La grande operazione di unificazione dei servizi agricoli che fa perno sulla nuova società per azioni Consorzi agrari d’Italia (Cai), con Bf e Consorzio agrario dell’Emilia come soci forti sta procurando più di qualche polemica nei vari entourage con dossier anonimi sulle mosse appunto del colosso di Jolanda, con il suo amministratore Federico Vecchioni, e della Coldiretti e annunci di adire alle vie legali.
Vecchioni stesso ne ha dato risalto con commenti pesanti e l’associazione dei coltivatori diretti annuncia azioni giudiziarie nei confronti di chi ha diffuso il dossier. Facile che prima delle “controdenunce” arrivino le indagini dei magistrati, già peraltro sguinzagliati sul canovaccio del conflitto di interessi dalla vicenda Agea, che allo stato degli atti sembra avere molta più polpa e una sede, ci si passi il termine, molto più autorevole, il Parlamento italiano. Il nuo-vo Cai è nato nel luglio scorso con l’accordo tra Bonifiche Ferraresi e i Consorzi agrari dell’Emilia, del Tirreno, dell’Adriatico e del Centro sud.
Bf spa ne detiene il 36,79%, il consorzio di Bologna e Ferrara il 31,10%, mentre il Consorzio agrario del Tirreno ha sottoscritto il 20,02%, con Bf che nomina la metà più uno degli amministratori secondo i patti parasociali, anche se per mantenere lo status consortile sono gli enti di questo tipo a dover detenere sempre la maggioranza delle azioni.
All’epoca Ettore Prandini (Coldiretti), grande azionista dei consorzi, parlava di strumento per «sostenere il potere contrattuale delle imprese agricole», mentre Vecchioni insisteva sulla mission di Bonifiche, «l’integrazione virtuosa della filie-ra alimentare 100% italiana, dalla terra al cibo», favorita dall’operazione.
Insomma, il solito intreccio tra “sindacato” e “impresa economica” che ovviamente non può non trovare sulla sua strada il mondo politico e istituzionale.
Agea, Cai: analizzati da questo punto di vista sembrano questioni gemelle, e non solo per la ricorrenza quasi simmetrica dei nomi e dei soggetti che entrano in scena, ma proprio per gli obiettivi e i meccanismi che mettono in campo. Non a caso sia la politica che le istituzioni finora non hanno mosso un dito.
E questa è l’Italia che dovrà affrontare il dibattito sulla Nuova Pac? Si noti, tra l’altro che il posizionamento di “lor signori” dal punto di vista del cosiddetto mercato è proprio sui servizi, ovvero sul ganglio vitale che di solito è il primo a mettere le mani materialmente sulle politiche di sostegno all’agricoltura.
Qui si apre un importante discorso politico-sindacale sul fatto che dovranno essere gli stessi operartori del settore, ovvero gli agricoltori e i contadini a scollarsi di dosso il vecchio modello di sbarcare il lunario. Un modello che vedeva, e vede tuttora, l’agricoltore sudare tutto il giorno appresso alla sua impresa, e le “ormai sedicenti” organizzazioni sindacali vivere alle sue spalle.
Tutto nasce dal tarlo di una delega insana, insomma. Ripeto, questo sarà l’assetto che ci consentirà di guardare al futuro oppure è arrivato davvero il momento di cambiare?
L’Europa può essere una grande opportunità, soprattutto per certi meccanismi di gestione. Il punto politico però rimane tutto.
L’agricoltura italiana non può pensare che dall’Europa potrà trarre benefici con un mondo politico che copre questi conflitti di interessi e con una delega in bianco che gli stessi agricoltori sottoscrivono a quelle organizzazioni sindacali che non solo sono parte di questi conflitti di interesse ma che hanno già dimostrato che il loro vero obiettivo non è il futuro del cosiddetto settore primario.
Non è bastata la vicenda del grano Senatore Cappelli, dove l’interesse materiale dei cerealicoltori italiani è stato letteralmente calpestato in nome degli affari per pochi? Vale la pena di ricordare che vicende del tutto simili, come quella di Federconsorzi, portò alla sottrazione di qualcosa come mille e cento miliardi di lire, letteralmente svaniti nel nulla.
