tratto da Avvenire (leggi articolo originale)
L’Europa rischia seriamente di perdere l’autosufficienza alimentare. Effetto virus, naturalmente. E conseguenza, soprattutto per alcune produzioni, della perdita di base produttiva dovuta alla chiusura delle aziende e alla generale contrazione della produzione. Si tratta di uno scenario nel quale l’agricoltura italiana gioca un ruolo di primo piano.
A lanciare l’allarme sulle conseguenze di Covid-19 è, in Italia, anche la Coldiretti che spiega come sia agricolo il 24% delle oltre 30mila imprese che hanno chiuso nei primi tre mesi dell’anno. In Europa, poi, tutti hanno già chiesto alla Commissione di spendere di più per il comparto.
Il filo doppio che lega l’Italia agricola all’Europa è presto individuato. Quella italiana è l’agricoltura che si classifica al primo posto a livello comunitario per numero di imprese e valore aggiunto; merito dei primati produttivi, di grano duro, riso, vino, ortofrutta ma anche del primo posto di prodotti di qualità come salumi e formaggi. Detto in numeri, il nostro Paese è parte fondamentale di un sistema che, fino ad oggi, è stato il principale esportatore mondiale di alimenti per un valore di 151,2 miliardi di euro e con un surplus commerciale di 31,9 miliardi.
La crisi dell’agricoltura italiana – che secondo molti è già iniziata, anche se in queste settimane è stato assicurato il rifornimento degli scaffali delle vendite al dettaglio –, significa la crisi dell’intera agricoltura del vecchio Continente. Stando a Coldiretti, da quando è cominciata la pandemia in Italia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività; l’impatto varia da settore a settore, con picchi anche del 100% come per l’agriturismo. Senza dire delle difficoltà per l’ortofrutta, il vino, i prodotti lattiero-caseari, i salumi e il florovivaismo.
Ecco perché in Europa si sollecita da più parti un intervento forte. Che potrebbe anche risolversi non solo in un soccorso ad un settore in difficoltà, ma anche in qualcosa che approfitti della crisi per rilanciare l’agroalimentare. Potrebbe essere la messa in pratica dell’idea di un nuovo “piano Marshall” dedicato ai campi (come i coltivatori e non solo loro hanno già proposto), oppure una serie di misure dedicate a iniettare (più di oggi) nei campi e nelle stalle italiane ed europee innovazione tecnologica e attenzione all’ambiente. C’è una certezza: così come per altri comparti dell’economia, anche per l’agricoltura occorre fare presto e bene.