editoriale del 29.3.21 di Gianni Fabbris*
Il percorso di confronto fra le tre parole “Comunità , terra, territorio” sviluppato nella settimana scorsa di programmazione di Radio Iafue ha manifestato spunti talmente ricchi e interessanti da indurci a continuare in un dibattito che sta mettendo a fuoco alcuni dei nodi strategici per riscrivere il progetto dell’agricoltura e del cibo del futuro. Continuerà, così, per tutta questa settimana fino a Pasqua, provando ad approfondirne alcuni aspetti per offrire ulteriori significati alla semantica del vocabolario della nostra autonomia.
Dai documenti, testimonianze, riflessioni, dai focus che abbiamo tenuto fin qui sul tema territori/comunità appaiono chiare un paio di questioni che vale la pena richiamare.
La prima è che la “comunità”, intesa come esito di riappropriazione della consapevolezza in uno spazio di relazione e scambio “in comune” fra persone che altrimenti sarebbero divise e separate dagli effetti del modello sociale del capitalismo che si nutre della divisione sociale, è una leva potentissima per qualsiasi percorso di liberazione.
La seconda è che i processi di riaggregazione sociale alla base delle dinamiche evolute di costruzione delle comunità si determinano proprio nella capacità di reagire agli effetti delle crisi continue che il modello capitalista produce. Ogni volta che i singoli si mobilitano per resistere agli effetti che il modello dominante produce sull’economia, l’ambiente, la salute si innescano i processi di comunità. E’ dalla lotta per la sopravvivenza contro il nemico che ti nega il presente e il futuro che nasce la consapevolezza.
Vale, però, la pena di interrogarci ancora per chiederci come si determini la scintilla che può innescare il processo di costruzione degli spazi pubblici per le comunità. Per farlo, attingo alla mia esperienza degli anni in cui ho militato nel movimento internazionale di Via Campesina, dove ho avuto la fortuna di condurre esperienze irripetibili altrimenti e che mi hanno permesso di osservare i processi in corso tanto da immaginare, prima, gli esiti terribili che sarebbero venuti in Italia e in Europa dall’impatto della nostra agricoltura con la globalizzazione della barbarie che veniva avanti.
Via Campesina è un grande movimento che raggruppa decine di milioni di persone ed opera, fra l’altro, costruendo iniziative diverse in occasione di forum, eventi, mobilitazioni internazionali. In questi spazi di incontro fra genti diverse per culture, condizioni materiali, lingue nulla viene lasciato al caso e tutto viene finalizzato all’obiettivo, ogni volta, di cogliere al meglio l’occasione per far avanzare i processi di costruzione dell’unità del movimento. Ogni volta, per l’occasione in cui vengono riuniti i rappresentanti di tante realtà diverse vengono stabiliti obiettivi e ripartiti compiti in modo da coinvolgere ognuno nella migliore delle condizioni possibili per accrescere la capacità individuale e collettiva di interagire nella dinamica interna e di relazione con l’esterno.
Ogni volta che vi ho partecipato (in tante parti del mondo e nei diversi continenti), sono stato parte di uno straordinario processo di autoapprendimento fondato sul metodo della pedagogia popolare per cui tutti siamo stati coinvolti in una grande dinamica di interazione capace di superare i limiti delle differenze di lingue, culture, condizioni materiali per metterle piuttosto a valore facendole diventare ricchezza. Tutto messo in campo grazie ad una cassetta degli attrezzi dagli strumenti potenti, che non ha mai lasciato al caso l’obiettivo della costruzione di una nuova soggettività fondata sull’autonomia e la ricchezza del nostro punto di vista.
Uno degli strumenti più potenti offerto da questa ricchissima cassetta degli attrezzi da cui attinge il movimento contadino di Via Campesina è “LA MISTICA”.
La “Mistica” è una azione concreta, che mette in scena collettivamente, azioni capaci di rappresentare obiettivi, significati, contenuti esprimendoli oltre le parole pronunciate nelle singole lingue e con i diversi rituali del contesto per diventare, piuttosto, linguaggio collettivo e nuovo.
MI è accaduto, cosi, di partecipare a “performance” di questa natura. Immaginate di essere in un Forum sulla Riforma Agraria a Valencia (in Spagna) alla presenza di centinaia di persone in sala e di tante autorità ed istituzioni regionali, nazionali ed europee al tavolo della presidenza che discutevano di agricoltura e riforma.
Immaginate che, ad un certo punto, si aprono le porte ed irrompono in corteo una ventina di contadini/allevatori di diversi paesi portando ognuno con se gli attrezzi del mestiere (zappe, falci, vanghe, ecc..) e, nelle ceste, i frutti del proprio lavoro (frutta, semi, vino, olio, ecc..). Immaginate che tutto si interrompa e la sala si alzi in piedi. Immaginate che questi agricoltori/agricoltrici salgano sul palco, invitino le “autorità a spostarsi” mettendosi di lato e, sul palco, mettano in scena “il messaggio”. Prende vita, così, la rappresentazione del problema: i contadini zappano, seminano, raccolgono, scambiano sereni, per qualche minuto rappresentano la tranquillità antica del loro duro lavoro condotto quotidianamente da sempre.
