Il mancato accesso all’acqua potabile è una grande emergenza mondiale, e lo sarà ancora se non cambieranno le politiche di investimento.
Come ha evidenziato Papa Francesco, il 25 febbraio scorso, ‘la terza guerra mondiale potrebbe avvenire per mancanza di acqua’ sottolineando la necessità, come, per altro, riconosciuto dall’ONU nel 2010, che ogni ‘persona ha diritto all’accesso di acqua potabile e sicura in quanto essa rappresenta un diritto umano essenziale nonché una delle questioni cruciali nel mondo attuale’.
Secondo il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si scopre che l’acqua a disposizione di oltre due milioni di persone è contaminata, nella migliore delle ipotesi da inquinanti fecali. L’alimento più prezioso quindi è spesso causa di morte e il suo accesso è quanto mai un miraggio mancando un’effettiva cooperazione tra Stati per il suo utilizzo.
Manca, infatti, a livello mondiale, un’Authority dell’Acqua che potrebbe, come ha sottolineato il presidente del Comitato Italiano per un contratto mondiale sull’acqua (CICMA), Rosario Lembo, ‘configurarsi seguendo il modello di un’Agenzia dell’ONU, pari alla FAO, che si occupa del cibo, e dell’OMS, che si occupa di sanità’. “Oggi” continua Lembo “la tutela dell’ONU, in materia di acqua si divide infatti tra UNICEF e UNESCO, e non è affatto sufficiente.”
Tra gli strumenti internazionali usati per dirimere le controversie sull’acqua c’è, infatti, la Convenzione delle Nazioni Unite sull’uso dei corsi d’acqua non legati alla navigazione. Nel luglio del 2010, grazie anche alla mobilitazione dei movimenti per l’acqua, l’ONU ha approvato (come evidenziato in precedenza) una risoluzione che riconosce il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari come ‘diritto umano universale, autonomo e specifico, essenziale per il riconoscimento del diritto alla vita e a tutti gli altri diritti’.
Ad oggi però il diritto a un minimo vitale di acqua pulita non è garantito in nessun Paese del mondo e nel frattempo essa sta divenendo una risorsa sempre più rara e inquinata per la quale sono in aumento i conflitti per il suo accesso.
E’ evidente che le imprese multinazionali sono riuscite a convincere un buon numero di Stati a escludere ogni riferimento al diritto umano all’Acqua dalla nuova Agenza ONU degli Obiettivi di Sviluppo sostenibili da raggiungere entro il 2030. Si parla di accesso all’acqua attraverso un prezzo equo di mercato; un pericolo che aumenta se si tiene conto di vincoli che trattati come il TTIP tra Europa e Stati Uniti, o altri accordi di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in fase di negoziato, potrebbero introdurre.
Le convenzioni internazionali sull’uso delle risorse o la stessa risoluzione ONU sul diritto umano all’acqua non sono strumenti vincolanti e non tutelano i diritti delle comunità locali. Siamo quindi ancora molto lontani per arrivare a vivere in concreta armonia con il nostro Pianeta.
Per scongiurare il rischio che siano imprese e mercati a decidere la modalità con cui gli Stati possono garantire l’accesso all’acqua il CICMA con il supporto dell’Università Bicocca, ha redatto una proposta per un ‘Secondo protocollo opzionale al patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali’ ossia uno strumento di diritto internazionale che porta al rispetto dei principi e degli obblighi sanciti dall’ONU.
Il Protocollo, se ratificato dagli Stati, stabilisce e codifica infatti, le modalità con cui il diritto umano all’acqua, associato alla nutrizione e ai servizi igienici, deve essere garantito in maniera vincolante garantendone l’universalità del diritto e vincolandone le legislazioni nazionali.
Fondamentale rappresenta l’uso quindi di questo strumento che introduce vincoli di tutela e salvaguardia delle risorse idriche (spreco, inquinamento, land grabbing, etc.) proponendo inoltre un Fondo Internazionale di solidarietà per garantire il diritto al minimo vitale (50 litri al secondo) nei Paesi più poveri.
A sostegno di questa proposta è stata lanciata la campagna www.waterhumanrighttreaty.org
Tra le urgenze c’è sicuramente quella di regolamentare anche la produzione di bio-combustibili, perché il diritto all’utilizzo di acqua a fini di sussistenza prevalga su quello lobbistico di produzione di energia.
Guy Ryder, presidente della UN-Water e responsabile dell’International Labour Organization, sottolinea che ‘portare acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta è una grande sfida, che bisogna assolutamente vincere, e l’aumento degli investimenti possono produrre notevoli benefici per la salute e lo sviluppo umano, creare occupazione e fare in modo che nessuno debba più morire per l’acqua’, né migrare per le conseguenze della scarsità o della mancanza di acqua potabile.