Editoriale di Angelo Consoli per IAFUÈ martedi 21 aprile 2020
MES, Corona bonds, Euro bonds, Fondo salva stati, rapporto debito PIL, parametri finanziari, ma in Europa si parla solo di soldi?
La domanda sembra retorica e invece viene spontanea se si considera che in questi tempi di coronavirus, i principi fondanti dell’Europa sembrano essersi un po’ appannati.
Cosa è successo alle idee del Manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli?
L’Europa di Spinelli nasce come un grande spazio di libertà, pace, prosperità e benessere per tutti i cittadini in Europa e nel resto del mondo. Il sogno di una Europa libera si è trasformato col tempo nell’incubo del debito e della troika dominata dalla finanza internazionale che detta le assurde regole di governance dell’Euro e schiaccia i più deboli, e privilegia i più forti.
Eppure non era scontato che dopo le due sanguinosissime guerre mondiali costate decine di milioni di morti nella prima metà del secolo scorso, l’Europa sarebbe riuscita a vivere in pace per settantanni. E non era scontato neppure che avrebbe stabilito politiche avanzatissime sul piano sociale e ambientale, in barba alle lobby sempre attive e sveglie che cercano di imporre leggi e provvedimenti favorevoli ai loro interessi.
l’Europa ha approvato una legislazione molto avanzata in campi quali la definizione di nuove strategie energetiche di Terza Rivoluzione Industriale, le politiche per rifiuti zero e l’economia circolare, le strategie di crescita verde, le politiche culturali, i diritti sociali e del lavoro. Uno dei campi più importanti di intervento dell’Europa è stato quello della prevenzione e del controllo dell’inquinamento industriale campo nel quale i vari governi italiani negli ultimi dieci anni si sono resi protagonisti di violazioni e omissioni senza precedenti puntualmente sanzionate da procedure di infrazione e richiami della Commissione Europea, violazioni intese a lasciar mano libera agli inquinatori, a cominciare da quell’ILVA balzata prepotentemente all’attenzione dell’opinione pubblica recentemente, recentemente con il caso della acquisizione da parte del gruppo indiano Mittal, a cui è stato garantito, sempre in violazione della normativa europea, perfino una assurda e incostituzionale immunità penale per la violazione delle norme ambientali europee.
Per molti anni la legislazione europea si è occupata di queste tematiche. Poi è cominciata una pericolosa deriva che ha portato alla situazione attuale.
Il momento di inizio di questa deriva schizoide dell’Europa può essere fatto risalire alla bocciatura della Costituzione Europea con i referendum francese e olandese (2005/2006), che di conseguenza ha determinato una battuta di arresto o quantomeno un rallentamento delle iniziative di integrazione europea sul piano socio ambientale e conseguentemente riorientato l’azione europea per anni sulle politiche di stabilità finanziaria, la famigerata austerità imposta dalla troika ai paesi europei della zona euro con conseguente aumento della povertà e della disoccupazione, e quindi dell’impopolarità dell’Unione Europea degli ultimi anni.
Abbiamo così assistito ad una evoluzione verso una Europa “bipolare”, capace di eccellere in avanzatissime politiche ambientali e sociali (basti pensare al riconoscimento del ruolo del prosumer energetico e delle comunità dell’energia sancito dalle direttive del pacchetto CLEAN ENERGY, approvato lo scorso anno e ora in attesa di trasposizione in diritto nazionale, uno dei momenti più innovativi e qualificanti della legislazione europea su ambiente e energia, e al tempo stesso promuovere lo smantellamento della coesione sociale e la sospensione dei diritti dei lavoratori e dei pensionati in nome di una malintesa stabilità finanziaria prigioniera di rigidi parametri aritmetici applicati acriticamente (rapporto debito/deficit-PIL etc).
Nel periodo 2006-2008 l’Unione Europea visse un momento entusiasmante in cui leader di formazioni politiche diverse ebbero il coraggio di alzare lo sguardo sul cambiamento climatico e di affrontare quelle verità che le leggi della termodinamica mettevano sotto i loro occhi e che i loro predecessori avevano voluto ignorare. Per la prima volta nell’unione Europea, si affrontava la questione di uno sviluppo sostenibile e a misura d’uomo, rispettoso di clima e ambiente, e a porre questa idea al centro dell’azione politica europea invece degli interessi delle lobby dei grandi gruppi energetici e industriali, che eravamo abituati a veder spadroneggiare a Washington come a Bruxelles
Il semestre europeo a guida della neo cancelliera Angela Merkel iniziaro a gennaio 2006, produsse risultati inimmaginabili, come il pacchetto clima energia e le strategie del cosiddetto 20 20 20, ossia l’abbassamento delle emissioni di anidride carbonica del 20% rispetto ai livelli del 1990, l’aumento dell’efficienza energetica del 20 % e il consumo di energia da fonti rinnovabili per almeno il 20% dell’energia complessiva, e il tutto entro il 2020.
