editoriale di giovedì 26 novembre 2020 di Fabio Sebastiani*
Quelle che ci separano dal 10 dicembre sono due settimane cruciali per il cammino dell’Alleanza sociale per la sovranità alimentare. Dalla primavera 2020 ad oggi abbiamo provato a fare alcune cose semplici quanto non scontate.
Abbiamo provato ad uscire dal guscio in cui ci eravamo rintanati. Abbiamo deciso che mentre tutto intorno il mondo stava cambiando forzato dal Covid valeva la pena rischiare. Valeva la pena provare a vedere se tutta la forza e l’intelligenza accumulata nella fase della gestazione – le tante ribellioni, i tanti appelli lanciati per dire e dirci che l’epoca dell’agribusiness stava per finire, le mobilitazioni, le proteste simboliche – fossero servite ad affrontare la realtà materiale, quel mondo “fuori” che intanto ha cominciato, esattamente come avevamo previsto, a mostrare crepe spaventose. Crepe che lo stanno portando al caos.
Siamo tra quelli che pensano che il virus non è un accidente, bensì il risultato di una serie di scelte. E quindi non colpisce tutti in modo uguale. Chi quelle scelte le ha operate ora sta cercando un nuovo punto di equilibrio esercitando la sua opzione di potere contro gli altri, i più deboli. Il punto è che di fronte a una pandemia di questa portata non si esce comprando altro tempo e rimandando la soluzione dei problemi come ha sempre fatto il capitalismo ma con idee nuove rispetto al futuro. Il virus non fa sconti né apre crediti. Non si esce con palliativi generici come sta facendo la politica per tentare di elemosinare consenso. Occorre dirci e dire che il cambiamento deve essere al livello della svolta epocale che questo virus ci sta mostrando. La politica così come l’abbiamo vista negli ultimi decenni è completamente inadeguata. Attenzione, nemmeno i conservatori sono più quelli di una volta perché tutti indistintamente tentano di conservare i loro interessi e nel disfacimento generale sono quelli di “speriamo che me la cavo”. Di fronte alla gente che torna ad interrogarsi, anche se lo fa nei modi sbagliati che ha a portata di mano, i conservatori al massimo esercitano il bieco potere di difesa dei loro interessi contro tutto e contro tutti.
Sostenere, come facciamo noi che” o si salvano tutti o nessuno” vuol dire non solo non accettare questa logica che se ci pensate bene è la logica corrispettiva a quella che utilizza, passatemi il termine, il virus pronto a prendersi i più deboli per prepararsi a distruggere i più forti, ma vuol dire battersi nell’interesse di tutti. Il Governo italiano che si ferma di fronte alla impellente necessità di una patrimoniale mostra da questo punto di vista la sua pochezza e inconsistenza. Mostra tutta la sua debolezza di fronte ai compiti che deve assolvere.
C’è un virus più potente da battere. Quindi. ed è il virus del capitalismo che, come abbiamo già sperimentato in agricoltura, sta gettando la gente sul lastrico, senza pietà. E’ quel capitalismo che ci vuole sul lastrico perché può prenderci più ricattabili di prima e per poche lire.
Non era scontato che proprio dal mondo dell’agricoltura venisse in-vece un forte segnale di unità e di rigenerazione. Non era scontato nemmeno che il mondo dei contadini e degli agricoltori lo capisse con questa chiarezza. Si ripete quello che è accaduto nell’immediato primo dopoguerra. Quando il caos e la distruzione bussano alla porta è dal seme e dalla terra che nasce la nuova stagione.
Il nostro uscire dal guscio quindi ci ha detto che il mondo non è poi così male. Stiamo sperimentando nuove alleanze. Stiamo incontrando gente che ha lo stesso nostro punto di vista pur venendo da mondi ed esperienze diverse. E quindi dobbiamo attrezzarci per la difficile arte del confronto.
