tratto da la Gazzetta del Mezzogiorno (leggi articolo originale)
Foggia – La pasta di grano duro «Senatore Cappelli» è forse l’unica che oggi remunera adeguatamente pastai e mugnai sul mercato. Un po’ meno gli agricoltori che comunque si dicono speranzosi della riscoperta di questo antico seme pregiato, coltivato per la prima volta 150 anni fa a borgo Cervaro, nell’entroterra foggiano e del quale oggi si assiste a un’importante rivalutazione anche in chiave commerciale. Un’identità locale che rischia tuttavia di andare «perduta», attaccano i produttori che hanno denunciato lo «scippo» durante un incontro promosso in Camera di commercio a Foggia dall’azienda lucerina Terre lucane.
«Oggi l’esclusiva del grano Cappelli – attacca il neoparlamentare del movimento Cinquestelle, Giorgio Lovecchio – è nelle mani della Sis di San Lazzaro di Savena, Bologna, l’unica società autorizzata dal ministero a produrre il “Cappelli” in purezza ed a poterlo commercializzare. Un controsenso: il Cappelli nasce come seme di qualità proprio perché coltivato in un territorio specifico, con caratteristiche climatiche impossibili da ritrovare a seicento chilometri di distanza». «È come se decidessimo di fare il parmigiano in provincia di Foggia», incalza un altro produttore.
La Sis, società italiana sementi, è controllata dal Cai, i Consorzi agrari d’Italia ed è stata autorizzata un anno fa dal ministero delle Politiche agricole a coltivare e commercializzare il «Senatore Cappelli» in purezza. Associazioni come Grano Salus, di cui Lovecchio fa parte, accusano il ministero di aver causato in questo modo un «regime di monopolio» e le organizzazioni agricole di «non aver adeguatamente vigilato». «Non è vero – la replica di Filippo Schiavone, presidente di Confagricoltura Foggia – in realtà chi ha favorito questo disegno è stata una sola organizzazione» che Schiavone non ha citato ma che altri produttori hanno fatto risalire «alla Coldiretti».
Non crede tuttavia allo scippo Pasquale De Vita, ricercatore del Crea di Foggia (i centri di ricerca in agricoltura), responsabile del programma di miglioramento genetico del frumento duro in Capitanata. «È da qualche anno che il ministero firma contratti in esclusiva con ditte private per la coltivazione in purezza del grano Cappelli. E questo perché il seme si stava degenerando, i produttori erano i primi a lamentarsene. Non vedo alcuno scippo – aggiunge De Vita – è vero che il seme nasce in Capitanata, ma viene regolarmente coltivato in varie regioni». Per De Vita il “Cappelli” «è come una splendida auto d’epoca – dice – un prodotto di nicchia. Ma oggi ci sono modelli più moderni e soprattutto coltivabili su più ampie superfici. Una polemica che non condivido».