Una nuova stagione del sindacato: Giuseppe Di Vittorio e la Costituzione Italiana.

editoriale a cura di Nicola Digennaro*

puntata andata in onda su Iafue perlaTerra il 14 aprile 2021

«Invito a discutere su questo, è giusto che in Italia, mentre i grandi monopoli continuano a moltiplicare i loro
profitti e le loro ricchezze, ai lavoratori non rimangano che le briciole? É giusto che il salario dei lavoratori sia
al di sotto dei bisogni vitali dei lavoratori stessi e delle loro famiglie, delle loro creature? É giusto questo? Di
questo dobbiamo parlare, perché questo è il compito del sindacato».
Era il 3 novembre 1957, e con queste ultime parole Giuseppe DI VITTORIO esortava i convenuti, ad una
riunione di attivisti sindacali, a lottare per l’EQUITA’.
Giuseppe DI VITTORIO non ha bisogno certo di presentazioni, ma non è mai superfluo una rilettura dell’uomo
e del sindacalista.
Fu figlio della Terra di Capitanata, la mia stessa Terra di origine, oggi come allora, difficile, ma anche molto
bella e ricca di storia e cultura. Giuseppe DI VITTORIO conosceva molto bene le condizioni di lavoro del
mondo agricolo, egli stesso fu prima bracciante per poi diventare attivista sindacale, si iscrisse al Sindacato dei
Contadini all’età di 12 anni!!
Durante il periodo fascista fu costretto ad espatriare clandestinamente per sfuggire alle leggi speciali contro gli
oppositori al regime. Questo perché nel 1924, oltre a diventare Segretario dell’Associazione Nazionale dei
Contadini Poveri, aderì al Partito Comunista d’Italia da deputato.
Quindi si rifugia prima a Mosca dove partecipa alla direzione della “Internazionale Contadina” per poi, passare
in Francia e organizzare a Parigi, la Confederazione Generale del Lavoro.
Successivamente alla caduta del Regime sarà tra coloro che, tramite il c.d. “Patto di Roma” darà vita alla CGIL
unitaria. Nel 1946, fu eletto deputato all’Assemblea Costituente.
Ed è in quest’ultima veste, da Padre Costituente, che lo si vuole ricordare in questo breve Editoriale, dal
momento che il messaggio e la sua opera in quella sede non solo fu decisiva, ma è anche moderna ed attuale.
Infatti, intervenne su vari aspetti dei Diritti e dei Doveri Economico-Sociali, sulla giusta retribuzione (art. 36
Cost.), sul concetto di previdenza (art. 38 Cost.) strettamente legato al concetto di Stato e che, come disse, «non
può essere disgiunto dal concetto di solidarietà fra tutti i lavoratori»; sul diritto di sciopero (art. 40).
Ma su due articoli incise maggiormente, gli articoli 44 e 39.
Il primo, con uno degli incipit più moderni della Costituzione del 1948, che recita «Al fine di conseguire il
razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali», Giuseppe DI VITTORIO, al fine di
sottolineare l’importanza di questo articolo, in sede di discussione in Assemblea Costituente, nel 1947, espresse
un concetto quanto mai attuale e quanto mai attinente per la GIORNATA MONDIALE DELLA LOTTA
CONTADINA che si terrà il 17 aprile prossimo.
Infatti declamò: «Ebbene, signori…I MONOPOLI ECONOMICI…NON HANNO NESSUNA FUNZIONE
SOCIALMENTE UTILE. Sono i monopoli economici che anche nel nostro Paese sono giunti a limitare
artificialmente la produzione e in molti Paesi sono giunti a distruggere anche quantità di prodotti per
mantenerne elevati i prezzi, mentre una parte notevole delle masse lavoratrici e popolari non aveva la
possibilità di accedere a quei prodotti, di cui avrebbe avuto estremo bisogno….[ed ancora]…Bisogna
persuadersi, onorevoli colleghi, che…i diritti esclusivamente politici non bastano più; è penetrata la coscienza
della necessità della realizzazione delle riforme sociali di struttura della economia, che sono la sola garanzia
effettiva e positiva del godimento dei buoni diritti che la Carta Costituzionale riconoscerà ai lavoratori italiani».
Quindi come a dire le PERSONE AL DI SOPRA DEL PROFITTO.
Mentre, per l’altro articolo, il 39, cioè quello che sancisce la libertà e la pluralità sindacale, a buon diritto,
Giuseppe DI VITTORIO può esserne considerato il padre.
Infatti, considerava i SINDACATI organi di autodifesa e di tutela dei diritti e degli interessi economici,
professionali e morali dei lavoratori e quindi di interessi collettivi. Organi che dovevano essere LIBERI,
AUTONOMI, INDIPENDENTI, e come era uso sottolineare senza «ingerenza statale e da ogni ingerenza
politica» e con una organizzazione, richiamando le sue parole, «alla quale si accede volontariamente, nella
quale il pagamento dei contributi sia volontario» e la cui personalità giuridica doveva servire soltanto per
conferire al sindacato stesso la possibilità di stipulare contratti collettivi di lavoro.
Un SINDACATO capace anche di PROMUOVERE CULTURA come strumento di liberazione delle masse,
come lui stesso sollecitava, tramite creazione di Università popolari, di circoli di carattere culturale, sportivo,
ricreativo, persino turistico; di creazione di biblioteche popolari, in modo che, come affermava «si facciano
circolare i libri fra i lavoratori, che si susciti in tutti il gusto del leggere, del coltivarsi, del sapere».
Peraltro, intendimenti che ritroviamo in un altro grande personaggio italiano e cioè l’imprenditore-visionario
Adriano OLIVETTI.
Quindi, certamente il SINDACATO di Giuseppe DI VITTORIO è anni luce lontano dal sindacato odierno
“burocratico” e delle pratiche da spartirsi, difensore dello status quo al ribasso e servente l’elitè del mercato del
lavoro.
Nel concludere e richiamando il finale dell’Editoriale della scorsa settimana, l’«URGENZA APPASSIONATA
DELL’ADESSO» nella ricostruzione del SINDACATO è il ritornare alle origini, a combattere per l’EQUITA’,
per la DIGNITA’ e i DIRITTI DI TUTTI, CONTRO LA PRECARIZZAZIONE DEL MONDO DEL
LAVORO, per una nuova LOTTA SALARIALE, al fine di garantire «l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3 della Costituzione).
E che sia portavoce della TRANSIZIONE AGROECOLOGICA che è TRANSIZIONE DEMOCRATICA DAL
BASSO.


*Avvocato Per i Diritti Umani e per la Natura, Alleanza per la Sovranità Alimentare.