La LILCA porta in parlamento la voce delle braccianti e dei braccianti e le loro proposte

La voce delle donne braccianti è arrivata chiara e forte in parlamento per bocca delle parole di Lucia Inzirillo (militante e dirigente del SIFUS CONFALI: “Nonostante la naturale capacità storica ed attitudine a gestire la terra, accudire i viventi, conservare i semi, nell’immaginario collettivo le donne braccianti sono viste come meno importanti dei propri colleghi uomini e su loro si scaricano, spesso, i guasti di un sistema agroalimentare che esclude le persone come valore per perseguire con lo sfruttamento solo il profitto. Le donne (indigene e migranti) sono le più vulnerabili, e quindi facili vittime del caporalato, perché spesso madri di famiglia sottopagate, basti pensare che percepiscono meno di 30 € al giorno per 10 ore di lavoro, il più delle volte trascorse in serre, quindi sotto tendoni a respirare umidità e fitofarmaci. Questo purtroppo non ha confino regionali e li troviamo in Puglia, come in Calabria, Sicilia, Lazio, Piemonte ed Emilia. Solo in Puglia le statistiche INPS ci consegnano numeri per cui è possibile valutare in oltre 40mila le braccianti sfruttate. Braccianti cui, non avendo alcuna forma di garanzia retributiva/contributiva, basterà dire “SE NON TI STA BENE DOMANI NON LAVORI” per assicurarsi col ricatto la loro sudditanza.”

Così, pure le parole di Papa Latyr Faye (il presidente dell’Associazione Ghetto Out, Casa Sankara) sono state chiare e forti: “Desideriamo richiamare l’attenzione del Governo e del Parlamento italiano sull’ormai decennale questione dei braccianti agricoli stranieri, sfruttati nei campi senza contratto, senza diritti, in condizioni disumane e alla mercé di caporali in combutta con gli imprenditori agricoli. Noi chiediamo che lo Stato italiano metta mano in modo definitivo a questo problema, impegnandosi attivamente nella regolarizzazione dei braccianti agricoli stranieri, ma non mediante il meccanismo delle sanatorie. Chiediamo un’azione a più livelli se si vuole veramente strappare migliaia e migliaia di persone che non hanno nessuna protezione, nessuna tutela, nessun punto di riferimento, dalle mani della criminalità, che purtroppo spesso rappresenta per loro l’unico ‘sistema di protezione’. Invece è lo Stato che deve essere maggiormente presente e rappresentare il loro punto di riferimento.”

L’occasione è stata quella della presentazione del documento della LILCA, il progetto aperto dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare a difesa del lavoro salariato agricolo.
Ospiti degli On.li Rossella Muroni e Antonio Lombardo, Gianni Fabbris (portavoce dell’Alleanza), Maurizio Grosso (coordinatore della LILCA) e Gervasio Ungolo (Altragricoltura Lavoro) hanno spiegato il quadro e le prime proposte proposte per aprire un confronto nuovo che rimetta il lavoro al centro del rilancio della funzione produttiva dell’agricoltura del Paese sacrificata nel processo di trasformazione verso la grande piattaforma di speculazione commerciale e finanziaria che è diventato il Made in Italy.
Si legge nel documento depositato e che verrà presentato pubblicamente nel Forum su Iafiue per la Terra di venerdi 11 giugno: “

Con queste prime proposte intendiamo riaprire una discussione ormai ferma da troppo tempo.

L’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare, con il progetto della LILCA, persegue l’obiettivo di elaborare proposte e azioni concrete a favore del lavoro salariato come prima condizione per ripensare tutto il nostro agroalimentare chiamato a recuperare la sua vocazione di relazione con i territori.

Riconquistare i diritti vuol dire recuperare significato e senso; per questo ci poniamo e poniamo le domande: quale lavoro? Per quale agricoltura? Per quale cibo e quale territorio?

Da “contadini e braccianti” non solo dovremo difendere il salario e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici ma, anche, partecipare di un progetto che recuperi parte del valore sottratto dalla finanza e dalla speculazione commerciale nei decenni scorsi.

Se un pomodoro è pagato dall’industria 9,5 centesimi al campo, come stupirci del caporalato e dell’illegalità? Può la GdO che vende le passate fatte con il sudore dello sfruttamento non sapere? Può non essere chiamata a rispondere?

Il PIANO NAZIONALE DI CONTRASTO ALLO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO che invochiamo deve segnare un punto di svolta e un’occasione per ripensare tutto il nostro agroalimentare, per questo come Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare stiamo lavorando a promuovere il Forum per la Nuova Riforma Agraria ed Agroecologica.

Alla sua base poniamo le proposte di difesa del lavoro, insieme a quelle dell’ambiente e dei beni comuni, e lo facciamo proponendo ai nostri interlocutori politici e istituzionali un confronto sul merito a partire dal riconoscimento dei principi compresi nella Dichiarazione dei Diritti dei Contadini e delle Altra persone che vivono nelle Aree rurali assunta dalle Nazioni Unite nel 2018 e su cui il Governo italiano si astenne.

Al contrario, proponiamo di aprire la discussione e il confronto proprio da quei principi nel convincimento che la Riforma dell’Agricoltura di cui abbiamo sempre più bisogno non sia una questione “tecnica”; serve ripartire dai diritti per ridisegnare il futuro dell’agricoltura italiana: i diritti del lavoro per i salariati, quelli al reddito per le imprese produttive, quelli al cibo, al prezzo ed alla sicurezza alimentare per tutti i cittadini e quelli delle comunità ad avere un territorio tutelato ed al rispetto dei beni comuni.”