tratto da Avvenire (leggi articolo originale)
Attenzione alla concorrenza ma anche alla ricerca, ai cambiamenti di mercato, alle nuove mode così come alla tradizione. Consapevoli di essere i rappresentanti di uno dei comparti più importanti dell’agroalimentare nazionale, oltre che icona del buon vivere italiano. Quelli della vitivinicoltura sono imprenditori avvezzi al mondo, producono milioni di bottiglie e miliardi di euro. Ma devono sempre guardarsi dalle sorprese. Come lo spostamento dei mercati che contano, di cui proprio da oggi e fino al 18 aprile si parlerà al Vinitaly di Verona, la più significativa manifestazione di settore con 4380 espositori da 36 Paesi e oltre 100mila visitatori previsti.
In gioco c’è un comparto che vale decide di miliardi di euro (13 solo per la parte industriale), vendite all’estero per sei miliardi, una base produttiva di 310mila aziende agricole e quasi 46mila aziende vinificatrici, qualcosa come 652mila ettari coltivati, 42,5 milioni di ettolitri prodotti nell’ultima campagna che hanno «permesso all’Italia – ha spiegato l’Ismea –, di posizionarsi prima dei principali concorrenti: Francia e Spagna». Vino di successo, dunque, quello italiano. Anche se i problemi non mancano. A partire dal Mezzogiorno area dove si potrebbe fare molto di più, per passare agli innumerevoli falsi vini italiani che inquinano il mercato, per arrivare alla questione della tutela dei marchi e delle etichette (giusto cruccio della Coldiretti), e della ricerca che deve essere incrementata insieme ai controlli sui mercati (sui quali punta molto il ministero dell’Agricoltura).
Al di là delle questioni da affrontare, quello del vino rimane un settore di primo piano. Caratterizzato non solo da ben 526 riconoscimenti comunitari ma anche dalla presenza di una forte produzione cooperativa. Dalle coop arriva, secondo le rilevazioni di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, il 58% della produzione, il 44% del fatturato e il 32% delle esportazioni. Senza contare i successi ottenuti in tutto il mondo. «L’Italia – dice ancora l’Ismea –, è il secondo esportatore di vino mondiale, alle spalle della Francia in termini di flussi in valore e della Spagna nei quantitativi esportati». Usa, Germania, Regno Unito, Svizzera e Canada sono fra i nostri migliori clienti, ma stanno crescendo anche Cina e Giappone. È per questo che il comparto ha un peso del 15% sulle esportazioni agroalimentari italiane. Ed è per questo che l’attenzione verso i cambiamenti di mercato è sempre alle stelle. Ecco perché oggi l’evento di apertura di Vinitaly è dedicato ai mercati internazionali con una domanda: «Il futuro dei mercati, i mercati del futuro: Italy first in America?».