La rivoluzione dei contadini digitali invade la rete.

Solo ieri si è concluso a Bologna, wwworkers, il primo festival dedicato ai lavoratori della rete.2

Tra le novità importanti che quest’anno la manifestazione ha riservato è stata la presenza dei ‘contadini digitali‘ ossia di coloro che, sempre più numerosi, stanno sfruttando la rete per far conoscere le proprie produzioni a un numero sempre maggiore di utenti. Secondo i dati Istat le imprese agricole informatizzate sono poco più di 60mila ovvero solo il 3.8% delle realtà censite, ma il doppio di dieci anni fa. Boom dei siti, ma sono stati compiuti passi in avanti anche nella gestione aziendale digitalizzata e nella vendita dei prodotti. Il primato della produzione biologica va al Mezzogiorno, dove si trova il 63% delle aziende impegnato in questo tipo di attività, ma anche la forte presenza di imprenditrici, con un dato che si attesta al 30%. Certo, i numeri sono ancora in chiaroscuro: troppo poche le aziende che usano la rete e i programmi informatici per la gestione delle coltivazioni o degli allevamenti. Siamo lontani da quanto accade Oltralpe. Secondo una ricerca realizzata dal Ministero dell’agricoltura francese, in Francia già nel 2005 ben 105mila aziende agricole su 346mila (ossia il 30%) erano connesse ad Internet per uso professionale, con le imprese cerealicole e viticole maggiori utilizzatrici della rete (rispettivamente il 38% e il 35%).

Quello che sta succedendo nel mondo rurale, e lo abbiamo visto lanciando anche le campagne di Altragricoltura, dimostra tuttavia come diventi sempre più pressante la necessità di informare e formare i consumatori sui tanti aspetti e problematiche ad oggi ignote alla maggior parte dei cittadini e che riguardano la comunità delle campagne come le questioni relative alla sovranità alimentare, alla difesa della biodiversità, alla crisi e alla necessità di ridefinire i propri stili di vita, all’accesso al credito, la difficoltà delle vendite, al taroccamento dei prodotti, alle frodi della GdO, etc.

Uno strumento virtuale come la rete può essere utile nella gestione delle informazioni da parte dei consumatori, accorciando al minimo la filiera produttiva, garantendo trasparenza nei prodotti, nei processi, nei trasporti. La rete può intervenire anche in aiuto alla gestione delle aziende agricole attraverso la vendita diretta dando loro la possibilità di investire alla fonte garantendo un mercato con vendite pre-pagate, abbassando drasticamente il costo degli acquisti e contribuendo a creare una stabilità finanziaria non dovendosi preoccupare dell’invenduto e concentrandosi così, nel produrre cibo di qualità.

Tra le storie storie dei contadini digitali presentate alla manifestazione bolognese mi ha colpito una in particolare che parla di speranza e riconciliazione con la terra. E’ la storia di Eutorto.

Eutorto è un orto fatto qualche anno fa da venti lavoratori in cassa integrazione di Eutelia, una società di telecomunicazioni importante, con dodicimila chilometri di rete e una storia travagliata che inizia nel 2004 ad Arezzo. Nel 2009 circa duemila dipendenti vengono messi in cassaintegrazione e venti di loro (ingegneri, matematici, amministrativi: gente che ha gestito progetti informatici per Banca d’Italia, ministeri, Campidoglio eccetera) decidono di ripartire dalla terra prendendone in gestione tremila metri quadrati all’Ardeatino, nella zona sud di Roma facendoci un orto. E l’orto funziona. Il loro diario semiserio pubblicato sul sito non è solo il resoconto puntuale del loro lavoro ma anche la testimonianza che ‘volere è potere’. Rappresenta la risposta di chi non si è arreso ad un destino ingiusto, di chi non si è rassegnato, di chi ha scelto di restare unito agli altri compagni ricominciando proprio dalla terra.

Come afferma Giampaolo Colletti, che mercoledì e giovedì ha invitato tutti a Bologna, “una cosa l’ho capita. Amano la terra in tutte le sue espressioni, oserei dire in tutti i suoi frutti. Peperoni, cavolfiori, arance e addirittura il fagiolo di Venezia. E i suoi composti, tutti rigorosamente naturali, dal vino al miele. E poi amano la rete e tutti noi che la navighiamo, la consultiamo, la viviamo quotidianamente. Perchè in fondo il loro lavoro è certamente ancorato alla terra, ma si lega di fatto alle nuove tecnologie e alle community che popolano la rete e con le quali intessono vere e proprie conversazioni (oltre che vendere prodotti). Sono una nuova generazione di artigiani della terra e della rete. Quasi tutti hanno mollato il vecchio e stressante lavoro fatto di cartellini da timbrare per abbracciare quello durissimo del coltivare la terra e vendere i suoi frutti… è un credo che professano insieme a migliaia di utenti consumatori finali, raggiunti con molta più facilità oggi grazie a internet”.

A dimostrazione che l’agricoltura italiana è comunque in una fase di profonda trasformazione ed evoluzione verso nuove forme di attività complementari.