editoriale del 28.05.2021 a cura dell’avv. Nicola Digennaro*
L’Editoriale di oggi prende piede dalla MARCIA GLOBALE E COLLETTIVA del 22 maggio scorso in Argentina per poi, propagarsi in tutto il mondo.
MARCIA GLOBALE perché seppur organizzata dal Movimiento de Mujeres Indigenas por el Buen Vivir dal 14 marzo scorso, partita dalla Patagonia, precisamente dalle COMUNITA’ MAPUCHE, con l’obiettivo di raggiungere Buenos Aires, appunto il 22 maggio, dopo aver percorso 1900 chilometri a piedi si è propagata in varie parti del mondo, anche qui in Italia, sia virtualmente con mobilitazione BASTATERRICIDIO e sia tramite marce reali a Roma, Jesi, Milano, Bologna, ecc.
COLLETTIVA perché ha coinvolto ed unito varie realtà nazionali ed internazionali come i FRIDAYS FOR FUTURE, EXTICTION REBELLION, il Movimento NON UNA DI MENO, oppure realtà più locali come la Rete Appenninica Femminista, Coordinamento delle Assemblee delle Donne dei Consultori, Roma Animal Save, gli attivisti del Lago Bullicante EXSNIA – Monumento Naturale, ecc.
MARCIA il cui fine era di chiedere al Governo Argentino, una legge contro le devastazioni ambientali e lo sfruttamento della terra indigena da parte delle multinazionali dell’estrattivismo e dell’agro-business che, per l’avido profitto di pochi, violentano la Ñuke Mapu. Così la COMUNITA’ MAPUCHE chiama la terra intesa nel suo senso più profondo come “culla del vivente”.
Voglio solo ricordare che MAPUCHE, vuol dire “popolo della terra”, ecco quindi la loro intima ed ancestrale connessione con la TERRA.
Come spiega Moira Millan, combattente intellettuale e guida della mobilitazione «La strada per Buenos Aires è una strada che racconta storie – spiega – storie di come il colonialismo abbia spazzato via dal continente sudamericano saperi e culture portando in cambio sfruttamento del lavoro, dominio politico e oppressione sociale. Abbiamo parlato con comunità le cui terre, prima fertili, sono state devastante da miniere, con popoli ai quali è stata rubata l’acqua per farne dighe energetiche utili solo agli interessi delle multinazionali, con genti che hanno inutilmente tentato di fermare gli incendi dolosi che hanno distrutto la foresta che dava loro sostentamento e che addirittura sono stati accusati di essere i responsabili di questi incendi. Tutto questo vogliamo denunciare camminando. Così come vogliamo raccontare e denunciare le storie delle tante donne che hanno subito violenza da un ordine sociale fondato sul patriarcato anche questo figlio del colonialismo».
Mutatis mutandis è quello che, in piccolo o in grande che si voglia, accade anche qui da noi.
Quindi, TERRICIDIO, non solo come, uccisione degli ecosistemi tangibili e dei popoli che lo abitano, ma anche di tutte le forme e le forze che regolano la vita sulla terra, quello che chiamiamo biosfera, ovvero da intendersi, come VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI e DISTRUZIONE SISTEMICA DELLE FORME DI VITA DA PARTE DI MULTINAZIONALI, ma anche di imprese nazionali. Ove si AGGREGANO i concetti e le pratiche di GENOCIDIO (sterminio delle comunità native), FEMMINICIDIO (violenza di genere sistemica a cui le donne sono sottoposte dal sistema patriarcale, inteso anche come Transcidio), ECOCIDIO (danneggiamento e distruzione degli ecosistemi naturali) ed EPISTEMICIDIO (distruzione sistemica di qualsiasi conoscenza ed identità indigena).
Sull’ECOCIDIO, bisogna aprire una parentesi, come dire, di fiducia, poiché, sempre la settimana scorsa il Parlamento Europeo ha votato positivamente due risoluzioni. Una che prevede l’ipotesi di introdurre il reato di ecocidio come crimine internazionale ai sensi dello Statuto di Roma, quindi perseguibile dalla CORTE PENALE INTERNAZIONALE, e l’altra di lavorare a favore del riconoscimento dell’ecocidio a livello nazionale ed internazionale, chiedendo alla Commissione Europea di studiare l’importanza dell’ecocidio per il diritto dell’UE e la diplomazia dell’UE.
