Il 4 giugno 2013 il Distretto di Economia Solidale Altro Tirreno DESAT) ha promosso l’incontro/dibattito L’ALTROANIMALE, con Massimo Filippi, autore del microlibro Natura infranta, presso il Municipio dei beni Comuni – ex colorificio liberato a Pisa.
L’incontro è stato preceduto da un apri cena vegan curato dall’Associazione La Stellaria e introdotto da Marco Verdone del Gruppo di lavoro sulla Questione animale del DESAT.
La prima volta il tempo di maggio non è stato clemente e la Festa del Presente è stata rimandata. L’ultima domenica dello stesso mese, invece, i grandi platani di Piazza S. Caterina a Pisa sono riusciti a fare da cornice a questo evento dove tutti hanno potuto offrire di tutto, nello spirito del dono, senza ricevere nulla in cambio. In un angolino di prato ho donato alcune copie di un piccolo libro dalla copertina gialla non più grande di una cartolina. Si trattava di Natura infranta scritto da Massimo Filippi che avremmo incontrato da lì a pochi giorni per discutere di un argomento che sentiamo vicino e urgente.
Sulla carta sarebbe stata una combinazione improbabile mettere insieme in un ex colorificio liberato una riflessione filosofica e politica sulla condizione animale con una sull’economia solidale. Sembrerebbero ambiti distanti ma i circuiti della mente e delle relazioni, che non operano in modo lineare, consentono di tentare questa contaminazione e offrire l’opportunità di affrontare delicate questioni in modo olistico e interdisciplinare.
Per fortuna esistono persone che ci aiutano a decifrare il mondo nel quale siamo inseriti e a
comporre e scomporre parole, pensieri, pregiudizi e filosofie. Abbiamo avuto l’opportunità di beneficiare del lavoro prolifico e instancabile di una di esse e di inaugurare insieme un percorso inedito che pone al centro la complessa relazione con i più diversi da noi, quelli che in modo riduttivo chiamiamo semplicemente animali.
Massimo Filippi è impegnato a indagare e divulgare il pensiero filosofico e politico sorto
attorno alla cosiddetta questione animale. È membro della redazione Liberazioni. Rivista di critica antispecista e co-‐fondatore dell’associazione Oltre la Specie. Già con questi riferimenti abbiamo gli ingredienti fondamentali per capire meglio il tema sul quale lo abbiamo invitato a discutere. È necessario però definire brevemente la cornice nella quale si inserisce questo incontro. Dopo un percorso di confronto iniziato circa 10 anni fa nel dicembre 2012 si costituisce a Pisa come associazione il Distretto di Economia Solidale Altro Tirreno (DESAT) registrando ad oggi l’adesione di oltre 40 soggetti (imprese, cooperative, associazioni, Gas, gruppi informali, enti pubblici). Come indicato nello Statuto “promuove l’economia solidale, sociale e ambientale, il dono, la decrescita e l’approccio sostenibile alla salute e si propone come strumento di cambiamento del mercato e delle pratiche economiche. Dove per economia solidale si intende la gestione equa ed equilibrata delle risorse da mettere a disposizione nella casa comune. L’intento dell’Associazione è di stimolare una trasformazione della società e della cultura verso una visione in cui la persona è parte e non padrona della natura, e può sopravvivere solo in armonia con le specie, nel rispetto dei ritmi naturali. Si immagina una società inclusiva dove siano valorizzate le differenze e siano rispettati i diritti di tutti gli esseri viventi.” Con il passaggio del DES ad associazione formale dotata di uno Statuto e di una sua Carta dei valori che esprimono parole di profondo significato, alcune persone hanno iniziato a interrogarsi anche su quale potessero essere le frontiere di questi principi e in particolare quale attenzione venisse posta nei confronti dei non umani. Il DESAT è nato dagli umani essenzialmente per gli umani e quindi appare intrinsecamente antropocentrico. L’umano non può, però, pensarsi a se stante e al di fuori di relazioni con il resto del mondo, vivente e non vivente. Le due parole chiave del distretto, economia e solidarietà, sono state rilette alla luce della relazione con gli animali non umani (da qui in poi solo animali) cercando di attribuire ad esse una valenza che in genere si limita all’ambito dell’umano. Con questo spirito ci stiamo interrogando all’interno del DESAT sottoponendo all’attenzione dei numerosi e diversi soggetti aderenti a questa rete, una delle questioni più complesse che l’umano deve affrontare: la questione animale (Qa).
