Editoriale del 16.3.21 di Gianni Fabbris*
Il Centro di Documentazione e Ricerca dell’Associazione per la Sovranità Alimentare ha pubblicato nel sito dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare il “Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare” che contiene tutti quei provvedimenti che l’Unione Europea si propone di attuare il “Piano di azione sulla Sicurezza alimentare”.
Qui, nello spazio dell’editoriale di Iafue per la settimana delle parole dedicate a “salute, sicurezza alimentare e cittadini” cerchiamo di capire di cosa parliamo e conduciamo qualche riflessione.
Il Libro Bianco è stato pubblicato nel 2000 (con un ultimo aggiornamento nel 2017) dentro una fase di dibattito internazionale importante che già nel 1996 aveva visto assumere al World Food Summit alcune importanti risoluzioni.
Il World Food Summit nel 1996 ha definito la sicurezza alimentare come la situazione in cui tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana. Il concetto di sicurezza alimentare comprende l’accesso sia fisico che economico al cibo che soddisfa le esigenze alimentari delle persone e le loro preferenze alimentari.
In risposta alle crisi alimentari degli anni 1990 (Mucca Pazza, afta epizootica), la Commissione europea ha pubblicato nel gennaio 2000 il libro bianco sulla sicurezza alimentare che segna una tappa importante nella trasformazione della legislazione europea in materia. Vi si annuncia l’elaborazione di un quadro giuridico che copra l’insieme della filiera alimentare – “dalla fattoria alla tavola” – in base a un approccio globale e integrato.
Il Libro Bianco riflette lo sforzo dichiarato dall’Unione europea di considerare la sicurezza alimentare come una delle grandi priorità della sua agenda politica. La sicurezza alimentare, almeno nelle dichiarazioni pubbliche e negli intenti politici dichiarati, diviene ufficialmente un obiettivo trasversale da integrare in vari ambiti di competenza comunitaria fra i quali sono comprese la politica agricola comune e il suo pilastro dello sviluppo rurale l’ambiente, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori e il completamento del mercato interno.
La sicurezza alimentare, così, finisce per comprendere l’alimentazione e la salute degli animali, la protezione e il benessere degli animali, i controlli veterinari, le misure di polizia sanitaria, i controlli fitosanitari, la preparazione e l’igiene dei prodotti alimentari.
Il libro bianco fissa, anche, la necessità di realizzare un dialogo permanente con i consumatori in modo da informarli ed educarli.
In sintesi il documento contiene tutti quei provvedimenti con cui l’Unione Europea si propone di attuare il “Piano di azione sulla Sicurezza alimentare”.
Se lo scopo del Libro Bianco è quello di rendere tale legislazione molto più coerente che in passato e al tempo stesso agire affinché possa diventare decisamente più facile da capire e molto più flessibile, altri due sono gli strumenti messi in campo dall’Europa.
Il primo è il regolamento n. 178 del 2002 emanato dal Parlamento e dal Consiglio Europeo ha l’obiettivo di prevedere principi e requisiti di carattere generale che dovranno essere rispettati nell’ambito della legislazione alimentare nazionale e comunitaria.
Il secondo è senz’altro uno dei capisaldi più importanti di tale testo normativo l’istituzione dell’EFSA, ovvero l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, che stabilisce le diverse procedure concrete da rispettare.
L’EFSA è stata istituita sempre nel 2002 ed ha sede a Parma, riconoscendo al nostro Paese un ruolo di primo piano nella responsabilità di gestire uno strumento che, almeno sulla carta, dovrebbe assumere una funzione strategica nello sviluppo delle politiche e delle iniziative europee per l’agroalimentare.
Dunque gli strumenti ci sono. C’è un quadro normativo e ordinamentale internazionale, una serie di orientamenti comunitari che fissano persino un “Piano per la Sicurezza Alimentare”, un Libro Bianco in aggiornamento che si costituisce come un riferimento per questa strategia, una Autoirità (l’EFSA) con sede a Parma che dovrebbe sovrintendere all’applicazione di questa strategia.
E allora perché siamo cosi lontani dal coglierne gli effetti? Perché ogni stato nazionale si muove con politiche e atti che spesso contraddicono gli impegni dichiarati?
Un esempio? Ricordate quello che è accaduto solo 4 anni dopo l’emanazione del Libro Bianco e l’istituzione dell’EFSA a Parma? L’allora neoministro all’agricoltura italiana, Paolo Decastro, incassò un provvedimento che avrebbe segnato le vicende della cerealicoltura nazionale e ancora le determina: l’Europa portò la soglia del DON (il Deossinivalenolo, una pericolosa micotossina secondo gran parte degli scienziati) da 750 ppb a 1750 ppb aprendo, così, la porta nel nostro Paese (e in tutta l’Europa) a grani altrimenti considerati dannosi per la salute (persino nei paesi dove si producono sono vietati per il consumo umano).
Se l’Europa fosse stata coerente con le sue dichiarazioni e se l’Italia che ospita la sede dell’EFSA avesse avuto a cuore la sicurezza alimentare non avrebbe permesso di mettere a rischio la salute dei cittadini cedendo alle pressioni delle lobbies che, avendo avuto mano libera, hanno potuto importare grano insicuro per oltre il 40% delle importazioni e non avrebbe potuto schiacciare la nostra produzione nazionale a prezzi sempre più bassi.
Ancora (e per onore della equidistanza da una politica tutta responsabile), quando il Ministro Alemanno emanò il provvedimento per la “tutela del Made in Italy” vi inserirì, fra l’altro, due perle da ascrivere nella trasparenza e nei criteri richiamati dal Libro Bianco: i maiali diventavano italiani “purché” fossero stati allevati per sei mesi in Italia (aprendo le porte a tutti gli allevamenti industriali del nord ed est europa e permettendo che nei salumi made in italy entrassero carni provenienti da fuori dall’Italia) e il latte microfiltrato poteva giovarsi della etichetta da “latte fresco” anche se aveva trenta giorni. Anche in questo caso le lobbies degli industriali importatori della carne e del latte furono servite.
E’ una dinamica sempre più chiara: da una parte le dichiarazioni di principio solenni e “politically corrects”, da un’altra Agenzie (come l’EFSA) ridotte a tentare di tamponare gli effetti più che a rimuovere le cause, dall’altra ancora l’azione della politica e delle lobbies che occupano le istituzioni e impongono regole interessate.
In conclusione: certo che è importante che l’Europa si sia dotata di un libro bianco e che, almeno sulla carta, dichiari di vole orientare le sue scelte ai contenuti che vi sono compresi ma fino a quando il nostro sistema di wellfare europeo sarà scorribanda per le lobbies i libri, più che bianchi, corrono il rischio di essere solo parole.
Mentre sale ovunque la domanda di cambiamento e di scelte coerenti e continuiamo a lavorare per la riforma delle politiche agricole europee e nazionali, non vorremmo dover scrivere il “libro nero delle mancate promesse e delle palesi bugie”
*Gianni Fabbris è Presidente del Centro di Documentazione dell’Associazione per la Sovranità Alimentare e coordinatore editoriale di Iafue
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