Infortuni sul lavoro: le donne in agricoltura rischiano di più.


Secondo uno studio dell’Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) presentato oggi a Roma, dal tema ‘Tesori da scoprire: la condizione della donna infortunata nella società. Un’indagine sulle donne vittime del lavoro’, il settore che produce il più alto numero di donne disabili è l’agricoltura con il 15,4% d’incidenza. Segue, a ruota, il settore della sanità con il 12,7%.

Si tratta di un’iniziativa promossa con il patrocinio del Senato della Repubblica e il supporto tecnico delle società di indagini statistiche Datamining.

La ricerca ha indagato su molteplici aspetti della condizione della donna vittima di infortunio.

Ogni anno in Italia circa 2 mila donne diventano ‘disabili da lavoro’ a seguito di un infortunio o una malattia professionale secondo la classificazione adottata da Inail. Alla fine del 2012 si sono registrati in totale circa 690 mila i disabili da lavoro dei quali oltre 96 mila donne.

Secondo Franco D’Amico, coordinatore Servizi statistico-informativi dell’Anmil, “emerge chiaramente dai dati infortunistici un fattore di rischio molto rilevante che è trasversale a tutte le attività e colpisce in particolare la componente femminile: l’infortunio in itinere. Infatti ben il 35% degli infortuni femminili di particolare gravità (grado di menomazione dal 16% al 100%) si verifica nel percorso casa-lavoro-casa; vale a dire che ogni anno circa 500 lavoratrici diventano disabili a causa di questa particolare tipologia di infortunio”.

Secondo l’analisi dell’Anmil, la stragrande maggioranza delle donne disabili da lavoro, circa 84mila pari all’87,5% del totale, è stata colpita da un infortunio, rispetto alle 12mila donne che hanno contratto una malattia professionale (12,5%).

Dall’analisi delle varie tipologie di disabilità emerge che la maggioranza delle 96mila donne disabili, circa 52 mila, pari al 53,6% del totale, hanno limitazioni di natura motoria che possono riguardare gli arti inferiori o superiori ovvero la colonna vertebrale. Circa 10mila donne, pari al 10,5% del totale, hanno disabilità di natura psico-sensoriale, costituite prevalentemente da limitazioni nel sentire (ipoacusia o sordità), nel vedere (ipovedenti o ciechi), nel parlare o da problemi di natura psichica o mentale. Le disabilità di natura cardio-respiratoria sono poco più di 4.600, che corrispondono al 4,8% del totale.

Il restante 31,1%, circa 30 mila donne disabili, rientra invece nella categoria denominata ‘altre e indeterminate’, dove sono comprese tutte le varie tipologie di menomazione. Se si analizza la distribuzione per classi di età, si riscontra una fortissima prevalenza di donne disabili anziane: circa 66 mila hanno un età superiore ai 64 anni per una percentuale pari al 68% del totale; molto numerosa anche la classe di età compresa tra i 50 e i 64 anni che conta circa 21 mila donne disabili ed una percentuale del 22%. In pratica, più di 2 donne disabili su 3 hanno almeno 65 anni e il 90% è ultracinquantenne.

Sul piano territoriale le donne disabili risultano distribuite in misura poco uniforme tra le grandi aree geografiche del Paese, con una decisa prevalenza nel Mezzogiorno (28,2% del totale nazionale) e al Centro (27,5%); sensibilmente più ridotta, invece, la presenza al Nord (22,8% nel Nord-Est e 21,4% nel Nord-Ovest).