A volte il silenzio è assordante. In questi giorni di una estate inquietante per la nostra Basilicata, i giornali e le tv regionali, da settimane, hanno trovato il tempo e l’interesse per dare ampio spazio alla vicenda delle elezioni per il Consorzio di Bonifica che, dopo 4 anni di commissariamento, sostituisce i tre Consorzi di Bonifica territoriali. Lo hanno fatto, generalmente, contribuendo a far avanzare la percezione di quanto possa essere importante la posta in gioco. Un Ente che non si limita a sommare competenze e personale dei vecchi Consorzi di Bonifica territoriali ma che dovrebbe assumere compiti tanto ambiziosi quanto delicati e strategici per le comunità, i cittadini e gli agricoltori lucani.
Uno sopra tutti, ma non il solo: la forestazione e i lavori di cura del territorio. Dai tre Consorzi di Bonifica territoriali nati per assicurare principalmente la bonifica e la distribuzione delle acque irrigue agli agricoltori dei territori di tre aree circoscritte con cui avevano un rapporto di prossimità, nascerebbe, dunque, un Ente Unico Regionale in cui confluiscono i lavoratori dei tre ex consorzi più i forestali impegnati nei vari progetti regionali. Certamente uno dei più grandi Enti di Basilicata con migliaia di dipendenti e, forse, il più grande Ente a gestione mista pubblica/privata in agricoltura del Mezzogiorno.
Un Ente che supera lo stesso profilo più simile ad una “società fra privati” dei vecchi consorzi controllati dal pubblico (la Regione) in un ruolo comunque esterno, per diventare un soggetto in cui il pubblico interviene direttamente nella gestione. La composizione dell’Assemblea Consortile è formata per il 32% dalla Regione, per l’8% dai Comuni e per il 60% dai privati. Privati, val la pena di sottolineare che, comunque, non possono sottrarsi né dalla contribuenza né dall’essere soci dal momento che la condizione di socio è obbligatoria per risiedere ed avere un’attività nelle aree della bonifica.
Vi è una discussione di merito, che pure va sviluppata e approfondita, sull’opportunità di stravolgere strumenti di gestione della bonifica e delle acque legati al territorio ed alle sue specificità e sulla opportunità di caricare della forestazione un Ente di cui sono consorziati obbligatoriamente cittadini e imprese. Mi chiedo, se e quando i soldi della forestazione garantiti in gran parte dalle risorse comunitarie finiranno, a chi dovranno rivolgersi i braccianti per rivendicare il giusto salario? Ai cittadini e agli agricoltori che sono soci obbligati del Consorzio?
La Riforma dei Consorzi di Bonifica, dunque, è cosa delicata che investe i destini di molti cittadini e lavoratori della Regione e su cui dobbiamo ampliare la discussione e il dibattito che non possono rimanere relegati nei confini di tecnici, elite politiche, lobbies di interessi più o meno oscure e, tantomento solo delle Organizzazioni Professionali Agricole. Dico tantomeno perché proprio dal ruolo che hanno svolto le Organizzazioni Professionali Agricole fin qui nella gestione dei vecchi consorzi dobbiamo guardarci.
I sindacati agricoli, che si definiscono tali se, come recita la costituzione, fanno rappresentanza, in realtà hanno finito per condizionare e occupare i ruoli di gestione e di comando dei consorzi stessi in un ormai insopportabile intrallazzo consociativo con la politica. La Coldiretti, che cito perché si vanta di essere il più grande sindacato degli agricoltori, ha espresso negli anni scorsi tutti i presidenti dei vecchi consorzi di bonifica, assicurando indirettamente a propri dirigenti lauti stipendi pagati dalla comunità e condizionando in maniera decisiva le scelte operative degli Enti. Scelte operative e gestioni che ci consegnano carrozzoni inefficienti, sprechi, disfunzioni, un indebitamento indecoroso accumulato, in particolare, nelle ultime gestioni.
