Da un recente rapporto del Censis è emerso che come con la netta caduta delle disponibilità economiche, insieme alle limitazioni imposte agli spostamenti ed il timore diffuso del futuro, siano aumentati la spesa alimentare domestica e gli acquisti nei negozi di vicinato. Il boom degli acquisti presso i negozi tradizionali di prossimità, hanno avuto un incremento del 31% delle vendite.
Ma nel frattempo gli italiani hanno misurato e adottato anche criteri funzionali per mettere in tavola cibo sano e sostenibile, in qualche modo rivalutandone il ruolo non solo sugli aspetti alimentari, ma anche verso gli aspetti legati al benessere. Lo studio Censis mostra l’apprezzamento degli italiani per l’agricoltura. Secondo l’indagine per il 90% degli italiani l’agricoltura è il motore della sostenibilità. Così come viene rinnovata la centralità sociale del cibo: per il 47,4% degli italiani è stato un formidabile alleato per il proprio benessere psico-fisico, ed è forse per questo che il 93,7% degli italiani si è dichiarato favorevole a dare aiuti alle imprese agricole che investono in sostenibilità.
Questa analisi arriva dopo quella, uscita a settembre, di Coop. In sostanza, la ricerca del Censis conferma il quadro precedente. Da una parte un’Italia ferita e molto preoccupata, dall’altra il desiderio di cogliere l’occasione per una nuova ripartenza. Pessimismo e resilienza. Senso d’insicurezza e ricerca di stabilità. Spending review e coscienza ambientale. Il profilo è quello di un popolo, quello italiano, che sul tema del futuro, potremmo dire, se la sta sbrigando “da solo”. Cioè, sta seguendo un proprio ragionamento nel tentativo di uscire dall’impasse multifattoriale determinato sì dalla pandemia ma anche dalla crisi economica pregressa, dal peso eccessivo del lavoro precario, dal climate change, che impone comportamenti netti e generalizzati, dal tunnel della crisi politica e istituzionale, per meglio dire da una distanza sempre più consistente tra rappresentanti e rappresentati.
Su questo, aprendo una piccola ma importante parentesi, gli analisti politici tutti concentrati a “spiegare” il day by day dell’agenda politica e istituzionale dimenticano di osservare come il Movimento Cinque Stelle ha fallito l’ennesimo tentativo di riavvicinare il paese reale al paese politico. E nemmeno il leghismo è riuscito a portare a compimento il programma di costruzione di una destra razzista e ribellista. E questo non rimane senza conseguenze sul quadro sociale e politico del paese. Quello a cui stiamo assistendo è una politica sempre più arrogante che mira a spartirsi le risorse che stanno per arrivare dall’Europa senza troppi fastidi da un punto di vista generale e, dall’altra, la mancanza di un progetto reale per il paese proprio nel momento in cui non dovrebbe essere un semplice slogan ma qualcosa di molto sostanziale.
I cittadini, ovviamente, grazie al loro sesto senso, avvertono che sulla progettazione del futuro c’è un grande punto interrogativo. Lo choc del Covid è stato forte. E per fuggire dal senso di isolamento si è diffuso un generico sentimento di comunità, anche se non particolarmente connotato politicamente. Nessuno è più disposto a concedere sconti e dilazioni, però. Stanno fiutando l’aria e, forse un po’ ingenuamente, pensano di interpretare il periodo storico attraverso un comportamento individuale appena appena ispirato a quello che avvertono essere una sorta di trend colletivo. Sbagliano, perché solo l’organizzazione e la pratica di una opzione politica può produrre alcuni risultati concreti. Ma questo atteggiamento non è così incompatibile con il valore del “futuro”. Le persone hanno capito che il Covid-19 non è caduto dal cielo. Le sue cause sono le stesse che nel mondo hanno procurato la crisi e la povertà. Questo modello di sviluppo non allude più alle magnifiche sorti e progressive del capitalismo. Solo che la loro riflessione è ancora primordiale, lontana dalla politica mille miglia. Il cammino per una riappropriazione dell’autonomia però è aperto. La reazione istintiva che sta avendo l’insieme dei ceti popolari, cioè quella di alzare il livello di accortezza nella spesa guardando alla sostenibilità e, laddove è possibile, tentare di rinsaldare e rinsaldarsi nelle reti di solidarietà, potrebbe avere da una parte un effetto conservativo ma anche potrebbe dar modo di sperimentare nuove forme e nuove prospettive di socialità e cooperazione sociale. E questo, ancora una volta, distante anni luce dalla politica.
Il Covid è riuscito a far capire alle persone che la sicurezza è un concetto ampio e centrale nella vita sociale. Senza sicurezza non si può parlare di futuro. Questo è un concetto eversivo rispetto a decenni segnati dalla corsa al profitto che ha visto pochi arricchiti e tanti sul lastrico. Per la prima volta si torna a parlare di un consesso collettivo come qualcosa da difendere contro l’appropriazione, il ricatto, la rapina. Un noi che torna ad acquistare un valore potenziale enorme per chi davvero vuole agire il cambiamento. E questa è una chiave di lettura che non possiamo lasciarci sfuggire.