Contro il virus del capitalismo e del patriarcato

sintesi dell’editoriale di Laura Marchetti*
andato in onda nel Notiziario Dalla Terra del 25/11/20 su Iafue.PerlaTerra

Il titolo di questo editoriale ricorda a noi donne occidentali che giustamente ci battiamo per i diritti individuali, che ci sono invece diritti compromessi collettivi, diritti più ampi, che hanno a che fare con una violenza, non solo sulla singola ma sul genere e sulla specie. L’origine di questa violenza si trova proprio nel nesso tra il capitalismo e il patriarcato. Il patriarcato è l’inconscio simbolico ma anche lo strumento giuridico del capitalismo.

Lo stesso gesto che il patriarca pretende di avere, lo stesso testo di appropriazione di proprietà privata, pretende di avere sulla donna sul suo corpo è lo stesso gesto di appropriazione privata che il capitale pretende avere sui corpi sugli uomini fragili e non garantiti e anche sulle risorse e i beni comuni, sulla madre terra dunque. Questo sistema culturale, diventa poi sistema giuridico perché nell’epoca di massima espansione del capitalismo interviene il patriarcato. Occorre ricordare il libro di Filmer, un giurista politico, che descrive appunto la struttura del patriarcato, come quel sistema in cui i diritti di proprietà sanciti dal capitalismo diventano i diritti di trasmissione di padre in figlio.

La posta in gioco di questo sposalizio tra capitalismo e patriarcato nasce con l’enclousure, la recinzione delle terre. Lo ricordano Marx ed Engels in L’origine della proprietà privata della famiglia e dello Stato in cui, dissacrando la nostra retorica sulla famiglia come luogo d’amore, sottolineano che proprio la famiglia ha come posta in gioco la necessità del pater di avere manodopera a basso costo, i figli a cui trasmetterà gli appezzamenti di terra, e nella donna la custode delle risorse di cui lui è padrone.

Questo stravolge il rapporto che la donna ha con la terra, un rapporto strettissimo che ci viene proprio dalle culture del Mediterraneo. Qui fiorirono culture antichissime culture materne. Bella parola che ha a che fare con la terra (mater, materia). In queste culture materne esisteva un comunismo primitivo e arcaico fondato sulla convivialità e sulla condivisione delle risorse di cui erano amministratrici le donne.

Le donne hanno con la natura un rapporto di empatia. I lavori femminili di questo antico Mediterraneo erano anche lavori di raccolta delle erbe e poi di preparazione dei cibi. Le antiche medichesse e le stesse farmaciste, le cosiddette streghe, conoscevano il valore delle erbe.

Nelle culture antiche del Mediterraneo c’era, insomma, un rapporto molto forte con la natura, che sarà poi distrutto dalla privatizzazione e dalla recinzione. Un rapporto che si conserva nelle culture rurali. Ancora oggi se allarghiamo lo sguardo vediamo la Marina Silva che abbraccia gli alberi, la Vandana Shiva che lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Vediamo che c’è questo impegno di custodia.

Ricordiamo, inoltre, tutte le donne dell’America Latina impegnate nella custodia dei semi, nelle banche della biodiversità per le generazioni future. Questo rapporto politico della difesa della madre natura è anche un rapporto di difesa del sé. Perché la fine di quella violenza che il patriarcato impone sulla Terra, può anche risollevare la vita individuale. Si può guarire questa violenza attraverso una nuova alleanza con la natura, con la propria amante, figlia, sorella: un’alleanza stretta sotto il nome di un “bio-umanesimo” dei viventi.

*Laura Marchetti è antropologa docente dell’Università di Foggia
Il testo qui riportato è un estratto della redazione di Iafue di un intervento andato in oda
in diretta fra le ore 7.30 e le 7.43 del 25.novembre.2020