Gli spaventapasseri raccontano di un modo che forse da qualche parte ancora esiste, dove l’uomo vive del suo lavoro senza compromessi e nel rispetto degli altri uomini e della sua terra.
In alcune campagne è possibile ancora vederli, avvistarli nei mesi di sole a proteggere un campo, un albero, un orto rubato ai pendii più ripidi. Sentinelle solitarie e silenziose che riempiono di colore e fantasia i prati. Un oggetto semplice, giocoso, ludico, rurale legato alla storia del paesaggio e al mutare delle stagioni.
Lo spaventapasseri era un manufatto quasi magico, che apparteneva all’iconografia rurale del passato, costituito da materiali semplici, a volte spettrale, quasi a identificare l’amore del suo artefice o forse, il più delle volte, il frutto della casualità e di quello che sia aveva sottomano. Anche mio nonno, da bambina, me ne ha fatti costruire alcuni fatti di stracci, di vecchi vestiti fuori uso della nonna, di rami secchi, di rudi ‘cappellacci’ e nel costruirli mi raccontava storie magiche accrescendo in me la convinzione che quell’ ‘omo finto’ e pure bruttarello avesse un coraggio da leone e nella solitudine delle sue giornate cacciasse gli storni che si fossero avvicinati al quel piccolo orto domestico.
Ma di spaventapasseri ormai non se ne vede più. E’ un mondo che sta pian piano scomparendo così come sta scomparendo la nostra agricoltura diventando sempre più serva di padroni nuovi che dominano la grande distribuzione e il potere di decidere nelle areose stanze di Bruxelles. Un sistema che non rispetta nè terre, nè lavoro, nè animali e fin’anche gli uomini.
In questo scenario desolante non resta che sperare in un riscatto globale, nel riscatto di tutti, produttori e consumatori. Poco importa se la causa sia della globalizzazione, della crisi mondiale, dai mutati equilibri nei consumi, quello che preoccupa è la tenuta del sistema agricolo mondiale, la perdita di sistemi di produzione non dannosi per l’ambiente, la biodiversità, il diritto dei popoli a produrre, la presenza di cibi dannosi per l’uomo.
Decidiamo allora quale valore dare allo spaventapasseri oggi se difenderlo in qualità di simbolo e detentore dei saperi, teorici e pratici, necessari ad assolvere un ruolo e di cui nessuno è esente o, meri pupazzi senza cervello, fantocci fatti di paglia, crusca e fogli di giornale che blaterano al mondo permettendo che il nostro valore più grande sia perso chiedendoci ‘indove sta la fede? e indove sta l’onore? e questo è un omo?’
Dice che un giorno un Passero innocente
giranno intorno a un vecchio Spauracchio
lo prese per un Omo veramente;
e disse: – Finarmente
potrò conosce a fonno
er padrone der monno! –
Je beccò la capoccia, ma s’accorse
ch’era piena de stracci e de giornali.
Questi – pensò – saranno l’ideali,
le convinzioni, forse:
o li ricordi de le cose vecchie
che se ficca nell’occhi e ne l’orecchie.
Vedemo un po’ che diavolo cià in core…
Uh! quanta paja! Apposta pija foco
per così poco, quanno fa l’amore!
E indove sta la fede?
e indove sta l’onore?
e questo è un omo? Nun ce posso crede…
Certe vorte, però, lo rappresento,
disse lo Spauracchio – e nun permetto
che un ucello me manchi de rispetto
cór criticamme quello che ciò drento.
Devi considerà che se domani
ognuno se mettesse a fa’ un’inchiesta
su quello che cià in core e che cià in testa,
resteno più pupazzi che cristiani.
Trilussa – L’omo finto