Per una buona parte della popolazione mondiale il riso rappresenta un alimento cardine.
Metà della popolazione mondiale si sfama grazie a un’umile pianta della famiglia delle graminacee. Con 497 milioni di tonnellate nel 2016, il riso si attesta come il secondo cereale più consumato nel mondo dopo il grano (742 milioni di tonnellate); le aree destinate alla sua coltivazione, nel 2016, ammontano a 234.134,35 ettari, il 3% in più rispetto al 2015. Nel 2015 la produzione ammontava a 1,4 milioni di tonnellate di riso greggio, corrispondente al 50% della produzione europea, concentrata, in gran parte, in Piemonte e Lombardia.
L’Italia in questo contesto, quindi, può vantare il primato europeo con oltre la metà di tutta la produzione comunitaria e per questo motivo per rendere operative in maniera urgente misure adeguate a sostegno del comparto il nostro paese, insieme a altri sette Paesi dell’Ue: Francia, Spagna, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Portogallo e Romania si è rivolta alla Commissione europea. In particolare, i ministri dell’agricoltura hanno sottoscritto a Bruxelles, durante i lavori del Consiglio, un documento strategico con una serie di richieste: la prima, attivare la clausola di salvaguardia per le importazioni dai Paesi cosiddetti ‘Eba’ quale Cambogia e Birmania, che invadono il mercato europeo con il loro export a dazio zero.
Il problema principale, infatti, è il rischio prodotto dalle importazioni senza dazi da Paesi terzi che sta danneggiando e svantaggiando gli agricoltori, le industrie e il mercato dell’Ue. La completa liberalizzazione per i Paesi meno avanzati ha comportato, un aumento notevole delle importazioni di riso, cresciute del 65% tra la campagna 2008/2009 e quella 2015/2016, e di riso in piccole confezioni, aumentate invece del 45% tra il 2013 e il 2016. A crescere, inoltre, sono anche i livelli delle giacenze, ovvero di merce invenduta, tanto che per la campagna 2016/2017 la Commissione europea si aspetta il raggiungimento di un livello record pari a 586mila tonnellate, equivalenti al 30% della produzione dell’Ue.
Gli otto ministri europei hanno chiesto, pertanto, di valutare la possibilità di rimuovere i vincoli che impediscono l’efficace applicazione delle misure di salvaguardia per le importazioni dai Paesi meno avanzati ma anche di riconoscere la specificità del settore nella nuova Politica agricola comune, potenziandone i modelli di etichettatura e approfondendo gli studi per valutare gli effetti che questi sistemi riguardanti i Paesi meno sviluppati hanno avuto sui diritti sociali e dei lavoratori nei Paesi Eba.
“La crisi del settore è a livello europeo – afferma il ministro Maurizio Martina – e come tale va affrontata. Non possiamo più permetterci uno squilibrio di mercato come questo, frutto di accordi che mettono in difficoltà i nostri agricoltori oggi e che in prospettiva rischiano di azzerare la produzione europea. È il momento delle risposte per invertire la tendenza, tutelando le produzioni, i paesaggi coinvolti nelle produzioni e garantendo allo stesso tempo sicurezza e trasparenza ai consumatori”.