Liberare l’agricoltura dalla dipendenza dei pesticidi

La questione dei pesticidi nel piatto ci accompagna da più di cinquant’anni. Tenendo presente quanto emerge dal rapporto ‘Stop Pesticidi’, messo a punto da Legambiente e realizzato in collaborazione con alcune aziende del settore biologico la battaglia è ancora bel lontana dall’essere vinta. In sostanza in “quasi la metà dei campioni” dei prodotti “analizzati sono risultati residui di pesticidi”, e “nella frutta” si arriva a “oltre il 70%”.
Secondo il rapporto 2020 di Legambiente infatti è “regolare e privo di residui di pesticidi solo il 52% dei campioni analizzati; un risultato non positivo e che lascia spazio a molti timori sulla presenza di prodotti fitosanitari negli alimenti e nell’ambiente”. Dall’analisi dei dati negativi, si evince che “i campioni fuorilegge non superano l’1,2% del totale ma che il 46,8% di campioni regolari presentano uno o più residui di pesticidi”. Il picco nella frutta viene raggiunto dall’89,2% per “l’uva da tavola”; segue “l’85,9% per le pere e l’83,5% per le pesche”; mentre “tra i campioni esteri, una bacca di goji” contiene “ben 10 residui e il tè verde 7 residui provenienti dalla Cina”. Il documento mette in evidenza che “i pesticidi più diffusi negli alimenti in Italia sono Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole, Azoxystrobin, Metalaxyl, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, Imidacloprid, Pirimiphos-methyl e Metrafenone”. Si tratta – viene spiegato – “per la maggior parte” di “fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura che arrivano sulle nostre tavole e che, giorno dopo giorno, mettono a repentaglio la nostra salute”.