Ritornando al concetto di TERRICIDIO, questo non è nuovo, tutto sommato, già se ne parlava alla fine degli anni ’90 del secolo scorso.
Questo crimine contro la Terra è guidato da una “logica” molto particolare, che è caratteristica dell’ordine del capitale, intensificare sempre più lo SFRUTTAMENTO ILLIMITATO DELLE RISORSE NATURALI E DEGLI ESSERI VIVENTI.
E, come se ciò non bastasse, lo sfruttamento delle risorse continua a non fermarsi, basti pensare a quanto sta accadendo in Brasile, in particolare con la Foresta Amazzonica ed i popoli che la abitano, oppure all’uso considerevole dei pesticidi, oppure al traffico illegale dei rifiuti che provoca le varie Terre dei Fuochi sparse per l’Italia, e così via.
MA COME POSSIAMO CAMBIARE STRADA ED EVITARE LA CATASTROFE??
La risposta è l’AGROECOLOGIA che dal basso e dai nostri territori locali e da quelli globali può dare risalto alla necessaria TRANSIZIONE DI SISTEMA, all’URGENTE CAMBIO DI PARADIGMA da quello attuale, profondamente antropocentrico, neocoloniale, industriale-capitalista, patriarcale e razzista, a quello NATURACENTRICO, PLURICOMUNITARIO, SOLIDARISTICO, DEMOCRATICO e DIGNITOSO PER TUTTI.
Peraltro, sull’AGROECOLOGIA come modello di sviluppo sostenibile alternativo all’agro-industria intensiva e monoculturale quindi sul DIRITTO ALLA TERRA. E’da evidenziare, anche l’attenzione di PAPA FRANCESCO, in particolare, con l’ENCICLICA LAUDATO SI’ con testo sull’ECOLOGIA INTEGRALE scritto insieme a Carlo PETRINI, fondatore di Slow Food.
AGROECOLOGIA che DIVIENE STRUMENTO DI GIUSTIZIA CLIMATICA poiché avente valenza politica e sociale da associare alla via più propriamente giudiziaria che si sta sempre più facendo strada e che bisogna sempre più perseguire.
Infatti, è notizia di ieri di una nuova ed importantissima Sentenza della Corte Distrettuale de L’Aia (Tribunale olandese di primo grado) che ha condannato la multinazionale petrolifera Royal Dutch Shell, stabilendo la responsabilità di questa per il suo contributo negativo all’emergenza climatica in corso.
Sentenza che riguarda solo l’Olanda, per ora di primo grado, ma che certamente è destinata a diventare tra quelle più significative in tema di GIUSTIZIA CLIMATICA per via giudiziaria.
Infatti, è la prima volta nella storia che una MULTINAZIONALE PRIVATA viene condannata da un Giudice a perseguire una riduzione puntuale delle emissioni di CO2 (DEL 45% ENTRO IL 2030) indotte dalle sue attività, in ossequio all’Accordo di Parigi.
La decisione rifacendosi al precedente, sempre olandese, stabilito nel CASO URGENDA, ingiunge alla SHELL, tramite riferimento alla TUTELA DEI DIRITTI UMANI dei residenti olandesi, un DOVERE DI DILIGENZA BASATO sugli articoli 2 e 8 della CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI (CEDU) e sugli articoli 6 e 17 del vincolante PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI POLITICI E CIVILI, che tutelano il DIRITTO ALLA VITA ed il DIRITTO RISPETTO ALLA VITA PRIVATA E
FAMILIARE.
Concludendo e parafrasando le parole dell’argentino Julio CORTÁZAR, uno dei più grandi scrittori latino-americani e partecipe nel realizzare il Tribunale Permanete dei Popoli insieme al promotore e nostro padre costituente Lelio Basso.
“INVENTIAMO PONTI, INVENTIAMO CAMMINI” VERSO SOLUZIONI DA FAR ASCOLTARE A COLORO CHE VORRANNO MARCIARE INSIEME A NOI E TRASFORMARE IL MARCIARE IN QUEL “GRAN CLAMORE CHE FARA’ CROLLARE LE BARRIERE CHE OGGI LÌ SEPARANO DALLA GIUSTIZIA, DALLA SOVRANITA’ E DALLA DIGNITA’.”
*Alleanza Sovranità Alimentare, Avvocato Diritti Umani e per la Natura.
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