E L’Europa è andata anche oltre. Infatti è stata approvata la nuova strategia energetica europea all’orizzonte del 2050 che comprende la direttiva 2018/2001 – 11 dicembre 2018, che prevede un percorso verso la progressiva decarbonizzazione dei processi produttivi, nuovi regimi di sostegno alle energie rinnovabili, ambiziosi obiettivi climatici ed energetici, collaborazione fra stati membri per la promozione delle energie rinnovabili, riconoscimento della figura del prosumer e promozione del modello distribuito, delle comunità dell’energia e delle cooperative energetiche.
Questa normativa adesso deve essere trasposta in diritto nazionale entro 24 mesi dalla data di approvazione. Le norme che regolano il settore dell’energia in questo momento, come lo Sblocca Italia del governo Renzi, sono in contrasto diretto con i principi del nuovo pacchetto per l’energia pulita dell’UE (denominata “Clean Energy for all Europeans”).
Poi l’Europa, è andata ancora oltre. A ottobre scorso si è insediata la nuova presidente Ursula Von Der Leyen che ha indicato Il Green New Deal come strategia fondante della Commissione Europea dalla sua nuova nel suo discorso inaugurale e nella introduzione alla strategia della nuova Commissione in cui la Presidente paragonò il Green New Deal per l’Europa a quello che ha rappresentato, in quanto sfida epocale, l’uomo sulla luna per gli USA.
Il Green New Deal implica profonde trasformazioni economico sociali che non si limitano alla sola transizione energetica e alla lotta al cambiamento climatico ma comportino anche una nuova strategia di sviluppo economico e occupazionale e la redistribuzione della ricchezza, accorciando le filiere a cominciare dall’agricoltura, e garantendo un reddito alle imprese locali a discapito delle grandi multinazionali. Per esempio per quello che riguarda la filiera agricola il green new deal prevede la promozione di una agricoltura “post carbon” basata sui principi dell’agroecologia, la diffusione e la vendita diretta tramite GAS e anche tramite piccoli esercizi,la promozione dell’agricoltura contadina e familiare, di pratiche rigenerative della terra, che consentirebbero allo stesso tempo di poter bonificare quelle aree agricole che per molti anni sono state oggetto di sperimentazioni ed uso di pesticidi altamente nocivi alla salute del cittadino. TendE all’autosufficienza, alla sovranità alimentare, privilegiando la filiera corta, e diversificando le produzioni in base alle esigenze del territorio, valorizzando pertanto i prodotti locali e accorciando le filiere, svincolandosi dalla logica della grande distribuzione. In una sola parola si deve puntare su un modello che garantisca un equilibrio ecologico, un uso sostenibile delle risorse naturali e, soprattutto, una maggiore affidabilità degli approvvigionamenti in caso di una emergenza pandemica come l’attuale che mette in crisi le filiere lunghe e rende impossibile l’approvvigionamento alimentare di filiera lunga su larga scala che garantisce ingenti profitti alle multinazionali dell’agroindustria ma penalizza consumatori e produttori locali.
Non male vero?
Poi, improvvisamente, arriva questo maledetto virus, e la conseguente catastrofica emergenza sanitaria globale, e in sede Europea si comincia a andare in ordine sparso e a occuparsi solo e solamente delle questioni legate al Coronavirus, in modo talmente goffo e maldestro, che la Presidente è stata costretta a chiedere scusa pubblicamente all’Italia per averla abbandonata nel primo mese della pandemia.
Adesso si comincia a parlare di RECOVERY PLAN, perchè il virus oltre a fare decine di migliaia di vittime, sta anche distruggendo come tutti sappiamo, l’economia globale.
Ma un piano di recupero è insufficiente per mettere una toppa al buco enorme provocato dalla pandemia. Ben altro sarebbe necessario. Cosa?
Niente di più che il famoso piano Green annunciato dalla Commissione Europea a dicembre scorso.
Infatti le proposte formulate dalla Commissione Europea nel quadro della sua nuova strategia green sono precise e avanzatissime, e sono esattamente quello di cui c’è bisogno per riprendersi dalla crisi economica. Quindi, l’Unione Europea, se vuole recuperare il suo spirito originario, quello del sogno europeo, deve mettere da parte politiche improvvisate atte a inseguire l’emergenza e continuare dritto per la sua strada come stava già facendo.
Ecco che tipo di ripresa si deve finanziare con i bond, col MES o con qualunque altro strumento finanziario che si deciderà di adottare. Strumento, appunto. Non bisogna dimenticare infatti che quelli finanziari sono solo degli strumenti che non possono diventare i fini dell’azione europea -come purtroppo è stato fatto in passato. I fini sono altri. E sono definiti in modo esauriente nel GREEN DEAL EUROPEO appena presentato e troppo frettolosamente accantonato davanti alla pandemia.