Ad un certo punto entrano in scena quattro personaggi vestiti in maniera “borghese” e con quattro cartelli su cui c’è scritto: “FMI”, “Banca Mondiale”, “WTO”, “Speculatore commerciale”. Portano un fascio di soldi, ne sfilano qualcuno e lo distribuiscono ai contadini dopo averli agitati davanti al volto dei contadini. Poi passano alle catene ed alla frusta con cui ripagano quelli che le banconote hanno intascato. Dopo ancora un tempo … la rivolta, la ribellione, i forconi che cacciano dal palco i 4 personaggi …. e il grido che irrompe nella sala con uno slogan scandito da tutti: “Globalise the struggle, globalise the hope!” .. “Globalizziamo la lotta, globalizziamo la speranza”. I contadini escono di nuovo in corteo mentre distribuiscono i prodotti del loro lavoro e i rappresentanti istituzionali riprendono il loro posto. La loro discussione non potrà continuare come prima, la forza del messaggio è arrivata dritta e raccontata senza bisogno di altre parole: non ci sarà riforma se non fuori dalle regole del capitalismo del nostro tempo. Certo, nell’evento, poi ci saranno interventi “politici e articolati tecnicamente e scientificamente da parte di un movimento sempre più capace di esprimere contenuti forti ma il masso della posizione “politica” è posto in maniera forte.
La “mistica” è uno strumento potente, non casuale, non improvvisato, al contrario costruito e partecipato. Nel caso che ho sopra raccontato (uno dei tanti che potrei descrivere) quella modalità si è costruita in un processo partecipato che ha coinvolto tanti. Come ogni volta, è stata costruita una commissione di lavoro in preparazione dell’evento, partecipata da rappresentanti del movimento di diversi paesi. Quella commissione ha discusso gli obiettivi dell’azione e della Mistica, il suo linguaggio, le sue modalità. La “Commissione per la Mistica” (al pari di altre come quelle per le “AZIONI” o per i “DOCUMENTI”), avrà avanzato la sua proposta all’assemblea del movimento costituita per l’occasione dove sarà stata assunta la decisione di come, quando fare l’azione. Il prodotto finale è quello di un grande processo partecipato che avrà inciso nelle coscienze e nelle consapevolezze all’interno del movimento e fuori.
Quale esempio migliore per avanzare nella discussione riflettendo su come si innescano i meccanismi di consapevolezza. Serve una nuova soggettività consapevole e serve assumere la sfida per cui la soggettività non si costruisce in maniera “neutrale” ma si materializza solo su una barricata. Quella che divide gli interessi: da una parte chi vuole mantenere lo stato di cose esistenti, dall’altra chi lo vuole cambiare. Il contrario, insomma, della logica neutra e “terza” del mercato che, in realtà, copre gli interessi dei più forti.
La soggettività della riforma nasce se viene perseguita e se è strumento per la comunità, altrimenti o non nasce o produce gli incubi dell’ingiustizia e dell’autoritarismo.
Mistica … misticanza è terra , paranza è mare . Lavorare cantando , con i piedi per terra , le mani nelle mani di chi sposta un masso , tira la rete . Immaginate di portare tutti un burattino semplice fatto di carta , a rappresentare l’altro da se , e moltiplicare presenza . Immaginiamo che al passaggio in questa marcia , ci siamo altrettante scarpe piene di fatica che si alzano leggere in volo . Immaginate di avere al vostro fianco un uomo e una donna , fatene mille e create un imponente esercito di pace , messaggeri di un mondo fecondo , colmate con il vostro pensiero, immaginando di vedere realmente , saltando i periodi di tempo, condensando i fatti di molti anni in un movimento di clessidra, chiedendo pazienza nell’ascoltare il suono della semina, il colore del nuovo giorno sempre diverso dall’altro, di ogni alba la sua magia , in cui dagli universi passati nascono nuove stelle . Gli scienziati dicono che siamo fatti di atomi ,
Ma un albero mi ha sussurrato che siamo fatti di sogni , un onda mi ha detto che siamo fatti di migrazione , un bambino che gioca con le fate mi ha raccontato che siamo fatti di meraviglia. Non possiamo non immaginare un Mondo così . ( in marcia portiamo la
Cassetta dei sogni , scarpe e cappelli da riempire , burattini da bruciare nel rito del
Cambiamento . Una Musa di fuoco che sapesse salire al più luminoso cielo dell’invenzione: un regno che servisse da palcoscenico , con attori e spettatori di questa scena grandiosa che è la Natura . Non ci appartiene , Noi apparteniamo alla Natura .