Per questo motivo all’interno del DESAT si è così costituito un Gruppo di lavoro sulla Questione animale (DESAT/Gdl/Qa) che si ritiene abbia pieno diritto di cittadinanza in una rete che crede in modelli economici alternativi. Per questione animale s’intende tutta la vasta discussione riguardante i differenti aspetti, spesso controversi, della relazione tra esseri umani ed esseri animali (o in altri termini, tra “animali umani” e “animali non umani”). In particolare, gli animali oggetto della riflessione sono quelli che producono qualcosa per l’uomo. Il termine “produzione” non si riferisce solo ai diversi beni (alimentari e non) ma anche ai “servizi” se così li vogliamo chiamare (ricerca, lavoro, didattica, terapia, competizioni, spettacolo). Ma alla fine è evidente che ogni animale (selvatico e domestico) è implicato -‐ direttamente o indirettamente – nella “questione animale” (M. Verdone, Ogni specie di libertà, Altreconomia edizioni, p. 20-‐21).
Esistono domande fondanti il nostro essere al mondo, come per esempio: gli animali ci riguardano? Poiché si ritiene che la riposta sia affermativa, indipendentemente dai rapporti più o meno diretti che stabiliamo con essi, una buona prospettiva la offre anche un DES a partire proprio dalle sue due parole identificative. All’interno della Carta di Valori il Gdl ha innanzitutto proposto di tener conto di questi aspetti integrandola così: “La Carta include la cosiddetta “questione animale” che abbraccia la vasta e complessa discussione riguardante i differenti aspetti della relazione tra umani e animali o in altri termini, tra animali umani e animali non umani. In questo senso il termine solidarietà si estende alla compassione, all’interdipendenza e quindi al destino comune di tutti i viventi. Viene riconosciuta l’alterità animale come valore in sé meritevole di attenzione, cura, tutela e rispetto indipendentemente dai risvolti -‐ non solo economici -‐ che questa potrebbe generare nel mondo degli umani. Gli aderenti al patto privilegiano azioni e modelli che tendono ad escludere forme di sopraffazione di un soggetto forte su uno debole, compresi quelli che si verificano tra specie diverse (umano/non umano).” In una visione olistica (tener conto di tutto) ed ecosistemica (tener conto delle relazioni tra le parti del sistema vivente) le azioni economiche -‐ e non solo -‐ dell’animale umano devono essere osservate, studiate e valutate anche in relazione agli interessi degli altri viventi in causa e alle conseguenze che su questi vengono riversate.
Gran parte delle filiere economiche, alimentari e non, coinvolge in qualche modo la vita
animale. La maggior parte di questi processi economici sottopone gli animali a una varia, spesso impensabile e sconosciuta catena di sofferenze che quasi sempre termina con la loro morte prematura e violenta. Abbiamo addirittura classificato, in modo del tutto arbitrario, un vasto gruppo di specie animali all’interno di una categoria strumentalmente definita “da reddito”. Si tratta di esseri viventi -‐ oggi riconosciuti come “esseri senzienti” – che, trattati come oggetti o macchine, servono per produrre materie prime dalle quali l’umano trae profitto. Tutto questo ha un costo in termini di vite sacrificate, salute del singolo, della società così come di equilibri del pianeta. Ma soprattutto sostiene e prende ispirazione da un modello che vede l’umano porsi all’esterno e al di sopra del resto della natura dalla quale si è alienato e continua a prenderne le distanze. L’umano che si è pensato “non più animale” considera gli altri animali come i più distanti da lui e questa distanza lo aiuta a esercitare la sua onnipotenza, stabilendo gerarchie e riducendoli appunto a oggetti da reddito.
A questo punto, all’interno di processi economici che vogliono essere alternativi, è prioritario capire la parola solidarietà a “chi” si riferisce. Solidarietà “con chi” e “fino a dove” si estende. Oggi, per un numero sempre crescente di persone, la relazione che stabiliamo con gli altri animali è dirimente rispetto a molte delle scelte che governano la nostra vita. Gli animali ci interessano perché è da loro che dobbiamo ripartire per rifondare un nuovo patto con il resto del vivente e percorrere le strade della pace e della salute globale.