CRESCITA “PMI MADE IN ITALY” CON ESPORTAZIONI NEI PAESI AD ALTO VALORE COMMERCIALE
CONSIDERAZIONI
▪ Gli Economisti stanno valutando gli strumenti idonei a generare PIL per rimborsare il debito pubblico.
▪ La crescita sostenibile mira all’insieme di risorse basata sulla condivisione degli obiettivi, ampliamento dell’offerta, ottimizzazione delle risorse, flessibilità, managerialità capace di adeguarsi alle trasformazioni in atto nel mondo; in questo contesto è utile valutare nuovi strumenti imprenditoriali per lo sviluppo come l’internazionalizzazione “proattiva” che consente maggiore redditività, competitività, produzione e lavoro.
▪ La crisi 2020 ha avuto effetti negativi sull’economia reale soprattutto per le piccole imprese italiane; è necessario riorganizzarsi dal punto di vista metodologico e delle competenze per anticipare i cambiamenti e pianificare le azioni per il futuro.
▪ I Commercialisti dal 2016 hanno deciso di assistere i Clienti che puntano all’estero con l’obiettivo di valorizzare il loro ruolo sulle questioni tecnico-operative connesse all’ internazionalizzazione.
▪ La Consulenza affiancherà i clienti per realizzare soluzioni sostenibili nel tempo.
▪ I Giovani valorizzeranno la delega.
QUADRO DI RIFERIMENTO
In Italia le “PMI Made in Italy” costituiscono, anche numericamente, la trama fondamentale del sistema economico nazionale; la loro crescita è una scelta strategica per creare nuovo tessuto produttivo; spesso escludono la leva dell’export nei Paesi lontani ad alto valore commerciale a causa di ridotta massa critica, mini-dimensione e ridotte disponibilità finanziarie che non consentono di accedere a competenze professionali specialistiche indispensabili per competere nei Paesi più interessanti; il loro potenziale è alto, esportano soltanto il 29% contro il 50% delle PMI di altri Paesi.
Una delle modalità operative
Premessa
Per recuperare produzione e fatturato persi con la crisi, i piccoli Imprenditori non potranno distrarsi dalla gestione ordinaria; dopo aver definito gli obiettivi condivisi, delegheranno a risorse intellettuali e manageriali la crescita utilizzando una progettualità che consenta fattibilità, monitoraggio e verifica del buon andamento operativo.
Export Manager e Consulenti con consolidata presenza nei mercati ad alto valore commerciale garantiranno gli obiettivi e cureranno la formazione sul campo di giovani diplomati o laureati.
Operatività
Imprenditrici/Imprenditori “Made in Italy” assistiti dai loro Professionisti sottoscrivono l’accordo commerciale per la costituzione della loro società Concessionaria che esporterà i prodotti nei mercati residuali dove le aziende non sono presenti.
La Concessionaria opera in esclusiva, è partecipata pariteticamente, esporta i prodotti con marchio ed etichette originali, è sostenuta da una percentuale sul fatturato, è gestita da Export Manager/Consulenti operativi con consolidata presenza nei mercati ad alto valore commerciale, è amministrata da un Manager di coordinamento indipendente.
Gli imprenditori dichiarano i Paesi dove già esportano e la capacità produttiva autofinanziata, definiscono con la Banca agente la capacità produttiva finanziata; delegano ai Professionisti la partecipazione all’assemblea ordinaria annuale per l’approvazione del bilancio ed il controllo dell’attività societaria.
Il modesto capitale iniziale dipenderà dal numero delle imprese partecipanti in ciascuna concessionaria.
Settori prioritari
Alimentare, abbigliamento moda, design.
Vantaggi
Riduzione del rischio d’impresa; mantenimento della identità e del controllo; frazionamento e sostenibilità dei costi fissi e variabili (management, logistici, commerciali, ecc.); conseguimento di massa critica ed economie di scala; incremento di produzione e fatturato.
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Contributo gratuito di Angelo Iaselli, divulgazione autorizzata. Per cancellare: a.iaselli@angeloiaselli.it