“Quando Pino Scaccia veniva portandoci i suoi libri”

Iafue PerlaTerra – 30.10.20
Editoriale di Katya Madio*

Il gabbiano è volato via. Non ci stava a farsi rinchiudere in una ‘gabbia’.

E già, da oltre una ventina di giorni, Pino Scaccia storico inviato della Rai ed ex capo redattore dei servizi speciali del Tg1 combatteva contro l’ignoto virus che sta bloccando tutto il mondo, relegato all’ospedale Istituto Clinico Casalpalocco temporaneamente adibito a Covid Hospital per la Regione Lazio.

Anche questa volta era stato il primo testimone di una realtà incerta e sconosciuta, sperimentando sulla sua pelle gli effetti sconvolgenti di questa malattia raccontandola attraverso post alquanto criptici della sua pagina facebook.

Ammalatosi di Covid, Pino il cui vero nome era Giuseppe Scaccianoce, non ce l’ha fatta. Romano, aveva 74 anni. Aveva raccontato gli appuntamenti più importanti della nostra storia: dalla caduta del muro di Berlino alla guerra in Iraq. E’ stato il primo a individuare la tomba del Che e a entrare nell’area 51. Con l’editore lucchese Tralerighe libri ha pubblicato sei saggi e inaugurato la collana Amori maledetti in collaborazione con la scrittrice Anna Raviglione.

E’ proprio mentre era nella sua ‘prigione’ dalla quale ironicamente scriveva di essere diventato uno spione che gli ho scritto di radio Iafue, la nostra web radio Tv che ripartiva utilizzando un nuovo modo di comunicare sfruttando la velocità del web. Sapevo che ne sarebbe stato incuriosito, lui che è stato uno dei pochi a capire da subito le potenzialità della rete con l’apertura del blog della ‘tribù’, come la chiamava lui, intitolata alla Torre di Babele.

Ho conosciuto Scaccia, infatti, 16 anni fa proprio tramite la Torre. La tribù di cui facevo parte si strinse intorno al suo appello, quello di rintracciare tutte le foto che circolavano del suo amico Enzo Baldoni barbaramente assassinato e decapitato da un’organizzazione islamista.

Da allora ogni qualvolta avevo bisogno di un consiglio Pino c’era a dartene uno giusto.

Anche quando gli parlavo delle nostre idee e di come realizzarle mi diceva che eravamo folli a fare quello che facevamo ma che era giusto e pochi giorni fa ci siamo lasciati con un: ‘…poi mi spieghi….ora sono stanco.’

Ma ahimè quel dopo rimarrà nell’aria con il suo volo, perché ‘tante parole sono rimaste ancora da dire…’ come dice una vecchia canzone.

I dirigenti e gli agricoltori di Altragricoltura hanno imparato a conoscere l’inviato tramite i miei racconti e le incursioni che gli facevo fare nei forum che più volte abbiamo organizzato sul tema della comunicazione come quella al Forum organizzato da TerreJoniche “La Via d’uscita” il 09 ottobre del 2016, o durante i nostri incontri nazionali come qiello a Roma, l’anno scorso.

Come ha detto Daniele Valentini ieri sera, nel ricordo commosso del Tg1, Pino mi ricordava sempre che nel duro mestiere del giornalista il 10% era tecnica che si impara, il 10% talento che è naturale e il restante, l’80% tanta fatica.

D’altronde saper raccontare restando legati alla cronaca senza falsi sensazionalismi, senza urlare ma, piano e con grande sensibilità sfiorando la vita delle persone come una carezza, costava tanta fatica e non era cosa da tutti.

Era un talento da pochi, un pregio e lui uno dei pochi a possederlo.

Anche i saggi che amava scrivere e che abbiamo avuto l’onore di ricevere direttamente dalle sue mani, come ad esempio, quelli della tragedia dell’armata militare in Russia, nella seconda guerra mondiale, erano per lui, un modo per ricordare i tanti dispersi che considerava eroi da non dimenticare.  

Quello che Scaccia ci lascia è quindi un’eredità che porta in sé tanta responsabilità e che ci impegna nella racconto di una verità, spesso dura e triste, di un mondo che spesso la crisi stringe nella sua morsa obbligandoci a dare voce a quelli che non l’hanno come i bambini e agli ultimi.

*Katya Madio è il Presidente dell’Associazione per la Sovranità Alimentare e cura la segreteria di redazione di Iafue PerlaTerra