La Sovranità Alimentare ha bisogno di buone pratiche. Mettiamole in rete

dal Blog “Braccia Sottratte All’agricoltura” di Gianni Fabbris
(presidente della Rete PerlaTerra)

Molteplici e differenti sono i significati di “buona pratica” che è possibile ritrovare in letteratura. In genere, tuttavia, con questo sintagma di derivazione inglese (best practice) si richiamano le “migliori pratiche” per effettuare la produzione riferendosi alle procedure ripetibili che nel tempo si sono dimostrate “vincenti” per la loro efficienza, efficacia e coerenza con gli obiettivi del massimo dell’economia e della qualità. Una definizione, dunque, molto tecnica, efficentista e “neutrale” che prescinde dalle motivazioni, dal perché e dal per chi quelle pratiche vengono attivate.

I quindici giorni di programmazione su Iafue PerlaTerra, la web radio/tv il cui editore è l’Alleanza Sociale Perla Sovranità Alimentare promossa da Altragricoltura, che partono da lunedi 18 gennaio 2021 e proseguono fino alla fine del mese, nell’intitolare lo spazio serale della programmazione quotidiana fra le 19 e le 20, “Alla Ricerca delle Buone Pratiche” provano a partire da un altro punto di vista e propongono un altro punto di arrivo.

Partire dal “Perché” e dal “Per chi” significa scegliere non un punto di visa neutrale ma, al contrario, dichiarare la nostra “partigianeria”, impegnati, come siamo, a perseguire con la Sovranità Alimentare la fuoriuscita dalla crisi in cui il modello agroalimentare neoliberista ha ricacciato le comunità e il pianeta.

Lo abbiamo detto in tutti i modi: il sistema agroalimentare non va “efficentato”, va cambiato e riformato rifondandolo sul diritto dei popoli di determinarlo e sceglierlo, sulla partecipazione, sulla democazia economica, ambientale e sociale; lo ripetiamo: solo l’alleanza fra i produttori, i lavoratori, quanti vivono nelle aree rurali e i cittadini (sia nella loro condizione di fruitori del cibo e dei servizi sia di componenti di comunità attive e consapevoli) potranno cambiare il modello della crisi.

Ed, allora, le “buone pratiche” che ci servono sono quelle che vanno verso la Sovranità Alimentare e si deteminano nel percorso per edificarla e che servono ai soggetti che hanno interesse a fuoriuscire dalla crisi affermando “altre agricolture”, “altri cibi”, “altri rapporti con la natura e il territori” e “altre modalità di relazioni fra produttori e fruitori”.

Se il modello dell’agroalimentare dominante ci impone l’agricoltura come reparto all’aperto della produzione industriale, la GdO come gestore delle nostre dinamiche di relazione col cibo dividendoci per censo e consapevolezza, gli scaffali della distribuzione organizzata (piccola o grande che sia) come la prigione in cui il cibo diventa una merce svuotata dalle sue relazioni sociali, di territorio, culturali, persino il biologico diventa una “certificazione di prodotto” per perdere l’anima di scelte agroecologiche e sociali “altre”, allora la tecnica che ci serve e l’ottimazione che dobbiamo mettere in campo è quella che ci porta fuori da questo schema.

Sia chiaro, la Sovranità Alimentare non sarà semplicemente il prodotto di scelte pratiche ed efficentamento tecnico. Occorrono condizioni politiche, scelte istituzionali, regole, comportamenti sociali consapevoli che dovranno essere messe in campo; nessuno ce la regalerà e, per questo, abbiamo aumentato l’impegno per la Riforma dell’Agroalimentare ma serve, anche, fare più forti ed efficaci le tante pratiche sociali, economiche, produttive, distributive, di cura del territorio possibili qui ed ora per far crescere la nostra resistenza e offrire opportunità di scelta coerenti a produttori e fruitori.

Se la Sovranità Alimentare è sempre di più l’obiettivo per cui è possibile riunificare le proposte di quanti scelgono la via della fuoriuscita dalla crisi, allora può essere, anche, il campo su cui rafforziamo le esperienze di rete, le pratiche e i progetti in campo che sono ad essa riferibili.

Tante e diverse sono le esperienze e i progetti che provano ad andare oltre ed a porsi fuori dal modello della agricoltura come massimo sfruttamento delle risorse, come reparto all’aperto della produzione industriale, della GdO e dei suoi scaffali come modello distributivo. Tanti potrebbero essere i produttori che potrebbero compiere la scelta di affrancarsi dai modelli della crisi se riuscissero a cogliere il “vantaggio” di recuperare una condizione positiva per il proprio lavoro e potessero incontrare le istanze dei cittadini che sempre di più chiedono e si orientano verso un cibo e dei servizi “etici”.

La Rete PerlaTerra, l’Associazione di Promozione Sociale che ha come obiettivo di promuovere, progettare e sostenere progetti e pratiche concrete fondate sui principi della Sovranità Alimentare, sta lavorando a mettere in campo il “Cibo dei Diritti” come proposta che viene dalle esperienze sociali di resistenza degli agricoltori, dei pescatori e dei pastori. Pomodoro, ortofrutta, formaggi, vino, olio, pasta, pane saranno nei prossimi mesi l’occasione per risaldare l’alleanza fra produttori e cittadini e lo saranno perché profumeranno del sapore dei diritti. I diritti dei produttori al reddito, dei lavoratori al salario, dei cittadini al cibo, delle comunità al rispetto delle radici e dell’ambiente saranno i contenuti garantiti da una “Garanzia Sociale Partecipata” e distribuiti secondo una modalità che speriamo e progettiamo diversa da quella degli “scaffali” in cui i “consumatori” comprano.

Per definire questa modalità diversa in cui i fruitori e i produttori si ritrovano da cittadini e alleati serve un campo nuovo e serve non solo a noi ma ai tanti che si stanno muovendo con obiettivi simili pur se con percorsi diversi e cui proponiamo, attraverso Iafue, un patto di lavoro comune. Un campo che va costruito insieme, con il contributo delle diverse esperienze, con la capacità di fare rete, di confrontarsi di integrarsi fuori socializzando i progetti e confrontando le esperienze.

Se sapremo fare questo, saremo insieme oltre la prigione della logica del “Brand” in cui le diverse esperienze corrono il rischio di ricacciarsi finendo, infine, per occupare uno “Scaffale” in un mercato globale che, ancora una volta, avrà vinto assorbendo le nostre istanze e sussumendoci nella vetrina di nicchia di turno.

Così, Iafue PerlaTerra avvia questi prossimi quindici giorni e fino alla fine di febbraio, chiamando nell’ora di trasmissione serale fra le 19 e le 20 a raccontarsi una serie di esperienze già in campo. Ognuna di loro diversa e originale e, ad ognuna di loro, verrà chiesto non già di “confluire” da qualche parte quanto, piuttosto, di trovare un terreno di scambio e relazione per fare più forte il percorso e la proposta nella Società verso la Sovranità Alimentare.

Dal primo febbraio, poi, sarà altra musica ma ne parlemo al tempo giusto.