Alcuni giorni fa avevamo cercato di raccontare a parole nostre la storia di Emanuele Feltri, un giovane agricoltore siciliano che ha sfidato la mafia locale per difendere una valle bellissima come quella del Simeto e ne sta pagando il conto.
La sua storia ci ha fatto commuovere ma anche indignare perchè vorremmo che il lavoro, la salute pubblica, la salvaguardia del territorio, l’impegno fossero buone pratiche da produrre, con il sostegno delle autorità, senza doversi sempre difendere. Vorremo che il lavoro fosse un diritto per tutti da condurre serenamente e fossero promosse azioni che ne migliorassero le condizioni per renderlo effettivo.
E’ normale indignarsi quando a subire vessazioni sono giovani con tanta grinta e voglia di fare. Ci indignamo quando nelle campagne, i suoi abitanti, le produzioni agricole rimangono isolate, lasciate a se stesse come se fossero un mondo ‘altro’, ricordate solo quando servono a rappresentare un mondo nostalgico, bucolico, dove si magna e si beve e dove la tranquillità la fa da padrona senza guardare ad essa come realtà produttiva, ecologica, sociale e piena di tumulti spesso inespressi in cui “lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall’altra parte” per citare una frase coniata da Levi.
Abbiamo, quindi, sentito forte l’esigenza di chiedere ad Emanuele stesso di raccontare la sua storia attraverso le sue parole per capire com’è iniziata, facendoci vivere il forte legame che lo lega alla sua terra e le mille contraddizioni con le quali giornalmente combatte. La sua è un’azione di forte opposizione e denuncia ad un sistema diventato ormai prassi comune, di minacce, boicottaggi, calunnie, diffamazioni, vissuta da molti e largamente taciuta in una Sicilia sempre più caratterizzata da profonde lacerazioni, dove non è facile vivere in un ambiente sereno, sotto mille pressioni, sempre al limite della legalità, dove manca la tranquillità anche solo per lavorare e la forza di andare avanti.
Ma Emanuele non si arrende e la manifestazione in difesa della sua vallata tenutasi 4 giorni fa e ribattezzata “domenica per la legalità”, con la partecipazione di oltre 600 persone, ne è la dimostrazione.
Quella che segue è l’intervista che Feltri ci ha cortesemente rilasciato e per chi fosse interessato segnaliamo la pagina Facebook che ha realizzato.
Chi è Emanuele Feltri?
L’amore e il legame con la terra mi hanno caratterizzato fin dall’infanzia. Mi affascinava anche la tradizionale cultura contadina e nonostante ho sempre vissuto in città ogni occasione era buona per riscoprire l’entroterra siculo, la sua storia dalle radici rurali e le bellezze paesaggistiche. Ho studiato da perito agrario perché fin da quando avevo quattordici anni sognavo di vivere in un antica masseria con tanti animali e coltivazioni. Un mio caro zio aveva un agrumeto e l’ho sempre aiutato a coltivarlo. Dopo il diploma mi sono reso conto di non avere il denaro per realizzare il mio sogno e ho compiuto studi universitari da scienze politiche a scienze della formazione senza però arrivare alla laurea. Sono stato e sono impegnato nel sociale attraverso percorsi formativi con minori disagiati soprattutto provenienti da quartieri popolari. Ho dato particolare importanza anche al mio impegno politico attraverso un collettivo comunista, sostenendo le lotte dei lavoratori e portando alla luce le tante contraddizioni di questo sistema. Ho svolto diversi lavori, dall’impiegato all’operaio ed ho avuto anche l’opportunità di lavorare in un grosso agriturismo nella gestione dell’azienda agraria. Ho lavorato spesso all’estero ma l’amore per la mia terra mi ha fatto sempre ritornare.
Quando e come è nata la tua decisione radicale di lasciare la città e trasferirti a Sciddicuni?
Due anni e mezzo fa a fronte di una crescente crisi economica non riuscivo a trovare lavoro e stavo per trasferirmi a Padova per gestire un negozietto di articoli vintage. Ho contratto la congiuntivite virale e per un mese sono rimasto chiuso in casa senza poter nemmeno leggere un libro, da quella crisi sono uscito con la consapevolezza che non avrei mai potuto abbandonare la Sicilia e il mio sogno di vivere e lavorare in campagna e così il richiamo della terra e la prospettiva di una vita sana con dei ritmi e dei valori più umani hanno vinto. Ho venduto il mio piccolo appartamento per acquistare una bella collinetta di cinque ettari nel territorio di Paterno con vista fiume ed Etna.
Cosa coltivi e allevi nella tua fattoria?
La proprietà che ho acquistato era in stato d’abbandono da diversi anni e il ripristino delle colture presenti non è stato facile. Coltivo in biologico non certificato un uliveto e un agrumeto, ho una vasta zona ad orti due asini e poche pecore per il controllo naturale delle infestanti. Ho impiantato un carrubeto e integrato l’uliveto con altre varietà da olio. La mia idea è quella di un azienda multipla con vendita diretta dei prodotti rigorosamente biologici, un allevamento di asini ragusani in stato semi brado per la produzione di latte e per il trekking turistico rurale, vorrei anche continuare a lavorare con i bambini attraverso la fattoria didattica e un aula all’interno dell’antica masseria dove poter fare anche educazione ambientale.
