Le Api e gli impollinatori possono decidere la sorte del nostro comparto agricolo.

editoriale del 15 gennaio 2021 di Guido Cortese*

«Salviamo le api! Protezione della biodiversità e miglioramento degli habitat degli insetti in Europa»

Questo è il titolo ufficiale che l’Unione Europea con la delibera (UE) 2019/1566 della Commissione ha approvato la più importante raccolta firme, ancora aperta, per salvaguardare non solo le api e gli insetti impollinatori ma direttamente la qualità e la produttività di tutto il comparto agricolo produttivo, quasi i quattro quinti delle colture europee dipende infatti dall’impollinazione degli insetti, benché alcune “siano allevate per il loro valore economico diretto come le api mellifere” .

L’iniziativa è guidata da un’alleanza composta da una rete di oltre 140 ONG ambientali, organizzazioni di agricoltori e apicoltori, sindacati, fondazioni di beneficenza e istituzioni scientifiche distribuite in tutta l’Unione europea, che lavorano insieme per conciliare agricoltura, salute e biodiversità, perché la protezione delle persone, delle api e degli agricoltori vanno di pari passo.

Le api e gli impollinatori, più di 20.000 specie riconosciute, svolgono un ruolo fondamentale per il pianeta tanto che la stessa Comunità Europea da pochi anni ha aperto un tavolo di lavoro per adottare una strategia sulla biodiversità ma la PAC 2014-2020 non adottava requisiti specifici a tutela degli impollinatori.
Una eventuale perdita di impollinatori produce una perdita di produzione ma anche della varietà stessa del cibo che mangiamo.

Proprio l’Unione Europea sulla base di questo si è posta come priorità la necessità di dotarsi di un quadro legislativo a favore degli insetti impollinatori, poiché l’audit svolto l’anno scorso ha fatto emergere che la causa della perdita degli impollinatori è dovuta all’agricoltura intensiva e all’uso dei pesticidi, certamente aumentati grazie alla ‘flessibilità’ che la stessa PAC prevede per gli stati membri, ma manca  “una governance e meccanismi di monitoraggio delle minacce individuate”. E’ evidente che la Comunità Europea non ha una concreta conoscenza dello stato di conservazione di biodiversità e di impollinatori, per questo pochi giorni fa è stata pubblicata in forma definitiva la proposta per un monitoraggio europeo degli impollinatori .

L’Italia ha recentemente pubblicato il Dossier ISPRA sul declino degli impollinatori e ribadisce che tra le cause della moria di api e impollinatori non è solo l’uso di insetticidi ed in particolar modo dei neonicotinoidi ma anche la cultura e la pratica agricola che in questo decennio è fortemente cambiata e dunque la moria di api dipende non tanto da una sola causa ma dalla sinergia di tanti fattori, non ultimo i cambiamenti climatici che, a loro volta, dipendono per il 31% dall’agricoltura intensiva stessa.

Tra le tante nefaste esperienze di morie di api in Italia quella avvenuta ad agosto 2020 a cavallo tra le provincie di Brescia e Cremona e che a seguito di indagini ed esami di laboratorio svolti da parte dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna si legge che “la presenza in quantitativi significativi nelle api morte […] dei principi attivi di un fitosanitario specifico utilizzato sul mais”. A questi riscontri si aggiunge l’esperienza pluridecennale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università Alma Mater di Bologna (C.Porrini), che evidenzia come il ruolo primario dei pesticidi provochi “effetti letali, subletali, cronici e sinergici verso le api, comprovati da una valanga di pubblicazioni scientifiche con indici di IF (Impact Factor) a livello planetario”.

L’italia stessa nel 2019 ha portato all’attenzione questo problema con la mozione del 28/01/2019 a firma Rossella Muroni, anche evidenziando le contraddizioni della precedente apertura di M5S/Lega all’uso di Bentazone, potente diserbante da impiegare su mais e riso.

Tornando all’audit della Comunità Europea, ci si è accorti che includeva tutele per le api mellifere ma non per altri impollinatori. L’attuale programma di valutazione del rischio si basa su orientamenti del 2002 che non tengono conto di tutte le disposizioni successive. Seppur aggiornati nel 2013 dallo studio dell’EFSA, l’unica nota è che includono tra i nuovi requisiti la soglia massima del 7% di declino delle colonie apicole esposte a fitosanitari.

*Guido Cortese è apicoltore della Rete degli Apicoltori Urbani