Editoriale del 18 novembre 2020 di Valerio Calabrese*
(vedi l’editoriale nel videogiornale su Iafue, dal minuto 7.30)
La svolta in chiave sostenibile del pianeta deve partire dall’impegno dei singoli a rivedere le proprie abitudini e i propri stili alimentari.
Per capire quale impatto abbia il cibo sulla salute del pianeta si pensi che il sistema alimentare dal campo alla tavola – ovvero tutte le fasi e le attività che riguardano la produzione, la lavorazione, la distribuzione, la preparazione e il consumo di cibo – contribuisce fino al 37% alle emissioni di gas serra e usa il 70% di tutta l’acqua disponibile. Sono alcuni dei dati del report “Fixing The Business of Food: How to align the agri-food sector with the SDGs” realizzato dalla Fondazione Barilla insieme a l’UN Sustainable Development Solutions Network, il Columbia Center on Sustainable Investment e il Santa Chiara Lab dell’Università di Siena.
Rendere più sostenibili i sistemi alimentari potrebbe ridurre del 25% le emissioni di gas serra entro il 2050, e di conseguenza migliorare la biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute pubblica. Sono le previsioni dell’”Enhancing Nationally Determined Contributions (NDCs) for Food Systems”, report pubblicato dal WWF, dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), dall’EAT e da Climate Focus.
Il cambiamento dovrebbe passare dall’adozione di diete più sane e sostenibili e dalla riduzione delle perdite e degli sprechi di cibo. In questo senso, modello di riferimento unitario dovrebbe diventare la Dieta mediterranea già patrimonio Unesco, fondata su un regime vario ed equilibrato, a prevalenza a base di vegetali, e sulla scelta di prodotti stagionali a km 0.
Per toccare con mano i benefici di questo stile di vita basta visitare la sua patria per eccellenza, il Cilento, terra di centenari. E fare un salto a Pioppi al Museo della Dieta Mediterranea, gestito da Legambiente onlus e nato come tributo del Comune di Pollica ad Ancel Keys, biologo statunitense che qui per oltre quarant’anni visse e portò avanti gli studi da cui fu teorizzata la Dieta mediterranea. La struttura museale, dove sorge anche il Museo Vivo del Mare, si propone proprio come luogo di divulgazione del modello alimentare e di vita riconosciuto nel 2010 patrimonio Unesco. Questo attraverso l’esposizione permanente nonché laboratori e manifestazioni, una su tutte l’annuale Festival della Dieta Mediterranea.
Ognuno di noi può fare tanto per contribuire a un mondo più sostenibile, migliorando allo stesso tempo la qualità della propria vita. Un esempio concreto è rappresentato dalle dodici raccomandazioni della Fao (Food and Agriculture Organization) per un’alimentazione sostenibile a basso impatto ambientale: scegliere prodotti a base vegetale; mangiare in modo vario; consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. E ancora: usare ingredienti freschi; limitare il consumo di cibo confezionato; aumentare l’apporto di cereali integrali ed evitare bibite zuccherate.
Dando uno sguardo al contesto italiano, l’emergenza sanitaria e sociale legata al Covid-19 ha avuto tra gli effetti quello di accelerare in parte il processo di revisione degli stili alimentari. Secondo il Rapporto Coop 2020 sulle abitudini di consumo e di acquisto degli italiani, quasi un consumatore su due oggi è intenzionato ad acquistare prevalentemente prodotti Made in Italy, meglio se sostenibili (42%) e salutari (38%). E il 36% degli intervistati prevede di acquistare nel 2021 ancora più cibi sostenibili. Oltre due terzi degli intervistati hanno dichiarato che cambierebbero volentieri supermercato di riferimento a favore di un’insegna più sensibile al tema ambientale, in grado di proporre confezioni più sostenibili e iniziative a favore dell’ambiente.
L’auspicio è che queste tendenze diventino sempre più diffuse e che ad esse si accompagnino programmi strutturali per agevolare il cambiamento e far sì che il consumo di cibo sostenibile diventi sempre meno “elitario”.
* Valerio Calabrese è il direttore del Museo Vivente della Dieta Mediterranea di Pioppi