Ai lavoratori migranti che vivevano nel ghetto della Felandina, nel Metapontino, prima di sgomberarli nel vano tentativo di recuperare una dignità che qualche giorno dopo avrebbero inevitabilmente perduto, senza alternative credibili e dignitose, le istituzioni del territorio proposero due alternative: un biglietto di viaggio di sola andata verso destinazioni diverse da quelle in cui regolarmente lavoravano o una precaria ospitalità in campi d’accoglienza, chissà dove.
Fare della Terra la condizione di regolarità e intorno alla quale costituire percorsi e progetti è stato invece il modus operandi dell’associazionismo laico e religioso, sostenuto da imprese capaci e virtuose del territorio.
Una rete che ha saputo fronteggiare alle lacune istituzionali, sia nazionali che locali, permettendo una collocazione degna a quanti, inevitabilmente, sono rimasti sul territorio a continuare il lavoro di braccianti stagionali così richiesto nel Mezzogiorno contrariamente a quanto la demagogia politichese abbia voluto far credere.
Ragion per cui, diversi di loro sono stati al centro della solidarietà attiva delle associazioni riunite intorno al Forum Terre di Dignità e inseriti attivamente in percorsi lavorativi concreti che li hanno sottratti a condizioni di clandestinità ed emarginazione.
E’ dentro questo quadro che nasce “Casa Betania – Casa della Dignità”, a Serramarina, teatro il 29 agosto 2019 di una grande manifestazione unitaria in cui marciarono numerosi migranti per chiedere maggiori diritti e rispetto della dignità dopo il tragico episodio del rogo nel ghetto della Felandina, che aveva causato la morte di una giovane donna. A Cinque mesi di distanza, in quello stesso luogo, nasce un luogo preposto all’accoglienza, una risposta concreta che si sviluppa dal basso.
La casa, inaugurata il 22 gennaio e acquistata dalla Diocesi di Matera – Irsina grazie ai fondi dell’Otto per Mille, ha visto la presenza dell’arcivescovo Pino Caiazzo, del prefetto di Matera Rinaldo Argentieri e delle autorità civili e militari del territorio.
Per il momento accoglie i primi 20 lavoratori che grazie alla Rete PerlaTerra sono stati sottratti ai ghetti e sono stati regolarmente assunti nelle imprese di territorio tra le quali, l’azienda Primo Sole. Una casa che a rotazione sarà a disposizione di coloro che nell’immediato non l’hanno e che nel frattempo si attiveranno a cercarla.
Una piccola goccia in un mare di emergenze ma che costituisce un precedente.
Una risposta parziale all’emarginazione di un gruppo sociale che ormai fa stabilmente parte della nostra società.
Un segno importante, quindi, per la dignità e la legalità, come sottolineato dal prefetto Argentieri.