Abbiamo però bisogno di strumenti di conoscenza e di una formazione su questi temi che
potrebbero apparire di esclusiva pertinenza degli addetti ai lavori.
Ed appunto anche per questo che abbiamo colto l’occasione dell’uscita di un libriccino di Massimo Filippi, Natura infranta – dalla domesticazione alla liberazione animale (Ortica editrice, € 2,60) per inaugurare un percorso inedito che riguarda l’intreccio l’economia solidale con la Qa.
Un microlibro che in soli 30 pagine condensa il percorso millenario dell’essere umano attraverso la separazione dalla natura con l’inevitabile frattura che ne è derivata. Si tratta di pensieri complessi e compressi che andrebbero srotolati e ruminati. Che vanno oltre la relazione dell’umano con quelli che oggi chiamiamo animali e che scava alle radici della nostra ontologia. “Di fronte a noi si profila una crisi ecologica dalle dimensioni inaudite e dalle conseguenze potenzialmente apocalittiche. Noi continuiamo come se nulla fosse, nella folle speranza che prima o poi, come per miracolo, si presenterà un qualche rimedio che possa restituirci la capacità di dominare la natura, come abbiamo creduto di poter fare negli ultimi 10 000 anni della nostra presenza sul pianeta. Il rimedio, però, è indissolubilmente legato alla causa del male: per liberarci dalla natura ne abbiamo intrapreso la domesticazione, ma questo ha fatto sì che la natura, imprimendo una piega imprevista al movimento che l’ha incatenata, sia ora in grado di potersi liberare di noi. Al contempo, questa stessa mossa di addomesticamento ci ha tuttavia posti nella condizione, mai verificatasi prima, di poter intraprendere la liberazione della natura. La storia naturale oscilla oggi tra queste tre liberazioni: quella nostra dalla natura, quella della natura da noi e quella della natura da parte nostra. Molto probabilmente, ciò non era determinato e inevitabile; forse avremmo potuto imboccare altre strade che avrebbero potuto condurci altrove. Le tesi che seguono, pertanto, non vogliono descrivere un processo storico necessario, quanto piuttosto fornire una teoria adeguata che renda comprensibili gli eventi che storicamente si sono dati”. È con queste parole che Filippi ci porta in cima a un 7000 mt e da lì, indicandoci il panorama fino al neolitico, segna con 18 bandierine le relative tesi di alcuni passaggi della nostra storia evolutiva.
Il destino dell’umano non può immaginarsi separato da quello degli altri animali e se l’umano
vuole rendersi libero deve rendere liberi anche gli altri, a partire dall’altro più distante, l’Altro animale appunto. Quella moltitudine di altri esseri viventi che una decina di millenni fa abbiamo iniziato ad addomesticare e a manipolare in virtù della nostra separazione dal “tutto”. Il bipede che si ritiene diverso e quindi superiore agli altri gestisce, moltiplica, stermina senza limiti, opprimendo l’Altro in quanto tale. Filippi chiarisce, in Natura infranta come in altri suoi scritti, che a sostenere questa condotta c’è quell’ideologia definita specismo che appare come “volta a giustificare – e quindi a mantenere e perpetuare – lo sfruttamento e l’uccisione degli animali essenziali alla stabilità materiale e simbolica della società umana”. È evidente che il controllo della vita, a partire appunto dalla domesticazione animale, si configura come negazione dell’Altro e riduzione dell’Altro ad Altro animale. È una questione che coinvolge quantomeno aspetti economici, politici ed etici. È un punto di partenza interessante che ci arricchisce e ci dischiude importanti orizzonti di pensiero e di azione. Riveste quindi un importante valore anche simbolico che di tutto questo si sia discusso a partire da un distretto di economia solidale e fisicamente svolto in uno spazio liberato come un ex colorificio dove si sta, tra l’altro, sviluppando una riflessione sulla proprietà privata e i beni comuni. I percorsi di liberazione sono interdipendenti e, superando le barriere di specie, soprattutto plurali.
di Marco Verdone
medico veterinario omeopata
Gruppo di lavoro Questione animale DESAT