Le nostre mani sporche di terra, la nostra pelle asciugata dal sole diventano improvvisamente penna e inchiostro per quel pezzo di mondo travolto dal caos. In molti capiscono che sono le nostre parole a dare una nuova prospettiva di rigenerazione. Forse non riusciremo a scriverlo tutto questo manifesto della rinascita ma quello che è accaduto in questi mesi è che tanti altri con le mani pulite e la pelle bianca ci stanno guardando con interesse. E tra loro ci sono molti giovani. Aver parlato molto concretamente di diritti ha fatto in modo di aprirci ad un confronto reale con chi avrà più spazio nel futuro prossimo.
Ora quello che siamo chiamati a fare è avere attenzione ai passi falsi. Non dobbiamo pensare che tutto quello che verrà da noi sarà il verbo. Dobbiamo tornare a praticare la lotta spalla a spalla. Dobbiamo tornare al fidarsi e all’affidarsi. Non dobbiamo convincere gli altri delle nostre ragioni ma convincerci che gli altri sono dei potenziali alleati per le nostre ragioni che, appunto, rimangano nostre, ma possono prendere posto in uno spazio più ampio e quindi diventare più forti, spiegare le ali finalmente. E’ questo quello che è successo con il movimento contro il climate change. E succederà ancora con i fruitori, con i contadini, e con tutti quelli che hanno capito l’importanza di difendere il primo diritto, quello all’integrità personale. E saranno in molti.
Sul diritto all’integrità e alla salute si fonda non solo la società ma il senso del suo funzionamento e del suo futuro.
Non capire e non perseguire questo vuol dire guardare alla società come un parassita guarda il suo ospite. E’ il capitalismo che guarda alla società solo come un’occasione di sfruttamento e realizzazione del profitto. Ma fa di più del parassita, distrugge i singoli. E’ il capitalismo che considera l’integrità un ostacolo ai suoi piani. Se sei integro vuol dire che sei uguale al tuo simile, integro come te. E il capitalismo non potrà ricattare nessuno dei due.
Accesso alla terra per tutti e per tutte vuol dire questo. Questo vuol dire difendere la stessa aria che respiriamo tutti e pretendere le stesse cure indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza, cibarsi del cibo giusto che tutela la nostra integrità. Questo ce l’ha insegnato il movimento operaio ma oggi a raccogliere quella bandiera è il movimento delle donne. Sono le donne che ci ricordano che dalla crisi mondiale si esce tutti insieme senza lasciare nessuno indietro. E’ lo schema di una grande famiglia senza patriarchi e padroni. E’ lo schema della grande comunità del mondo.
Il percorso fino al dieci dicembre è questo. Una grande interlocuzione e apertura, un grande confronto che ci farà capire come quello che sta rinascendo dalla terra non è una semplice rivendicazione ma una grande idea di giustizia sociale e di futuro per il mondo.
Il quadro sta cambiando profondamente e i primi a capirlo dobbiamo essere noi. Dal lavoro fatto in questi mesi e dai risultati ottenuti deve nascere innanzitutto una grande palestra per l’esercizio del futuro. Abbiamo capito che non siamo soli. Che non parliamo più al vento. E questa sarà la nostra forza.
Ci aspetta innanzitutto un confronto duro sulla Pac. L’Europa non sa più che pesci prendere, e sta seppellendo se stessa sotto le proprie contraddizioni. E’ una buona occasione per scendere in campo. E farlo non con i grandi proclami ma con le proposte concrete, con le alleanze giuste. Abbiamo proposte concrete anche sulla nuova riforma agraria, e sul diritto alla terra per le giovani generazioni ricordando a tutti che la terra non ha mai licenziato nessuno. Abbiamo proposte concrete per fermare il fallimento delle aziende e il degrado delle campagne. Sul caporalato abbiamo già detto che quella legge non poteva funzionare. E quando lo capiranno anche i migranti cosa accadrà?
Tutte scadenze di grande spessore, tutti contenuti di grande respiro. E non dobbiamo far altro che mettere a disposizione il nostro spessore personale, il nostro respiro nella certezza che siamo i costruttori di una nuova comunità resistente.
*Fabio Sebastiani è giornalista, direttore di Iafue PerlaTerra