Pubblicato su Agronotizie (leggi articolo originale)
E’ un incontro informale quello previsto dall’8 al 10 settembre a Strasburgo per i ministri dell’Agricoltura della Ue. Di argomenti da affrontare ne avranno molti e fra i tanti quello della etichettatura facoltativa delle carni bovine. Se ne discute da due anni, da quando si è fatta avanti l’ipotesi di modificare il regolamento 1760/2000, con la soppressione della possibilità di offrire sulle etichette della carne informazioni aggiuntive per il consumatore, come il nome della razza, il sistema di allevamento, il tipo di alimentazione e via di questo passo. A giustificazione di una scelta palesemente controcorrente rispetto alle politiche di trasparenza e sicurezza delle produzioni agroalimentari che la Ue si dice intenzionata a perseguire, ci sarebbero i costi che Bruxelles deve sostenere. Ma si tratta di appena 320mila euro, come si apprende dal presidente di Confeuro, Rocco Tiso, che ha affidato ad un comunicato il compito di denunciare quanto sia incomprensibile l’atteggiamento di Bruxelles nei confronti dell’etichettatura. “Se non per impedire alle aziende virtuose di farlo – ha detto Tiso – non si capisce il senso di abolire un qualcosa che è già facoltativo e quindi non obbligatorio.” La ferma posizione di Confeuro e l’appello al nostro ministro per le Politiche agricole, Nunzia De Girolamo, affinché si opponga alla cancellazione dell’etichettatura facoltativa per le carni bovine, ha subito trovato appoggio in Unicarve, da sempre in prima linea su questo fronte. “Il richiamo del presidente Tiso – ha commentato a sua volta Fabiano Barbisan, alla guida di Unicarve e di Italia Zootecnica – è utile a mantenere alta la tensione su un provvedimento impopolare che, stranamente, a Bruxelles fanno di tutto per approvare.” Non è un mistero che da parte delle industrie di trasformazione si guardi con apprensione ad etichette che lascino spazio a più indicazioni, come ad esempio la provenienza delle carni. I costi, lamentano le aziende interessate, sarebbero ingenti. Un atteggiamento comprensibile quando di parla di indicazioni obbligatorie, meno nel caso di etichette facoltative, che come tali lasciano libertà di azione alle aziende e libertà di scelta al consumatore.
Arriva l’Unità di Crisi
In ballo c’è un settore, quello delle carni bovine, che sta attraversando un lungo periodo di difficoltà. Tutto ciò si traduce in un progressivo impoverimento del nostro patrimonio bovino da carne e da latte e in una riduzione della quantità di carne prodotta, che stride fortemente con il deficit italiano in carne bovina. I segnali si avvertono con maggiore intensità nelle regioni più vocate a questa produzione, come ad esempio il Veneto. La situazione in questa Regione ha raggiunto un forte livello di allarme, tanto che è stata attivata in questi giorni una specifica ”Unità di crisi”. Il suo compito sarà quello di individuare gli interventi prioritari da destinare ai due settori, quello della carne e quello del latte. L’unità di crisi sarà presieduta dall’assessore regionale all’Agricoltura, Franco Manzato, e avrà la partecipazione di tutte le rappresentanze dei settori coinvolti. Vedremo cosa l’Unità di crisi potrà in concreto fare. Certo la sua voce potrà aggiungersi alle altre che nell’etichettatura facoltativa vedono uno strumento efficace per conquistare la fiducia del consumatore.