Scelte che hanno visto l’assenza completa di una funzione di rappresentanza vera e piena. Immaginate l’agricoltore incazzato che va dal proprio sindacato dopo una giornata dura di lavoro a denunciare (per esempio) che il Consorzio di Bonifica non gli eroga l’acqua, oppure che il vicino (amico di tizio) l’acqua ce l’ha e lui no, o il canale non viene pulito e chiede al “suo sindacato” di intervenire. Immaginate l’imbarazzo del funzionario di quel sindacato che dovrebbe protestare con un Presidente del Consorzio iscritto alla sua stessa organizzazione che prende lo stipendio dal Consorzio.
Immaginatelo e traete le conclusioni. Mimmo Guaragna è intervenuto sulle pagine di questo giornale chiedendosi dove erano i sindacati agricoli quando è stata fatta la norma regionale e denunciando chi ora protesta e fa ricorsi mentre nulla ha detto ieri nel “Tavolo verde” in cui sedeva (il Tavolo Verde per chi non lo sapesse è il tavolo di concertazione fra la Regione e alcuni sindacati agricoli). Guaragna ha ragione a chiederlo ed a denunciare perché mette il dito nella piaga. Guaragna e i cittadini lucani devono, però, sapere, che a quei tavoli non tutti siedono. Noi, Altragricoltura e LiberiAgricoltori, non ci siamo sia perché non condividiamo l’approccio consociativo che vi si consuma sia perché quando siamo stati invitati ed avevamo dato la disponibilità si è levata una alzata di scudi proprio da quelle organizzazioni che vi siedono vantando un diritto di “prelazione” come se la rappresentanza fosse “cosa nostra”.
Noi continuiamo a fare il nostro lavoro rivendicando che l’autonomia sindacale, la capacità di stare di fronte alla controparte senza essere prima passati alla cassa col cappello in mano, sono elementi fondamentali della qualità della democrazia. Per noi la Regione, come il Governo Nazionale, non sono né amici, né nemici ma istituzioni con cui ci relazioniamo senza alcun preconcetto negativo ma nemmeno positivo.
Per questo stiamo facendo tutto quello che possiamo perché la Regione assuma responsabilità e, per una volta, la politica faccia quello che deve fare senza farlo fare alla magistratura.
Le elezioni al Consorzio di Bonifica sono illegittime e vanno annullate, sia per i motivi che stiamo ampiamente spiegando da settimane sia perché la Corte Costituzionale con la sua sentenza ha affossato i principi fondanti della norma. A quei motivi se ne aggiungeranno altri, dal momento che noi stessi stiamo preparando un Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica per sottoporre al suo giudizio altri profili di illegittimità e incostituzionalità sia della norma sia nel modo come è stata applicata.
Con questo orizzonte limpido oggi ci rivolgiamo non solo alla Giunta Regionale ma a tutta la politica che ha il compito di riscrivere le norme e di garantire trasparenza. Il silenzio imbarazzante che sentiamo è proprio qui: che ha da dire la III Commissione Consigliare? Che hanno da dire su questa vicenda i Consiglieri Regionali tutti? Dove è finita l’opposizione in questa regione? Tutti impegnati a scegliere i candidati?
Possibile che nel momento in cui la stampa fa il proprio dovere aprendo i riflettori su una vicenda cosi delicata, la politica giri la testa? Aspettiamo! Comunque, noi andiamo avanti anche per scongiurare il pericolo più grande: che in questi tempi di tornate elettorali tutto cambi per non cambiare nulla o poco e che, magari, cambiano i nomi dei Consiglieri Regionali e i loro simboli, ma il pasticcio di questa legge rimane e i Presidenti del Consorzio (e degli altri Enti regionali) continuino ad essere i soliti noti. Il cambiamento non è solo nei simboli e il potere ha la straordinaria capacità di trasformarsi.
Gianni Fabbris