editoriale del 13.4.21 di Fabio Sebastiani
Il 2020 è stato l’anno peggiore dello sfruttamento in agricoltura, come ha denunciato l’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil (Federazione dei lavoratori dell’agroindustria). Nell’arco di soli due anni il numero di uomini e donne costretti a lavorare senza regole né contratti è passato da 110mila a 180mila.
L’Istat conferma che il settore agricolo (872mila occupati, un fatturato di 59,3 miliardi di euro) è l’area dell’economia dove la violazio-ne dei diritti è più diffusa. Un dato: il lavoro irregolare, in crescita da dieci anni, nel 2018 è arrivato a toccare il 24,2% dell’occupazione, una percentuale doppia rispetto a qualunque altro settore dell’economia. In un contesto del genere segnare diminuzioni di infortuni sul lavoro dell’ordine dell’1-2% è del tutto irrilevante e rischia di trarre conclusioni sbagliate. In un settore dove si può verificare, come documentano le cronache, che i corpi degli infortunati vengano fatti sparire oppure lasciati anonimamente davanti al pronto soccorso, i punti di riferimento sono ben pochi. Anche perché i numeri non tengono conto delle malattie professionali, altro grande tema fortemente connesso al lavoro nero.
A infortunarsi di più sono gli uomini, la causa più frequente è lo scivolamento. Nel 2019 sono stati denunciati 27.031 infortuni da parte di lavoratori agricoli contro i 6.032 delle lavoratrici. Dal punto di vista anagrafico, la fascia di età più a rischio per i maschi è quella fra i 50 ed i 54 anni, con 3.709 denunce nel 2019, pari al 13,7% del totale. Le donne, invece, si infortunano più frequentemente nella fascia immediatamente successiva: l’Inail nel 2019 ha ricevuto 1.148 denunce da lavoratrici di età compresa fra 55 e 59 anni.
La causa principale di infortunio in agricoltura risulta essere lo scivolamento. Nel quinquennio 2015-2019 ha rappresentato il 26,9% del totale degli infortuni riconosciuti dall’Istituto, con un’incidenza maggiore tra le lavoratrici (37,2%) rispetto ai lavoratori (24,4%). Segue la “perdita di controllo totale o parziale di una macchina”, all’origine del 21,9% degli infortuni accertati. In questo caso l’incidenza è maggiore tra gli agricoltori maschi (23,2%) rispetto alle femmine (16,3%).
Il trattore coinvolto nella maggior parte dei decessi. Per quanto riguarda l’andamento dei casi mortali, nei cinque anni precedenti il 2020 il trend registrato è stato molto altalenante, con un saldo in diminuzione pari al -1,8%, da 168 casi nel 2015 a 165 nel 2019 (dato consolidato rispetto a quello degli Open data mensili). Lo studio analitico sulle modalità di accadimento di numerosi casi di infortunio mortale denunciati all’Inail relativi alla gestione Agricoltura conferma l’elevata ricorrenza di alcune circostanze. La maggior parte dei decessi denunciati, in particolare, vede il coinvolgimento del trattore.
La tipologia di infortunio più frequente è quella in cui il lavoratore, alla guida del mezzo, viene schiacciato dal suo ribaltamento, ma sono stati riscontrati anche casi di investimento, metà dei quali da parte di un trattore privo di conducente, in genere perché l’infortunato era sceso dal mezzo che ha continuato a muoversi autonomamente. Altri casi riguardano lavoratori venuti in contatto con organi in movimento del trattore, per i quali il trattore ha avuto un malfunzionamento o legati a operazioni di manutenzione. Infine, proprio sui bandi ISI, ovvero il sostegno di Inail al rinnovamento dei mezzi di lavoro, la denuncia che viene dalle associazioni del settore è che il “Click-day” in realtà rappresenta un ostacolo insormontabile.