“Occorre liberare l’agricoltura dalla dipendenza dalla chimica – osserva il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – per favorire un nuovo modello che sposi pienamente la sostenibilità ecologica come asse portante dell’economia made in Italy. Riteniamo anche necessaria una svolta radicale delle politiche agricole dell’Unione, con una revisione della Politica agricola comune che superi la logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro per trasformarsi in sostegno all’agroecologia e a chi pratica agricoltura sostenibile e biologica”, con “l’obiettivo di giungere in Italia al 40% di superficie coltivata a biologico entro il 2030”. Infatti sul del biologico – si spiega nel rapporto – “su 359 campioni analizzati 353 risultano regolari e senza residui, ad eccezione di un solo campione di olive. L’ottimo risultato è ottenuto, tra le altre cose, grazie all’applicazione di ampie rotazioni colturali e pratiche agronomiche preventive”. Al contrario è la frutta, coltivata in modo intensivo, “la categoria” più preoccupante: “ad essere privo di residui di pesticidi è solo il 28,5% dei campioni analizzati, mentre l’1,3% è irregolare e oltre il 70%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più residui chimici. L’89,2% dell’uva da tavola, l’85,9% delle pere, e l’83,5% delle pesche sono campioni regolari con almeno un residuo. Le mele spiccano con il 75,9% di campioni regolari con residui e registrano l’1,8% di campioni irregolari”. Per la verdura “se da una parte si registra un incoraggiante 64,1% di campioni senza alcun residuo, dall’altro fanno preoccupare le significative irregolarità in alcuni prodotti come i peperoni in cui si registra l’8,1% di irregolarità, il 6,3% negli ortaggi da fusto e oltre il 4% nei legumi (la media degli irregolari per gli ortaggi è dell’1,6%)”. E “non mancano casi in cui è stato rintracciato l’utilizzo di sostanze non consentite per la coltura (17,6%). Le sostanze attive che più hanno determinato l’irregolarità sono l’organofosforico Chlorpyrifos (11%) e il neonicotinoide Acetamiprid (8%)”. Tra i campioni esteri, “la Cina presenta il tasso di irregolarità maggiore (38%), seguita da Turchia (23%) e Argentina (15%)”; per esempio con “un campione di bacca di goji (10 residui) e di uno di tè verde (7 residui)”, entrambi cinesi, ma anche “un campione di foglie di curry proveniente dalla Malesia”.
Dicevamo di una battaglia in cui è ancora troppo presto cantare vittoria. E questo perché
“le norme in vigore non riescono a tutelare fino in fondo la qualità degli alimenti che consumiamo ogni giorno, mettendo a rischio l’ambiente e la salute”, usando le parole di Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. “Anche prodotti considerati salutari come quelli ortofrutticoli devono scontare – osserva Tiso – il prezzo di un’agricoltura che non riesce a fare a meno di un massiccio utilizzo di pesticidi e fitofarmaci. Sostanze che inevitabilmente finiscono nei nostri piatti – continua Tiso. Se da una parte cresce la domanda di cibo biologico, dall’altra queste analisi rivelano che il sistema agricolo non è ancora in grado di fare il salto di qualità per soddisfarla. Per questo è compito del governo e dell’Europa incentivare metodi di produzione biologici che rendano la riconversione conveniente”. Le future regole sui fitofarmaci saranno decisive ai fini della transizione verde dell’agricoltura europea. Per Confeuro “non può esserci vera svolta senza una loro sostanziale riduzione e il divieto di quelli più nocivi. Un segnale positivo è arrivato in questi giorni dalla Commissione europea, che ha messo al bando il Mancozeb. Molto però resta da fare per invertire la rotta, in particolare dopo che il voto del Parlamento europeo sulla nuova Pac ha posto una seria ipoteca sul Green Deal annunciato dalla Commissione”.
Dall’altra parte, a frenare ci sono alcuni personaggi come l’ex-ministro Paolo De Castro, che non perde occasione di difendere gli interessi dell’agricoltura convenzionale, come già fece quando spostò i limiti delle tossine nel grano.
“Bene abbassare l’uso in Unione Europea dei fitofarmaci in agricoltura anche del 70%, ma il problema è quali concrete alternative diamo ai nostri agricoltori per combattere le malattie”. ha detto De Castro, che è il coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo. Insomma, De Castro sembra non credere alle evidenze scientifiche e nemmeno alla transizione verso l’agro-ecologia. La sua posizione, solo apparentemente coloquiale, è stata riaffermata nel corso della presentazione del Comagri Report 2020 dove è stato fatto il punto sulle ultime novità legislative del Next Generation Eu per lo Sviluppo Rurale e della riforma della Politica Agricola Comune. “Ecco perché servono necessariamente degli studi di impatto”, precisa De Castro, “il risultato altrimenti è un aumento delle importazioni a livello europeo. E io non credo certo che si voglia trasformare il Green Deal e il Farm to Fork in più prodotti che arrivano dall’estero magari da paesi che non rispettano nemmeno gli standard dell’Unione europea”. Una strada da percorrere, quella di abbassare la soglia dei fitofarmaci, puntando sulla ricerca e l’innovazione. Ci chiediamo come faccia una parte del mondo ambientalista a flirtare con personaggi del genere. Un tipo di “compatibilismo” che non solo è astorico ma a questo punto diventa anche tossico.

(ANSA) – ROMA, 17 DIC – Dagli anni Cinquanta “un’agricoltura più intensiva e specializzata ha contribuito in misura crescente alla costante perdita di biodiversità”. Lo rileva il Wwf a proposito dei pesticidi killer rilevando che “l’inquinamento risulta essere il fattore di pressione principale per molti habitat e specie, e le attività agricole con l’uso dei pesticidi sono responsabili quasi della metà (48 %) delle pressioni connesse all’inquinamento”. In questo contesto, ricorda il Wwf “si collocano le due Strategie Ue ‘Farm to Fork’ e ‘Biodiversità 2030’, che attuano il Green Deal europeo, fissando obiettivi ambiziosi come la riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi e il 10% di aree naturali per la biodiversità all’interno delle aziende agricole entro il 2030. Per poter raggiungere questi obiettivi il nostro Paese deve dotarsi di alcuni strumenti di programmazione fondamentali, recuperando gravi ritardi, come il nuovo Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi, scaduto dal febbraio 2018, e il Piano Strategico Nazionale della Pac post 2020, che dovranno affrontare con determinazione il problema dell’impatto dei pesticidi sulla natura”. (ANSA).
DR-COM/ S04 QBXI