Cos’è l’oasi di Ponte Barca e perchè hai deciso di lottare per la sua tutela?
L’oasi avifaunistica di Ponte Barca è un importante bacino fluviale all’interno della bellissima valle del Simeto è stata istituita nel 2009 dalla regione Sicilia ma nei fatti mai gestita o tutelata. Sono presenti il gallo sultano, la cicogna, gli aironi e tantissime altre specie avicole. La sua presenza è il motivo per cui ho acquistato li il terreno. La sento come casa mia e vederla trasformata in una discarica a cielo aperto mi fa davvero male!
Quante persone sono coinvolte con te in questo progetto? Avete un’associazione?
Per il momento sono da solo, mentre continuo a lavorare ed ascoltare la mia terra cerco di capire con chi e in quali modalità poter condividere la mia visione di quel posto. Amo tanto quella collina anche perché è ricca di storia e il suo passato e le sue energie sono ancora forti e presenti. Saltuariamente ci aiutiamo con il mutuo aiuto auto organizzato con altre piccole realtà locali che praticano l’agricoltura biologica e la permacoltura.
Quanto costa difendere le tue idee Emanuele? Cosa hai dovuto subire pur di non dover scendere a compromessi?
Il costo è alto non lo nascondo ma mi sono reso conto che la coerenza con i miei ideali è un elemento dal quale non posso prescindere. Non posso scendere a compromessi con chi rappresenta il male e il veleno della mia amata terra. Ho avuto molti momenti di sconforto ma l’energia per andare avanti è Sciddicuni stessa che riesce a darmela. Vedere le bio diversità e gli equilibri naturali ristabilirsi pian piano in quella collinetta è il premio per ogni mio sacrificio.
La solidarietà è stata tanta, vedere arrivare più di seicento persone a piedi nella mia terra per portarmi il loro sorriso e cercare insieme a me un riscatto è stata un emozione indescrivibile. È venuta la gente comune ma dalle campagne pochi, pochissimi eppure quello accaduto a me è un episodio che spesso colpisce anche loro. A parte il sindaco, alcuni esponenti della sua giunta e il sotto segretario alla giustizia il resto delle istituzioni sono state assenti! Ancora attendo delle risposte dalla Regione Sicilia che ha la competenza in quell’area protetta, se solo mettesse le guardie forestali a pattugliare l’oasi io e gli altri volontari non rischeremmo tanto.
Pensi che sia necessario organizzarsi per resistere meglio e costruire l’alternativa nelle campagne?
Bisogna riportare i giovani alla terra, tanti ragazzi con competenze e una visione dell’agricoltura che si basa sul rispetto della natura e delle biodiversità, che crede in un nuovo modo di coltivare che in realtà ha un sapore antico. Non hanno la possibilità di acquistare la terra a fronte di migliaia di ettari in stato d’abbandono. Ci vuole una politica agricola che li avvantaggi realmente ridistribuendo le terre e rompendo il legame con un agricoltura obsoleta che lascia dietro di se il deserto e che si basa adesso sull’assistenzialismo. La nuova via è un agricoltura a chilometro zero che rompa le distanze tra il produttore e il consumatore chiamandolo ad un consumo critico. Basterebbe che le tante realtà nascenti facessero rete, con i mutui aiuti e una produzione concordata, di alta qualità e diversificata che si potrebbe sconfiggere il mostro rappresentato dagli ipermercati e dai prodotti di “plastica”.
Cosa ti aspetti dal futuro?
Non credo nel futuro, credo nel presente e nella volontà che ognuno è in grado di mettere in campo per migliorare le cose ogni giorno. Bisogna crederci e le strade si apriranno!
Emanuele vorresti fare un appello alla nostra comunità?
Io credo di essere una persona assolutamente normale che è consapevole dei propri diritti e lotta per affermarli, da solo sono riuscito a fare gia tanto in un territorio che non ti regala nulla e che ti pone quotidianamente difficoltà che esulano dal proprio lavoro agricolo e lo rallentano terribilmente. Il mio appello è rivolto ai tanti ragazzi che come me hanno il sogno di vivere e lavorare in campagna. Li invito ad acquistare un terreno a basso costo nella valle del Simeto per condurre delle attività eco sostenibili e determinare insieme un veloce e reale cambiamento. È adesso il momento per farlo!
Diffondere la legalità attraverso il lavoro, l’esempio, la condotta onesta: nessun proclama, solo il semplice agire quotidiano, fatto di coerenza e determinazione. Ed è questo agire silente e onesto che tanto dà fastidio, perché genera emulazione, crea desiderio di bello e di buono. Solo questo tipo di lotta regalerà a noi e ancor di più ai nostri figli il mondo che meritano di avere. Avanti tutta, Emanuele!
beh, ad averlo un appartamento da vendere, vederei ie comprei nel simeto