Come tutte le situazioni sociali estreme, la pandemia da Covid-19, ha tirato fuori il peggio, ma anche il meglio di quel che la nostra comunità sa esprimere, e se da un canto l’elenco dei cattivi maestri sarebbe assai lungo da proporre, quello degli esempi apprezzabili è molto breve, forse brevissimo, ma assai confortante da conoscere.
La prima lista davvero non merita d’essere neanche accennata, per ovvie ragioni, ma la seconda – oltre che scarna, quindi proponibile per un sano confronto – ha in sé delle vere perle a cui molti di noi si riferiranno per trarre spunti, ispirazione, o anche solo qualche riflessione. Per capire che in fondo in questa società – per molti versi un po’ alla deriva – qualcosa di buono, di sano e positivo in fin dei conti c’è, ci piace che ci sia. E ci incoraggia.
Forse non sarà l’esempio più alto, di sicuro non è il solo, ma occupandoci qui di filiera agroalimentare, di cibo dei diritti, di riscatto sociale, e di tante altre tematiche che afferiscono al tema più generale della Sovranità Alimentare, ci rallegra testimoniare un fenomeno di solidarietà diffusa, di mutualismo, che si è concretizzato a Milano già all’alba del lockdown di primavera. E che da allora si propaga, si amplifica, diventa un riferimento certo e sempre più forte per la crescente fascia di cittadini che vive nel disagio, sia esso economico, sociale o in entrambi.
Stiamo parlando delle Brigate Volontarie per l’Emergenza, nate nel tessuto sociale del capoluogo lombardo, sull’onda di uno spontaneismo letteralmente contagioso, che ha portato decine e centinaia di volontari ad assistere, aiutare, confortare soggetti fragili, a cui il lockdown ha aggravato quanto di già difficile o incerto poteva esserci nelle loro esistenze. Tra le categorie spinte dalla pandemia verso la dimensione della povertà, tanto per fare qualche esempio, i lavoratori autonomi e dello spettacolo, ma anche i ristoratori, i piccoli imprenditori e molte molte altre ancora che sin lì non avrebbero minimamente immaginato di ritrovarsi tanto emarginate.
Per far fronte a questa feroce emergenza, un manipolo di ragazze e ragazzi ha preso a organizzarsi all’alba dell’8 marzo, e attorno ad esso è nato quel movimento che di lì a poco si sarebbe costituito nelle suddette Brigate: una realtà che per convergenza di intenti e complementarietà ha poi trovato un’intesa importante con l’associazione di volontariato sociale e sanitario Emergency.
Nell’arco di pochi mesi, questa realtà è andata crescendo – e cresce ancora – accogliendo e formando ogni giorno nuovi volontari. Nuovi compagni di viaggio, non sempre giovani, ma prevalentemente giovani, organizzati in 15 brigate territoriali che hanno deciso di dedicare le loro denominazioni ad altrettante partigiane e partigiani del nostro Paese.
A comporre queste 15 unità, una per ogni quartiere di Milano, una varia umanità solidale attorno al richiamo per di doveri etici e politici sentiti, che rispondono ad una necessità primaria condivisa: quella di aiutare i più deboli, i più soli e fragili, gli emarginati, sotto le bandiere di un fare collettivo che sin dai primi giorni si organizzava attorno a cose assai concrete: consegnare la spesa ad un anziana, aiutare una famiglia in difficoltà, o anche solo ascoltare le necessità di qualcuno per trovare una soluzione, una risposta, laddove possibile.
Come sottolineato da Valerio Ferrandi, responsabile operativo delle Brigate Volontarie presso la sede Emergency di Milano, intervenuto nello spazio odierno dei Testimoni di Radio IàFuë PerlaTerra, il principio del mutualismo è alla base del fare di un movimento come il loro, orientato alla cura, alla solidarietà, alla comunità, nell’evidente ispirazione alle società operaie di mutuo soccorso del XX secolo.
Il loro operato, basato sul soddisfare sì le richieste più pressanti – innanzitutto quelle di cibo e di generi di prima necessità – è accompagnato dalla capacità di raccogliere dati relativi alle emergenze abitativa, lavorativa, sanitaria – nel rispetto della privacy, è ovvio – per garantire al futuro dell’attività del movimento una gestione equa, parametrata ai reali bisogni, laddove purtroppo al crescente aumento della richiesta di aiuto non corrisponde una crescita della disponibilità di risposte istituzionali, in primo luogo sul piano occupazionale e abitativo.
«Pur essendo partiti cercando di sviluppare principalmente collaborazioni con aziende agricole locali e sociali», spiega Ferrandi, «laddove dei rapporti sono stati costruiti con realtà come la Cooperativa Arcadia di Mantova e la rete dei contadini di Genuino Clandestino, le necessità e le opportunità che si sono via via create ci hanno portato ad operare anche con la Gdo e alcuni grandi produttori». «Difficile dire di no», prosegue il responsabile delle Brigate Volontarie, «se un grande pastificio industriale decide di donarti 90 tonnellate di pasta, con cui sarai coperto per 6 lunghi mesi».
L’intervista con Ferrandi, che ha toccato progetti ulteriori e la crescita complessiva delle Brigate Volontarie dell’Emergenza ci mostra un’organizzazione che, anche grazie al supporto di Emergency, è pronto ad affrontare – speriamo più tardi che sia possibile – emergenze ambientali, catastrofi, tragedie umanitarie, laddove accadessero, nel nostro Paese.
Vedi la trasmissione con Valerio Ferrandi su Iafue PerlaTerra