TJ esprime solidarietà all’alluvionata Alessandra Bacchetta.


Stamattina Alexandra Bacchetta ha organizzato un evento pubblico con stampa e politici per dare un segnale di svolta alla sua situazione. Abbiamo inviato un comunicato di auguri e solidarietà
per quanto sta facendo da 5 anni di lotta solitaria contro i mulini a vento.

Segue il nostro comunicato.


Cara Alessandra, ti scrivo a nome della comunità degli alluvionati delle TerreJoniche, fra la Puglia e la Basilicata non solo per esprimerti solidarietà ma per condividere l’impegno civile ed umano a pretendere che vengano riconosciuti i diritti delle popolazioni colpite da disastri ambientali come è un’alluvione.
Disastri che mai hanno cause solo naturali ma che, al contrario, trovano la loro ragione nelle responsabilità individuali e collettive.
Da quando esiste il mondo, ogni volta che piove, l’acqua ingrossa i letti dei fiumi ed esce dagli alvei ma è solo per la responsabilità umana che produce lutti e disastri nelle nostre terre e nelle nostre case.
E’ sempre più evidente come l’abbandono delle pratiche attive di governo del territorio da parte delle istituzioni, la irresponsabilità con cui una parte dei cittadini tende a considerare il modo in cui si gestiscono i fiumi e gli insediamenti umani, il cambiamento profondo del clima con la tropicalizzazione e la concentrazione dei fenomeni atmosferici ci dicono di una situazione che chiederebbe un impegno straordinario politico e civile a prevenire ed a dare risposte.
Al contrario assistiamo ad una discussione politica distratta e superficiale che non riesce ad inventariare la priorità urgente di un piano serio per la messa in sicurezza del territorio ed un quadro normativo che garantisca i cittadini colpiti da disastri ambientali come le alluvioni di sapere con certezza cosa li aspetta e quali diritti verranno loro riconosciuti.
Assistiamo, anche, alla terribile liturgia dei riflettori della comunicazione e dei media che si accendono mentre il fango è nelle strade e nelle case, i morti e gli sfollati  fra funerali e centri di raccolta per poi spegnersi passata l’emergenza e lasciare il territorio, le istituzioni di base, le aziende, le famiglie e le persone nella solitudine, nell’incertezza e nell’abbandono.
Soprattutto assistiamo alla sufficienza distratta dei tanti, persino nelle istituzioni che avrebbero la responsabilità di farsi parte di governo attiva, di fronte ai richiami ad intervenire per dare risposte e prevenire altri disastri.
In realtà le nostre popolazioni sono schiacciate da una tenaglia terribile: da una parte l’inesistenza di investimenti per la prevenzione e la messa in sicurezza e dall’altra il vuoto normativo e istituzionale che nega, nei fatti, certezze a chi è colpito.
Tocca a noi, persone di buona volontà spesso colpite negli affetti e nei beni dai disastri ambientali, tenere alto l’impegno civile per avere risposte. Tocca a noi anche a costo di mille sacrifici, rompere la cappa di silenzio che cala dopo l’emergenza e pretendere dalle istituzioni e dalla politica, oltre che a tutta la comunità, quelle risposte che fanno la differenza fra una società democraticamente fondata sul riconoscimento dei diritti fondamentali e quella dell’ingiustizia che condanna una parte tanto grande del nostro territorio nazionale a convivere con l’incertezza, la paura di nuovi disastri e la insicurezza di poter pianificare e gestire la prospettiva del futuro e di una vita degna nelle aree esposte a disastri idrogeologici.
Il nostro comitato è impegnato ormai da tre anni in una lunga e dura vertenza che ha dovuto fare fronte a tre alluvioni  con morti e molte centinasia di milioni di danni accertati. Ogni genere di sforzo sta producendo risultati troppo lentamente e troppo deboli per le attese e le necessità.
Serve uno scatto civile nazionale che non lasci soli chi è stato direttamente colpito dalle alluvioni e aiuti il Paese ad assumere la consapevolezza che la messa in sicurezza del territorio ed una nuova cultura e pratica dei bacini dei fiumi è una grande questione nazionale che riguarda tutti.
Noi che siamo stati direttamente colpiti siamo in prima persona in campo con le forme più forti possibili a cercare di tenere aperta la richiesta di dignità ma serve che le istituzioni e la politica prendano coscienza e, conseguentemente, sentano il senso del dovere. 
So che hai fatto un duro sciopero della fame per chiedere risposte ed attenzione, noi ne abbiamo fatti 5 in tre anni, io stesso ne ho fatti due. Una società in cui una sua parte, per chiedere il rispetto di diritti fondamentali è costretta a mettersi alla prova con tanto impegno, rischio e sofferenza è una società debole che corre seriamente il rischio della sconfitta.
Questa è una condizione che non possiamo tollerare né come persone colpite né come cittadini per questo dobbiamo intensificare i nostri sforzi per avere riconosciuti in Italia (in Lombardia come in Sicilia o in ogni altro luogo) un piano di messa in sicurezza e prevenzione, investimenti e risorse, un quadro normativo certo per tutti che eviti l’odioso riprodursi di alluvioni di serie A e di serie B e il rispetto da parte delle Istituzioni locali (Regioni, Comuni ed Enti territoriali) delle norme per la prevenzione e la messa in sicurezza.
Ti siamo vicini non solo per solidarietà ma, anche e soprattutto, per condividere l’impegno e lo sforzo insieme agli altri Comitati d Alluvionati di tutta Italia ad ottenere risposte. Ritienici parte della tua lotta che è la nostra come sappiamo che tu condividi i nostri sforzi.
Un abbraccio per ora virtuale sperando di incontrarti presto

Metaponto, 2 Aprile 2014

Gianni Fabbris – Portavoce del Comitato per la Difesa delle Terre Joniche