe puntare su energie veramente rinnovabili e prodotte con criteri sostenibili, quali solare ed eolico senza consumo di suolo (e con attenzione alle rotte migratorie) e avviare l’era dell’idrogeno verde.

E il legname da opera? Alcuni tipi di legno pregiato, quali quelli tropicali, continueranno a essere importati a prescindere da quanto si taglia in Italia, perché non possiamo produrli qui. Ma sappiamo comunque che la deforestazione nei paesi tropicali è causata soprattutto dagli allevamenti e dalla produzione di olio di palma.

Il legname da opera da specie nostrane invece viene importato proprio perché i nostri boschi sono troppo sfruttati, i tagli hanno turni eccessivamente brevi e non consentono agli alberi di invecchiare abbastanza da poter fornire materiale pregiato per la falegnameria e l’edilizia: per avere del buon legname da opera bisogna lasciare crescere gli alberi, mentre da noi imperversa la gestione a ceduo, buona solo per produrre legna da ardere.

Il ministro quindi non bloccherà la nostra dipendenza dall’estero, ma otterrà solo di depauperare ulteriormente il patrimonio forestale italiano

Quanto al “migliorare la gestione delle foreste”, questo va fatto non certo aumentando i tagli, ma privilegiando la gestione a fustaia rispetto a quella a ceduo: un modo di ottenere il legname necessario più rispettoso della foresta e più lungimirante persino in termini strettamente economici, in quanto aumenterebbe la provvigione delle foreste italiane, riducendo man mano le importazioni di legname adatto a scopi nobili. L’approvvigionamento del legno può essere effettuato con una selvicoltura ecologica che apporti il minor danno possibile agli ecosistemi e soprattutto con l’arboricoltura da legno, che può essere fatta sui moltissimi campi abbandonati e che andrebbe fortemente incentivata.

È ora di superare la visione riduttiva ed economicista delle foreste e persino delle alberature urbane e stradali, considerate come giacimenti di legname, e rendere effettive parole sempre più ricorrenti quanto non praticate, quali “bio”, “sostenibilità”, “bioeconomia” o “transizione ecologica”.  Quest’ultima non può essere fatta a colpi di motosega sui nostri alberi.

Le foreste sono un bene comune, una componente fondamentale degli equilibri ecologici: purificano l’aria, regolano e garantiscono qualità e quantità di risorse idriche, sono spazi di vita per la biodiversità, ci difendono dal dissesto idrogeologico, tutelano la nostra salute e sono i nostri più attivi alleati nel contrastare la crisi climatica. Sono una questione ambientale e come tali andrebbero trattate.

Il GUFI appoggia la proposta “Half Earth” del biologo Edward O. Wilson: almeno il 50% della Terra deve essere lasciato alla libera evoluzione naturale, senza intervento dell’uomo, per salvare il clima, gli ecosistemi e le specie che ci vivono, inclusa la nostra. Al momento, in Italia è protetto solo il 14% circa del territorio. Dobbiamo raggiungere il 50% di aree protette, e applicare metodi moderni e rispettosi dell’ambiente nel restante 50% per ricavare i materiali indispensabili all’uomo. Aumentare i tagli va nella direzione opposta a tutto questo: è questa la transizione ecologica che ci era stata promessa?

Link al post del Ministro:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=4136694516389252&id=932754746783261

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Valentina Venturi
GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane
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