Il recovery plan europeo è già pronto senza doversi scervellare più di tanto. Speriamo che Giuseppe Conte se ne ricordi in sede di consiglio Europeo giovedì prossimo quando intende andare a sbattere il pugno sul tavolo per i corona bond e contro il MES. E, naturalmente, speriamo che se ne ricordi anche l’Europa.
Queste politiche comprendono
1 obiettivi climatici ambiziosi, che puntino al recupero della fertilità del suolo grazie a pratiche di Agroecologia, alla tutela di boschi, foreste, al recupero di habitat naturali e alla adeguata salvaguardia del verde pubblico nelle città, ponendo fine all’abbattimento selvaggio di alberi nei centri urbani, nelle foreste e perfino nelle Aree Naturali Protette.
2) Sovranità energetica con approvvigionamento da fonti sicure, pulite economiche e distribuite: vanno banditi tutti gli incentivi destinati alla produzione di energia da processi di combustione, di qualunque materiale si tratti: non solo fonti fossili, ma anche biogas, gas naturale e soprattutto biomasse.
3) Economia circolare nella produzione e nei consumi; riducendo al massimo l’estrazione e il consumo di materie prime non rinnovabili e, viceversa, attingendo dai flussi rinnovabili rispettandone i tempi di rigenerazione e il complesso delle funzioni ecologiche nei cicli bio-geochimici, per la biodiversità, per la produzione di benefici ecosistemici.
4) Efficientamento energetico e materiali sostenibili e di recupero nell’edilizia, in un piano di ridefinizione dei territori urbani: stop alla cementificazione ed abbandono di progetti di infrastrutture invasive e devastanti sul piano ambientale e sociale.
5) Risanamento dell’ambiente e bonifiche dei territori inquinati; definizione della mappa dei valori di fondo naturale come base di calcolo degli obbiettivi e del danno ambientale.
6) Protezione e sviluppo degli ecosistemi e della bio diversità. Rinaturalizzazione dei corsi d’acqua con ripristino delle fasce di vegetazione tipica riparia. Tutela del 50% del patrimonio arboreo nazionale, da lasciare alla libera evoluzione naturale; selvicoltura ecologica per il restante 50%, da incrementare e gestire per fini nobili del legno (escludendo quindi i fini energetici nelle centrali a biomasse). Piani del Verde nelle città, della stessa valenza cogente dei Piani regolatori Generali, e incremento del patrimonio verde anche eliminando la tecnocrosta per la ricostituzione del suolo libero e fertile. Realizzazione di larghe fasce vegetate boschive periurbane;
7) Promozione di una agricoltura “post carbon” basata sui principi dell’agroecologia, in grado di coniugare la salute e la fertilità del suolo con la salubrità del cibo e quindi con la salute delle persone, conseguendo una eliminazione progressiva di agrofarmaci di sintesi. L’obiettivo deve essere quello ridefinire i consumi, sia in senso qualitativo (minor consumo di carne e proteine animali) favorendo la filiera corta per una reale sovranità alimentare del territorio e affermando il settore agricolo come settore primario della nuova economia;
8) Accelerazione verso una mobilità prevalentemente collettiva e sostenibile, elettrica e a idrogeno da vere fonti rinnovabili;
9) Ripopolamento sostenibile di piccoli centri e campagne, con la costituzione di una rete di comunità resilienti e totalmente autosufficienti; riqualificazione dei centri storici, incentivi per il piccolo commercio e dotazione di efficienti connessioni infrastrutturali di cablaggio alla rete internet;
10) Definizione di azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico sulla base delle aree climatiche omogenee sul piano geografico e ambientale; aggiornamento dello studio per il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici alla dimensione locale.
11) costruzione di un nuovo welfare adeguato al cambiamento, sia per il servizio sanitario che per il superamento del rapporto assoluto lavoro-salario-sostentamento; totale ripubblicizzazione del servizio idrico integrato.
12) Sviluppo di un sistema di valuta locale composita (integrata con banche delle materie, delle competenze e del tempo);
13) Sviluppo di un nuovo Sistema Sanitario Pubblico Nazionale e Europeo che operari per una concreta Prevenzione Primaria, riducendo l’esposizione delle popolazioni agli agenti inquinanti e in cui viene finalmente “pagata” la salute e non la malattia1. Il Sistema Sanitario Nazionale deve anche sviluppare una particolare attenzione all’attività territoriale, alla Prevenzione Sanitaria Secondaria, ovvero alla diagnosi precoce, cosa desiderabile in condizioni normali. ma praticamente indispensabile nel periodo di “convivenza” con il rischio da coronavirus. Solo in questo modo è possibile rispondere alle vere sfide della medicina moderna: dalle malattie croniche degenerative ad un sistema sanitario di allerta in grado di rispondere in maniera sistemica alle pandemie.