Giornata della Terra: il nostro grido per guarire le sue ferite.

Istituita nel lontano 1970 in seguito al disastro ambientale, causato dalla fuoriuscita di petrolio dal pozzo della Union Oil al largo di Santa Barbara in California, l’Earth Day – Giornata della Terra, è la più grande manifestazione ambientale e coinvolge tutte le nazioni del pianeta.
E’ una giornata importante in cui si celebra la Terra e se ne promuove la salvaguardia attraverso la tutela delle risorse naturali, contro l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la distruzione degli ecosistemi, la scomparsa di numerose piante e specie animali, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili sempre più sovrasfruttate.
Forse non è un caso che nella nostra regione è di questi giorni la notizia che in diversi comuni del materano vi è il divieto di bere acqua potabile; episodi che ci impongono, oggi più che mai, una riflessione importante e necessaria.
Una riflessione che induce a invertire la rotta, con l’unica soluzione di cambiare radicalmente le nostre abitudini ed il nostro stile di vita.
La Terra è ferita, dovremo preoccuparci perchè lo siamo anche noi.
L’inquinamento delle falde e dei corsi d’acqua, l’eccesso di plastiche nei mari (è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica l’edizione 2018 della Giornata Mondiale della terra), l’inquinamento dell’aria e la presa di coscienza che chiama in causa ciascuno di noi rappresenta una partita globale, fondamentale è imparare come si smaltisce, come si ricicla, come si possono tenere comportamenti virtuosi e sostenibili.
Oggi è il giorno in cui in tutto il mondo si ricorda l’urgenza di attivarsi per la salvaguardia ambientale del nostro pianeta. Una celebrazione globale, in occasione della quale come associazione non possiamo non invitare a riflettere su uno dei suoi elementi vitali: l’acqua.
L’acqua ricopre la Terra per il 70% della sua superficie. Noi stessi siamo ‘fatti’ d’acqua, bene fondamentale per la vita di tutti noi.
Siamo ricchi d’acqua ma rischiamo di diventarne poveri se non ci attiviamo per preservare e valorizzare questa risorsa così preziosa.
Come ha evidenziato Papa Francesco, il 25 febbraio 2017, ‘la terza guerra mondiale potrebbe avvenire per mancanza di acqua’ sottolineando la necessità, come, per altro, riconosciuto dall’ONU nel 2010, che ogni ‘persona ha diritto all’accesso di acqua potabile e sicura in quanto essa rappresenta un diritto umano essenziale nonché una delle questioni cruciali nel mondo attuale’.
Il suo accesso è quanto mai un miraggio così come manca la cooperazione tra Stati per il suo utilizzo. Manca, infatti, a livello mondiale, un’Authority dell’Acqua che potrebbe, come ha sottolineato il presidente del Comitato Italiano per un contratto mondiale sull’acqua (CICMA), Rosario Lembo, ‘configurarsi seguendo il modello di un’Agenzia dell’ONU, pari alla FAO, che si occupa del cibo, e dell’OMS, che si occupa di sanità’. “Oggi” continua Lembo “la tutela dell’ONU, in materia di acqua si divide infatti tra UNICEF e UNESCO, e non è affatto sufficiente.”
Tra gli strumenti internazionali usati per dirimere le controversie sull’acqua c’è, infatti, la Convenzione delle Nazioni Unite sull’uso dei corsi d’acqua non legati alla navigazione. Nel luglio del 2010, grazie anche alla mobilitazione dei movimenti per l’acqua, l’ONU ha approvato (come evidenziato in precedenza) una risoluzione che riconosce il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari come ‘diritto umano universale, autonomo e specifico, essenziale per il riconoscimento del diritto alla vita e a tutti gli altri diritti’.
Ad oggi però il diritto a un minimo vitale di acqua pulita non è garantito in nessun Paese del mondo e nel frattempo essa sta divenendo una risorsa sempre più rara e inquinata per la quale sono in aumento i conflitti per il suo accesso.
E’ evidente che le imprese multinazionali sono riuscite a convincere un buon numero di Stati a escludere ogni riferimento al diritto umano all’Acqua dalla nuova Agenza ONU degli Obiettivi di Sviluppo sostenibili da raggiungere entro il 2030.
Si parla di accesso all’acqua attraverso un prezzo equo di mercato; un pericolo che aumenta se si tiene conto di vincoli che trattati come il TTIP tra Europa e Stati Uniti, o altri accordi di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in fase di negoziato, potrebbero introdurre.
Le convenzioni internazionali sull’uso delle risorse o la stessa risoluzione ONU sul diritto umano all’acqua non sono strumenti vincolanti e non tutelano i diritti delle comunità locali. Siamo quindi ancora molto lontani per arrivare a vivere in concreta armonia con il nostro Pianeta.
Per scongiurare il rischio che siano imprese e mercati a decidere la modalità con cui gli Stati possono garantire l’accesso all’acqua il CICMA con il supporto dell’Università Bicocca, ha redatto una proposta per un ‘Secondo protocollo opzionale al patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali’ ossia uno strumento di diritto internazionale che porta al rispetto dei principi e degli obblighi sanciti dall’ONU.
Il Protocollo, se ratificato dagli Stati, stabilisce e codifica infatti, le modalità con cui il diritto umano all’acqua, associato alla nutrizione e ai servizi igienici, deve essere garantito in maniera vincolante garantendone l’universalità del diritto e vincolandone le legislazioni nazionali.
Fondamentale rappresenta l’uso quindi di questo strumento che introduce vincoli di tutela e salvaguardia delle risorse idriche (spreco, inquinamento, land grabbing, etc.) proponendo inoltre un Fondo Internazionale di solidarietà per garantire il diritto al minimo vitale (50 litri al secondo) nei Paesi più poveri.
A sostegno di questa proposta è stata lanciata la campagna www.waterhumanrighttreaty.org
Come la nostra regione ha evidenziato, una delle più ricche d’acqua in Italia, ma sicuramente come numerosissimi altri casi nel mondo, urge regolamentare anche la produzione di bio-combustibili, perché il diritto all’utilizzo di acqua a fini di sussistenza prevalga su quello lobbistico di produzione di energia; insomma è necessario un vero e proprio cambio di mentalità.
Nel video riproponiamo la storia di Giovanni Grieco, sintomatica di come l’uso non corretto delle risorse e del suolo porti alla morte e al declino delle nostre stesse attività economiche e d’impresa.
Giovanni era un produttore agricolo che aveva un fatturato milionario sulla sua produzione di canestrato di Moliterno, l’unico produttore lucano di Canestrato di Moliterno IGP.
Una storia la sua, compromessa dall’inquinamento della Valbasento e delle sue falde in cui sono stati sversati liquami radiattivi.
L’Azienda Grieco ha chiuso a dicembre del 2013, in seguito dell’alluvione di Metaponto (MT) di cui ci siamo occupati fino allo sfinimento; le vasche nelle quali erano contenuti i residui fangosi destinati al trattamento da parte dell’ente Parco finirono sott’acqua.
Non si sa come né perché ma sembra che da quel momento, e per circa un anno, qualcuno avrebbe continuato a sversare sostanze radioattive nel fiume Basento, nei pressi di Pisticci dove era ubicata la sua azienda che utilizzava quelle acque per l’irrigazione dei campi e abbeverare il suo bestiame; lì proprio in quel territorio che, a partire dal 2008, era stato dichiarato Sito di interesse nazionale (SIN).